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Avvenire, ancora polemiche: Scalfarotto scrive al direttore

“Paragonare un amore ad un omicidio è grave per chi lo scrive e per chi lo pubblica”. Così il vicepresidente del Pd al quotidiano dei vescovi commentando la lettera di un lettore. Tarquinio risponde.

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"Mettere sullo stesso piano un rapporto d’amore e un omicidio dovrebbe far specie per primo a chi lo fa e al giornale che tale opinione pubblica senza spendere una riga per stigmatizzare un così vergognoso parallelo. Non potrebbe accadere in nessun giornale rispettabile di nessuna grande democrazia. L’omofobia si ciba di queste cose e chi se ne rende responsabile dovrebbe almeno rendersene conto". Questi sono i motivi che hanno spinto Ivan Scalfarotto, Vicepresidente del Partito Democratico, a inviare una lettera direttamente al direttore di Avvenire, protagonista in questi giorni di un’aspra polemica scaturita dalle nozze a Francoforte di Anna Paola Concia con la sua compagna Ricarda Trautman. Nella lettera che il quotidiano dei vescovi pubblica oggi, il vicepresidente del Pd scrive : "ho notato con sgomento che, in una delle lettere da lei pubblicate, un suo lettore ha addirittura equiparato il matrimonio civile tra omosessuali alla pena di morte: per il primo come per la seconda, a giudizio del suo lettore, se altri paesi ne sono provvisti non è detto che lo stesso debba accadere per l’Italia".

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Secondo il dirigente del Pd il ragionamento del lettore di Avvenire è debole: "perchè – spiega – i paesi che hanno approvato leggi per riconoscere le unioni gay sono proprio quelli che, in generale, non fanno ricorso alla pena di morte, al contrario: gli stati più civili hanno approvato leggi sul matrimonio gay". Prima di concludere, Scalfarotto ricorda come: "L’Italia è invece nell’ottima compagnia delle peggiori dittature incluse quelle dove l’omosessualità è un crimine punibile, appunto, con la morte. Diciamo che in tema di coppie gay l’Olanda, la Svezia, la Germania e il Portogallo stanno da una parte; l’Iran, la Bielorussia, l’Uganda e la Corea del Nord da un’altra: mi dica lei in che gruppo si pone l’Italia".
Naturalmente, l’Avvenire pubblica anche la risposta del suo direttore Marco Tarquinio.

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"E’ concreta la tentazione di mettere il bavaglio e di impedire argomentazioni – amputandole, deformandole addirittura brutalizzandole e magari denunciandole – da parte di chi non si adegua a certo ‘politicamente corretto’ in tema di matrimonio o di adozione o del presunto diritto a una genitorialità artificiale di persone omosessuali – scrive il direttore -. C’e’ in ballo, nella ritornante vicenda della legge sull’omofobia, anche la civile libertà d’opinione. E noi non cesseremo di ricordarlo a tutti, chiedendo a chi siede in Parlamento di riflettere e di vigilare perché non si arrivi mai a liberticidi errori normativi". "’A proposito di opinioni, – continua Tarquinio rivolgendosi a Scalfarotto – c’é un punto che mi sembra particolarmente importante e che la sua lettera, signor vicepresidente del Pd, finisce per far emergere con eloquenza. E cioè il rischio gravissimo che si corre con l’operazione tesa ad affermare una specifica aggravante omofobica". "Ne ho già scritto a suo tempo, dopo il riconoscimento di incostituzionalità di quel progetto normativo da parte della Camera, ricordando che in Italia ci sono leggi sufficienti per punire adeguatamente ogni reale discriminazione e le violenze di tutti i tipi (fisiche e verbali)" conclude Tarquinio omettendo le violenze specifiche riconosciute dalla legge Mancino che non includono quella contro gli omosessuali e le persone transgender.