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Aggredito dal branco rischia anche la galera

Un ragazzo di Verbania racconta a Gay.it l’Odissea che sta subendo per aver reagito al branco: dopo 12 giorni in galera, fra gli abusi degli agenti, adesso rischia di tornarci. “Non ce la faccio più”

I ragazzi di Omegna, piccolo paesino in provincia di Verbania, si ritrovano spesso, d’estate, nei prati che accolgono le feste dei santi. Per uno di loro, F.G., 25 anni, quella di Santa Rita sarebbe stata l’inizio del suo inferno. I fatti risalgono a maggio, ma solo adesso ha deciso di raccontare quel che gli è successo. "Sto vivendo un’Odissea da 4 mesi – dice il giovane a Gay.it dalla casa dei suoi genitori dove si trova agli arresti dimiciliari – E non ce la faccio più a stare zitto".

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«Ero con le mie amiche – è il racconto di F.G. – quando mi sono allontanato per andare a prendere da bere. Un ragazzo che conosco mi ha visto e mi ha sputato in faccia: "Guarda quel gay di merda, amico della puttana", mi ha detto riferendosi ad una delle mie amiche che è anche la sua ex ragazza. La sua ragazza attuale, invece, che era insieme a lui mi ha rovesciato la birra addosso: "Gay di merda, vattene fuori dai coglioni!"». Ma proprio mentre stava andando a casa con la festa rovinata, qualcuno da dietro lo ha colpito alla nuca atterrandolo. «Figlio di puttana!», ha urlato.

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«Un ragazzo che era lì vicino pensava però che mi riferissi a lui perché in passato avevamo già avuto dei diverbi. Mi ha preso violentemente per un braccio. Ma ho reagito colpendolo con un pugno. Dopo di che la lite è degenerata. Sono arrivati altri 6 ad aiutarlo». F.G. era per terra, preso a calci e pugni. «Una scarpa mi schiacciava la gola; altri mi sputavano. Una violenza incredibile». E quando ha avuto un attimo per rialzarsi il gesto è stato impulsivo: «ho morso l’orecchio di uno di loro staccandoglielo». Per quel gesto, F.G. non tornerà più libero.

«Le forze dell’ordine sono venute un giorno sul mio posto di lavoro dicendomi che ero pericoloso e che dovevo andare in carcere». «Gli agenti della polizia penitenziaria a cui sono stato in custodia mi hanno portato in un locale dove hanno controllato il mio bagaglio. Poi mi hanno fatto spogliare davanti a tutti in un corridoio di passaggio e, completamente nudo, mi hanno costretto a fare una serie di flessioni. Dopo avermi fatto rivestire, mi hanno portato in uno stanzino per interrogarmi: hanno iniziato a picchiarmi, provocandomi una tumefazione all’occhio sinistro e sulla stessa parte del volto, così come dimostrano le foto del carcere fino a che è arrivato un loro superiore, richiamato molto probabilmente dalle mie urla. A quel punto mi hanno fatto delle foto e portato in una cella dove mi hanno ammanettato al letto, legato i piedi con delle corde e continuato a picchiarmi, provocandomi altri vistosi ematomi al fianco sinistro. Questo, fino all’arrivo di uno psichiatra e di un dottore, il quale, alla fine, mi ha iniettato, presumo, un sedativo».

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Dodici giorni. Sono quelli che F.G. ha passato in carcere prima che il GIP gli concedesse gli arresti domiciliari a casa dei genitori, dove si trova tuttora. «Aspetto da un momento all’altro che il giudice stabilisca la data della prima udienza». Il rito abbreviato che l’avvocato ha scelto di chiedere gli permetterà di avere uno sconto di pena. Ma nulla di più; alla fine la sentenza sarà di condanna. Per lui, ovviamente, mentre tutti gli aggressori resteranno impuniti. «Perché non ho denunciato? Si vede che sono gay. Ho subìto altre 8 aggressioni prima di questa e ho sporto sempre denuncia che puntalmente è caduta nel vuoto. In più non volevo mettere di mezzo i miei genitori». «Mi dispiace per come ho reagito – conclude F.G. – ma in quel momento, aggredito da 7 persone insieme, pensavo mi ammazzassero». Come pagare la somma ingente che il giudice stabilirà insieme alla pena, ci penserà dopo. Intanto F.G. è recluso, seppure in casa, a riflettere sul reato di cui è accusato e che suona un po’ come una beffa: lesioni gravissime… per futili motivi.

(Le immagini si riferiscono al pestaggio in carcere che F.G. racconta di aver subìto da parte degli agenti penitenziari, ndr)

di Daniele Nardini