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ANCHE LE BANCHE PAGANO

Sette istituti condannati a risarcire gli azionisti della Sci. Poca cosa? Anzi. Una sentenza epocale che può apride nuovi scenari anche nelle vicende Cirio e Parmalat.

In una settimana sostanzialmente avara di importanti notizie sul fronte macro, a tenere vivo l’interesse degli ambienti finanziari è la vicenda delle perquisizioni delle società di calcio.
Circa 53 società calcistiche di serie A e B e gli uffici della Lega e della Federcalcio, sono stati perquisiti da più di 200 agenti della Guardia di Finanza alla ricerca di falsi nei bilanci e nei contratti, ed in generale di illeciti finanziari.
Per il nostro sistema calcio, gia evidentemente malato, un colpo che potrebbe affossare molti club, ma che indubbiamente dovrebbe riportare una situazione alquanto degenerata ad un livello di legalità auspicato da tutti.

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LA LENTE DI INGRANDIMENTO
Il Tribunale di Milano, con una sentenza storica (la prima per insider trading), ha condannato sette istituti di credito quali Cariplo (Banca Intesa), Banca di Roma (Capitalia), CrTorino e Unicredito (Unicredit), Banca Carige, San Paolo Imi e Centrobanca, a risarcire 15 ex azionisti della società genovese Sci (fallita nel 1998), per il danno arrecato al loro investimento.
Al di là di qualsiasi cifra del risarcimento (che comunque è inferiore alla richiesta), tale provvedimento assume un significato che travalica i confini strettamente patrimoniali, e si pone come esempio per future simili cause (ed alla luce dei recenti default Cirio e Parmalat non è cosa da poco).
Ricordiamo che il crack della Sci (attiva nel settore delle costruzioni) risale alla metà degli anni novanta.
In un primo momento sembrava che il pool di banche costituitosi nel frattempo stesse lavorando per risanare effettivamente la società, e proprio la notizia di una concreto piano di rilancio spinse molti investitori ad acquistare titoli Sci, facendone lievitare il prezzo in Borsa.
Ma il piano di rilancio in realtà saltò, e senza darne comunicazione agli organi di informazione le banche del consorzio colsero l’occasione per vendere le loro partecipazioni, salvando dal crack circa 37 milioni di euro.
Gli ignari risparmiatori ne furono ovviamente beffati e danneggiati, visto che poi nel 1998 la società fallì.
In particolare, i 15 investitori beneficiari della sentenza, comprarono in quello stesso periodo perché “il mercato ignorava la dismissione delle partecipazioni da parte delle banche”.
Sul piano penale, gli stessi istituti di credito sono stati assolti dal reato di insider trading, ma il Tribunale milanese ha riconosciuto la “insensibilità delle banche alle regole della trasparenza e correttezza: i fatti dimostrano che c’è stata non solo una condotta di insider trading, ma anche, a causa delle omissioni informative, un effetto di turbativa sull’andamento del titolo in Borsa”.
Da qui la motivazione per il risarcimento del danno.
Un precedente importante per la tutela del risparmio e per la correttezza delle informazioni finanziarie.

di Sirio Belli