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AIDS. CHE FACCIAMO?

Ventidue anni fa i primi casi. Oggi in Italia parte un promettente vaccino. Ma la storia è piena di politici ignoranti. Parlano Fernando Aiuti, Luciano Ragno, Rosaria Iardino dell’Anlaids.

Sono trascorsi ventidue anni da quando cinque giovani americani, maschi e omosessuali, risultarono contemporaneamente colpiti da una malattia sconosciuta che in breve tempo li consegnò alla morte. Da quel lontano giugno 1981, l’aids ha sacrificato il pianeta, e oggi il dramma maggiore si chiama Africa con 25 milioni di persone contagiate. Solo quest’anno, nel mondo, si sono registrati altri 5 milioni di nuovi malati e tre milioni di morti: un’ecatombe che riguarda anche gli Stati baltici, la Cina, la Russia, l’India e perfino l’Inghilterra dopo che la Health protection agency ha denunciato un aumento del 20 per cento in un anno dei casi di Hiv. Conclusa la diffamante campagna sul “morbo dei gay”; spenta la voce per cui, secondo il “Sunday Express” del 26 ottobre 1986, tre studiosi avevano dichiarato che “l’aids, la patologia mortale apparsa nel ’79 e che miete vittime in tutti i continenti, è stata ‘inventata’ in laboratorio”, una speranza è arrivata dall’Italia per voce della biologa Barbara Ensoli che sperimenterà un vaccino basato sulla Tat. Verranno effettuati due protocolli di sperimentazione: uno preventivo, cioè nell’individuo sano, e uno terapeutico, cioè nell’individuo infetto.
«L’elemento principale – dichiara Luciano Ragno, uno dei fondatori di Anlaids – è che l’Italia si è messa in pista. Sull’aids abbiamo avuto freni culturali pesanti. Lo stigma che è stato gettato sulla malattia ha fermato anche le ricerche». La denuncia di Ragno è forte, rivolta a quanti avevano il dovere di destinare fondi, di aiutare la prevenzione piuttosto che far scrivere sui preservativi: “non salva dall’aids” come hanno suggerito le gerarchie cattoliche americane. Davanti a tante porte chiuse dove il problema sembrava essere circoscritto solamente a gay e drogati, le nostre istituzioni si impegnano finalmente a trovare un farmaco, grazie all’Istituto Superiore di Sanità con l’aiuto del Ministero della Salute. «Ricordo – racconta Ragno – che il ministro Cardinale mi dichiarò che l’aids se la prendeva chi se l’andava a cercare». Ora fa ben sperare il ritorno in Italia di grandi ricercatori come la biologa Ensoli. «Certo. Però ci tocca assistere ad un fenomeno tutto italiano, per cui facciamo un farmaco che paghiamo di più rivolgendoci ad una ditta scozzese. Quando nell’85, insieme a Fernando Aiuti e altri due fondammo l’Anlaids, il mondo era schierato a etichettare. Oggi ci troviamo con una nuova cultura tutta italiana», replica con giusta enfasi Luciano Ragno.

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«Siamo ancora nel tunnel – avverte il professor Fernando Aiuti – Ci stiamo rendendo conto che il virus non si arrende e cambia volto; mancano campagne di educazione e prevenzione che in passato avevano dato risultati soddisfacenti. Ma c’è di più: è aumentato il numero dei giovani che si drogano e il drogarsi incide notevolmente nei comportamenti, anche quelli sessuali, perché molti non fanno uso di preservativi». E i dati in nostro possesso non possono che rilanciare le parole di Aiuti.
Nel primo semestre del 2003 sono stati notificati al COA dell’Istituto Superiore di Sanità 848 nuovi casi di aids. Si è passati da 12808 registrati nell’anno 1994 a 18529 nel primo semestre di quest’anno, su tutto il territorio nazionale, con la Lombardia capolista (5236), seguita dal Lazio (2579), Emilia Romagna, Toscana, e via, fino al Molise(19 casi). Tra gli stranieri che risiedono in Italia i contagiati sono stati 255. Gli omo/bisessuali sono passati da 2690 nel ’93 a 8136 nel primo semestre ’03, anche se le cifre superiori riguardano i tossicodipendenti, passati da 11343 casi a 30123. Ma questo non deve consolare nessuno se Anlaids e Istituto Superiore di Sanità avvisano che tra gli omosessuali il picco è nuovamente in salita. Una notizia buona in queste cifre si trova: nessun caso di contagio tra donne lesbiche o bisex. Spesso vi è una certa stanchezza della prevenzione, mentre l’esigenza di prevenire resta urgente oggi come 20 anni addietro.

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«Occorre non abbassare mai la guardia ragazzi, perché l’aids semina morte», è l’informazione basilare che non si stanca mai di dire Rosaria Iardino. Occorre, crediamo, non lasciarsi trascinare da facili entusiasmi sul pregevole lavoro della Ensoli. Come tutti avvertono questa prima fase di sperimentazione riguarderà l’innocuità del prodotto, passeranno davvero tanti anni prima che si possa proclamare la vittoria contro questo demoniaco virus. L’importante, dicono Luciano Ragno e Ferdinando Aiuti, che ci si metta d’impegno, e vedere come il tutto verrà gestito. Mancano i fondi, e per questo l’Anlaids, ha lanciato sabato 29 e domenica 30, una grandissima sottoscrizione, per aiutare a portare avanti gli studi sul vaccino. I fondi raccolti in occasione del 1° dicembre, serviranno a finanziare Borse di Studio per ricercatori, medici, biologi, tecnici e psicologi e con la donazione di apparecchiature scientifiche ai centri di ricerca. La via italiana al vaccino diventa speranza per 42 milioni di persone nel mondo.

di Mario Cirrito