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Aurelio Mancuso: quelle di Charamsa parole appropriate e calibrate

Il commento dell’ex presidente di Arcigay specie sulla questione della “lobby gay”

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Monsignor Krzystof Charamsa fornisce, a chi naturalmente è interessato al dibattito interno alla chiesa, e chi come me è gay cattolico, molti spunti di interesse e di riflessione. Per esempio il teologo monsignore insiste nel definirsi “prete”, ovvero non intende implicitamente ubbidire al provvedimento assunto dal suo vescovo di Pelplin, che implica di non poter celebrare la messa, amministrare i sacramenti, indossare le vesti da consacrato. Questo atteggiamento potrebbe significare, che dopo il comprensibile clamore planetario, il teologo polacco si appresti a entrare nel merito della polemica dottrinale sull’atteggiamento della chiesa cattolica nei confronti dell’omosessualità.

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Charamsa, bisogna ricordarlo, era uno degli alti prelati più stimati in forza alla Congregazione della Dottrina della Fede, appartenente a quell’entourage conservatore della gerarchia che da decenni governa la Curia romana. Un “interno”, quindi, che conosce assai profondamente ciò che si muove nei sacri palazzi. Per questo la sua valutazione sull’inesistenza della lobby gay è importante, perché avvalora quello che in molti da tempo andiamo dicendo: si tratta di una bufala per confondere l’opinione pubblica, per buttare la croce delle lotte intestine plurisecolari tra cardinali, sulle spalle di una collettività lgbt, per nulla interessata a questi giochi di potere. Il ragionamento che colpisce di più è quello per cui l’omofobia interiorizzata porti molti prelati a odiare altri omosessuali, magari sottoposti.

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Sul Sinodo e sull’ignoranza dei consacrati, soprattutto quelli che comandano nei dicasteri vaticani, rispetto al reale vissuto delle persone omosessuali, delle determinazioni scientifiche, di ciò che avviene nel popolo di Dio, Charamsa utilizza parole molto appropriate, ben calibrate. Si percepisce una volontà, che se coltivata con pazienza, sarebbe assai utile ai milioni di gay cattolici del mondo ad andare oltre alle rivendicazioni, per concentrarsi meglio e con più strumenti, sul confronto teologico ed esegetico.

Vi sono stati molti studiosi cattolici che negli scorsi decenni hanno confutato le tesi della gerarchia sull’omosessualità, ma è un fenomeno che è stato abbattuto dalla scure censoria, ma ha perso anche forza perché molti gay e lesbiche hanno abbandonato (come non comprenderli?) la chiesa cattolica. Se Charamsa saprà andare oltre l’attuale fase di testimonianza rispetto al suo coming out e della sua storia d’amore, per impegnare la sua preparazione dottrinale al servizio delle persone omosessuali credenti, allora con lui la gerarchia dovrà davvero fare i conti. Questa masnada di gerontocrati hanno paura non degli scandali, di cui è costellata la solida storia della chiesa cattolica, ma dei germogli che possono ancora nascere in un campo che sperano sia stato desertificato dai loro divieti e pregiudizi.