BABAJI: AMNESTY SI BATTERÀ - amnesty gay africa - Gay.it Archivio

BABAJI: AMNESTY SI BATTERÀ

“La nostra organizzazione è contro la pena di morte, sempre. Quando sarà il momento, lanceremo un appello anche per il nigeriano accusato di sodomia”. Parla il Direttore Ufficio Comunicazione.

Siamo lieti di ospitare su Gay.it un intervento del Direttore Ufficio Comunicazione di Amnesty International Sezione Italia, in merito alla vicenda di Jabrin Babaji, l’uomo nigeriano condannato a morte per lapidazione per l’accusa di sodomia. Cogliamo l’occasione per precisare che nell’articolo pubblicato ieri sulla vicenda, si riportava l’atteggiamento di Amnesty esattamente come ci era stato comunicato, e non è mai stata intenzione di questo sito lasciar intendere che l’organizzazione umanitaria che tanto ha fatto anche per i diritti dei gay e delle lesbiche, sia in qualche modo latitante su questo caso.

Gentile Direttore,
con riferimento all’articolo intitolato “Condannato alla lapidazione” pubblicato sulle pagine del sito Internet da Lei diretto, ieri 29 settembre, intendiamo precisare quanto segue.
Siamo molto spiacenti che si possa aver avuto l’impressione che Amnesty International non si occupera’ del caso di Jibrin Babaji. Non appena il Segretariato Internazionale di Amnesty International decidera’ che e’ il momento opportuno per lanciare un appello in suo favore, questo sara’ fatto senza alcuna riserva.
E’ doveroso ricordare che Amnesty International lotta contro la pena di morte da oltre 40 anni, a prescindere dal reato (o dal presunto reato, o dal comportamento sanzionato come reato) su cui si e’ basata la condanna a morte. Quindi lo farà anche nel caso di Jibrin Babaji. E siamo molto lieti di apprendere in queste ore che in tanti si impegneranno a sostenere insieme a noi anche questo caso.
Chiunque abbia avuto modo di leggere con attenzione il comunicato stampa emesso il giorno in cui e’ stata assolta Amina Lawal, la donna nigeriana che era stata condannata alla lapidazione per aver avuto un figlio al di fuori del matrimonio, avra’ notato come le preoccupazioni di Amnesty International per l’uso discriminatorio della legislazione in Nigeria non sia affatto cessato.
La pena di morte è l’estrema violazione del diritto alla vita e costituisce una punizione crudele, inumana e degradante, sempre e comunque. Amnesty International chiede al governo e alla società civile della Nigeria di cogliere questa occasione dell’annullamento della condanna a morte di Amina Lawal e affrontare un problema che è causa di danni e sofferenza inutili per molti cittadini nigeriani.
L’organizzazione a tutela dei diritti umani chiede al governo federale nigeriano di abolire la pena di morte ed emendare le parti della legislazione – federale e locale, compresa quella della sharia – che prevedono la pena di morte e le punizioni crudeli, inumane e degradanti. Punizioni quali la lapidazione, la fustigazione e l’amputazione, previste nella nuova legislazione, sono considerate trattamenti crudeli, inumani e degradanti dal diritto internazionale sui diritti umani. Esse sono in totale contrasto con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ratificata dalla Nigeria nel giugno 2001.
Quanto alla campagna per Amina Lawal, ringraziamo sentitamente quanti – oltre 500.000 solo in Italia – hanno sottoscritto l’appello online di Amnesty International in suo favore, ma mezza Europa e il resto del mondo non sono stati mobilitati da Amnesty International. Com’è noto, è il caso in sé ad aver assunto una esposizione mediatica, grazie all’intervento, fra gli altri, di sindaci, politici, premi Nobel, organizzazioni varie ecc. Amnesty International ha seguito questo caso, come altri, senza perdere di vista le altre vicende di pena di morte meno note e, probabilmente, giudicate meno appetibili dal punto di vista della comunicazione.
Ci auguriamo quindi che il rincrescimento di alcuni in queste ore per la presunta indifferenza di Amnesty International riguardo al caso di Jibrin Babaji, che può sembrare in realtà una presunzione di colpevolezza nei confronti dell’organizzazione, possa rientrare. E auspichiamo sinceramente che si tramuti in ampia solidarietà e mobilitazione per continuare a sostenere la difesa dei diritti umani anche insieme ad Amnesty International impegnata, come sempre, in maniera permanente contro la pena di morte e nella tutela dei diritti umani, dei fondamentali diritti di tutti, ovunque nel mondo.
Cordiali saluti
Riccardo Noury
Direttore Ufficio Comunicazione
Amnesty International Sezione Italiana

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