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AMNESTY: SE GAY SIGNIFICA RISCHIO

La celebre associazione, che da anni si batte per i diritti umani, denuncia col rapporto Stonwolled gli abusi contro gay, lebiche e transgender. Migliaia i casi di maltrattamento e stupro.

Sono passati trentasette anni dalla rivolta di Stonewall. Il ricordo di quella notte del 28 giugno del 1969, quando all’ennesima irruzione della polizia nello Stonewall Inn, un popolare bar gay nel West Village a New York, i clienti risposero con la ribellione, è probabilmente un po’ sbiadito nei dettagli e nella dinamica ma non nel significato: la rivolta del Greenwich Village rappresentò un atto di difesa contro gli abusi e la repressione, nonché un fatto storico che segna l’avvio dei movimenti finalizzati al rispetto dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT). Non diritti speciali, certo, ma diritti umani, quelli che dovrebbero essere goduti da tutti gli individui indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere: la privacy, l’incolumità, la libertà d’espressione e di associazione, l’autorealizzazione anche dal punto di vista sessuale.
Significativi progressi sono stati compiuti dal movimento LGBT negli Stati Uniti da quella notte di giugno, anche nei confronti degli abusi perpetrati dall’autorità giudiziaria. Il movimento LGBT è cresciuto in forza in tutto il paese e la comunità è diventata più capace di rendere i dipartimenti di polizia locale responsabili per il loro trattamento nei confronti degli omosessuali, anche grazie alla contestuale approvazione di una legislazione anti-discriminatoria a livello locale in alcune giurisdizioni ed alle attività di training indirizzate alle forze di polizia sulla sensibilità specifica nel lavoro con la comunità LGBT.
Eppure tali risultati non sono bastati per cancellare la macchia del comportamento illecito da parte delle forze dell’ordine. Il rapporto Stonewalled: Police abuse and misconduct against lesbian, gay, bisexual and transgender people in the U.S., recentemente presentato da Amnesty International, documenta modelli di comportamento illecito e brutalità della polizia che hanno come oggetto persone LGBT, comprendenti abusi che arrivano alla tortura e maltrattamento.
Da tale rapporto emerge chiaramente che negli Stati Uniti le persone LGBT continuano ad essere oggetto di abusi dei diritti umani da parte della polizia sulla base del loro reale o percepito orientamento sessuale o identità di genere. Inoltre, il rapporto mostra che all’interno della comunità, le persone transgender, persone di colore, giovani, immigrati e senza tetto, e persone che esercitano la prostituzione corrono un rischio maggiore di abuso e comportamento illecito da parte della polizia. I rapporti consegnati ad AI indicano che gli individui di questi gruppi all’interno della comunità LGBT diventano bersagli sulla base dell’identità e hanno più probabilità di sperimentare interazioni negative con la polizia. Le persone transgender, in particolare quelle transgender di colore a basso reddito, sperimentano alcuni dei più famigerati casi di brutalità della polizia riportati ad Amnesty International. La razza gioca un importante ruolo nel determinare le probabilità per una persona LGBT di essere oggetto di abuso da parte della polizia, indicando che tali abusi derivano dal razzismo allo stesso modo che dall’omofobia e transfobia. Amnesty International ha, inoltre, evidenziato un accanimento degli abusi compiuti dalla polizia contro i giovani gay.
La ricerca Stonwalled si concentra su quattro città americane tra loro molto eterogenee
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La ricerca Stonwalled si concentra su quattro città americane tra loro molto eterogenee, culturalmente e geograficamente: Chicago (Illinois), Los Angeles (California), New York (New York), e San Antonio (Texas). Tutte hanno una storia ben documentata di brutalità e di comportamenti scorretti da parte della polizia, ed ognuna di esse ha intrapreso almeno qualche passo per affrontare tali violazioni dei diritti umani: esse offrono dunque uno spaccato dei progressi compiuti e delle sfide ancora da affrontare.
A tal fine il coordinamento LGBT della Sezione italiana di Amnesty International si è attivato per portare l’opinione pubblica a conoscenza della situazione dei gay negli Stati Uniti e, grazie al sostegno di tutti, generare pressioni sulle autorità affinché possano introdurre significativi miglioramenti (sul sito www.amnesty.it è possibile firmare gli appelli) e debellare le violenze e gli abusi contro le persone LGBT, come quelle occorse a Kelly Mac Allister, una donna transgender trascinata arbitrariamente nella prigione di Sacramento, maltrattata e stuprata.
Ma abusi e violazioni dei diritti delle persone LGBT non cessano oltre le soglie delle stazioni di polizia statunitensi, ancora nel mondo vi sono settanta paesi che considerano l’omosessualità come reato, applicando punizioni che possono essere definite senza dubbio come trattamenti crudeli, inumani e degradanti, addirittura almeno quattro di questi (il dato è calcolato in difetto per l’ambigua interpretazione dei relativi codici penali), Sudan, Iran, Mauritania, Arabia Saudita, comminano la pena estrema.
Ecco perché è importante che gli attivisti di Amnesty International ed i simpatizzanti continuino a raccontare le storie di Mario Medina, ragazzo omosessuale assassinato dopo esser stato trascinato in carcere e torturato, o dei nove ragazzi arrestati in Cameroon per aver praticato l’omosessualità, reato punito dal codice penale di tale Paese, e chiedere la fine di tali violenze ed abusi e la cessazione dell’impunità.
Ecco perché, anche quest’anno, Amnesty International sfilerà in occasione del Pride nazionale di Torino per chiedere a gran voce che lesbiche, gay, bisessuali e transgender siano, come ciascun individuo, “liberi e libere di essere”.
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