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A CANNES VINCONO RUMENI, LESBICHE ED ERMAFRODITI

Palma d’Oro al rigoroso ‘4 mesi, 3 settimane e 2 giorni’ di Cristian Mungiu. Miglior sceneggiatura al lesbico ‘Dall’altra parte’ di Fatih Akin. La critica premia l’argentino ‘XXY’ su un ermafrodito.

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CANNES – Vince un piccolo, asciutto, rigoroso dramma rumeno con scena shock di un feto sul pavimento di un bagno: 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni di Cristian Mungiu, ambientato nel 1987 sotto Ceausescu, quando abortire era illegale. Un film molto dialogato, di regia, controllatissimo – tutti piani sequenza, spesso a camera fissa, di 5-10 minuti – che piacerà molto ai cinefili amanti dell’autorialità pura ma rischia di spiazzare il pubblico più tradizionale. In Italia verrà distribuito dalla Lucky Red. Forse non era il migliore – Schnabel si accontenta della migliore regia, Van Sant di un premio speciale – ma sicuramente la Palma d’Oro e il Fipresci aiuteranno non poco la carriera di un regista praticamente sconosciuto. Migliori attori il russo Kostantin Lavronenko (The Banishment) e la coreana Jeon Do-Yeon (Secret Sunshine): premi condivisibili.

Lo script kieslowskiano del saffico Auf der anderen seite (Dall’altra parte) firmato dal turco-tedesco Fatih Akin si aggiudica la Palma per la migliore sceneggiatura e vanta la scena più lesbosexy del concorso: le protagoniste innamorate, una studentessa di lingue e un’esiliata turca, si passano tra i denti una canna e poi si baciano appassionatamente in un discobar.

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Grand prix allo stilizzato La foresta di Mogari della giapponese Naomi Kawase mentre il premio della giuria, ex-aequo con l’impegnativo messicano Stellet licht (Luce silenziosa) di Carlos Reygadas, va al lirico e toccante cartoon francese Persepolis di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud in cui la protagonista iraniana (la stessa Satrapi) racconta di aver vissuto con ben otto gay a Vienna dove si innamorò di un ragazzo, Fernando, che la ringraziò per averle fatto scoprire di essere omosessuale. L’argentino XXY di Lucia Puenzo su un adolescente ermafrodito ha vinto la Settimana della Critica e sarà distribuito il 22 giugno dalla Teodora Film.

Una buona edizione, con un concorso di alto livello ma senza capolavori – l’unica delusione è stata Tarantino mentre l’israeliano Tehilim ci ha lasciato indifferenti – e così tanti film dall’Europa dell’Est da farlo soprannominare U festivalu (anche al Certain Regard ha vinto un rumeno, il postumo California Dreaming di Nemescu).

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Per la prima volta a Cannes i film lesbici hanno battuto quelli gay per qualità e quantità: a noi è piaciuto in particolare il rilevante esordio di Céline Sciamma Naissance des pieuvres (Nascita delle piovre). Con un pudore e una sensibilità encomiabili, la regista affronta in punta di penna i tormenti interiori di tre ragazzine appassionate di nuoto sincronizzato e indecise sulla propria sessualità. Da antologia la scena in cui la biondina decide di perdere la verginità con l’amichetta innamorata di lei perché subito dopo andrà a letto col fidanzatino ignaro del fatto che lei sia illibata. Per la giovane regista «nel cinema francese si inizia a parlare di omosessualità femminile solo adesso anche se per me non è un soggetto ma un tragitto. Nel suo complesso, il mio film si ferma dove comincia la maggior parte delle opere che trattano questo argomento […] Questo prisma dell’omosessualità permette di raccontare per una volta la nascita dell’amore in una maniera differente».
Anche una delle cinque protagoniste della commedia libanese Caramel di Nadine Labaki, la sciampista ventiquattrenne Rima (Joanna Moukarzel), è lesbica. Nel pasticciato film di chiusura, la cupa commedia L’âge des ténèbres di Denys Arcand (Le invasioni barbariche), una collega del protagonista è gay e lui si immagina eccitanti baci saffici tra le splendide donne che sogna ad occhi aperti.

Molto originale il documentario alla Errol Morris Zoo di Robinson Devor, visivamente intrigante ma assolutamente privo di intenti voyeuristici: senza farne un’inchiesta giornalistica né mostrando immagini esplicite, Devor cerca di indagare con immagini flou e agresti sulle pulsioni che spingono un gruppo di maschi reclutati via Internet e attratti dagli animali. Momenti perturbanti: l’uomo che spiega la sua attrazione per il calore dei testicoli dei cavalli e la ragione secondo cui gli animali sono stimolati all’accoppiamento dalla percezione dei feromoni di chi sta loro vicino. Alla Quinzaine è stata proiettata anche la versione integrale del cult gay ‘Cruising’ di William Friedkin con Al Pacino.

Il film più folle? Il delirante Mister Lonely di Harmony Korine con suore volanti nel cielo brasiliano, il Papa puzzolente che va a letto con la regina Elisabetta e il dolce Diego Luna (Y tu mama también) che interpreta il sosia di Michael Jackson ma sembra Renato Zero.
Curioso un inedito Rupert Everett en travesti nei panni di Camilla Fritton, direttrice di una scuola femminile in tracollo finanziario, nella commedia burlesca St Trinian’s di Oliver Parker e Barnaby Thompson (nel cast anche Colin Firth e Caterina Murino).

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Il produttore Kirkland Tibbels ha invece presentato Naked Boys Singing! The Movie di Robert Schrock e Troy Christian che uscirà in autunno negli Usa: «Vi garantisco che non riuscirete a togliere gli occhi dallo schermo neanche per un momento».
Sul côté mondano, molto glamour il party sulla Terrazza Martini della Plage du Gray D’Albion in onore del neodirettore del Torino Film Festival Nanni Moretti: ineffabili Wim Wenders con lungo capello argenteo e un irriconoscibile e femmineo Michael Cimino ringiovanito di vent’anni grazie a prodigi estetici.

di Roberto Schinardi – da Cannes