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Alicata: “Le associazioni tornino a difendere le persone”

Cristiana Alicata, militante del Partito Democratico, parla del Gay Pride di Roma e della gestione dell’ennesimo caso di omofobia da parte delle associazioni gay romane.

Cosa sta succedendo nella gestione del Gay Pride di Roma?

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Il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli ha deciso di non partecipare all’organizzazione dell’evento e un Gay Pride a Roma senza la partecipazione del Mieli non è un Gay Pride. La piattaforma politica è condivisibile per questo mi piacerebbe che i leader si mettessero a tavolino, davanti a una birra, e trovassero un punto di incontro.

Qual è il problema?
I leader delle associazioni devono tornare a fare i leader, i rappresentanti dei loro iscritti. La maggioranza dei partecipanti del Gay Pride viene alla manifestazione senza nemmeno sapere chi la organizza né avendo letto e condiviso la piattaforma politica. Per questo non ci si può perdere in litigi da cortile. Il Pride deve tornare ad essere di tutti.

Un altro problema che crea divisione è la location della festa finale
Il Gay Pride è un momento politico, non una festa con la quale fare business. Anzi, lancio una proposta: in tempi di crisi economica, evitiamo di fare un Gay Pride sfarzoso. Mettiamo da parte i carri e partecipamo noi, tutti, colorati o come si vuole, ma a piedi.

A proposito di leader, la gestione dei singoli episodi di omofobia non mi pare efficace

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Resto basita dal fatto che le uniche richieste che i leader di certe associazioni sono capaci di fare siano i finanziamenti pubblici. Se sei presidente di Arcigay Roma non puoi batterti solo per il rifinanziamento della Gay Help Line, uno strumento utilissimo ma che arriva da ultimo, quando la violenza è già compiuta. Servono strumenti che vengono prima, come i corsi nelle scuole, le campagne contro l’omofobia eccetera. Ci dovrebbe essere un dibattito più crudo tra associazioni e istituzioni altrimenti c’è il rischio di perdere credibilità davanti alle persone lgbt.

Le associazioni sono ancora credibili come interlocutrici delle istituzioni?
Hanno perso rappresentatività e credo che i loro presidenti lo stiano capendo. Asupico che ognuno ritorni al suo ruolo. Da cittadina, non mi fido della capacità di trattativa delle associazioni che hanno anche interessi economici con le istituzioni.

C’è quindi un conflitto di interessi tra alcuni esponenti del mondo gay
Oggi chi milita in un partito è molto più autonomo nel portare avati le istanze del mondo gay, perché non porta a casa un finanziamento per una sua attività. Chiediamo disegni di legge, campagne pubbliche eccetera; questo lo stai facendo per una comunità e non per chiedere soldi a qualcuno. I leader, non tutti, devono tornare a difendere le persone che rappresentano più che loro stessi e la loro esistenza. Mi sembra una degenerazione generale delle organizzazioni umane.

di Daniele Nardini