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BILANCIO DI UN TRIONFO

Il grande risultato del Gay Pride: omosessuali e eterosessuali, trans e transgender, giovani e meno giovani, si sono ritrovati insieme a gridare gli stessi slogan, a sventolare le stesse bandiere, a camminare insieme per le strade e a mostrare il proprio orgoglio per essere lì, per avercela fatta.

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E’ stato un trionfo, una emozione infinita. Un fiume di persone ha letteralmente invaso il tanto discusso percorso della manifestazione, rivendicando i propri diritti, la propria libertà. Come ormai non succedeva da anni, gay, lesbiche, trans, transgender e tanti etero liberi si sono ritrovati a gridare gli stessi slogan, a sventolare le stesse bandiere, a camminare insieme per le strade e a mostrare il proprio orgoglio per essere lì, per avercela fatta. Tutti uniti da una unica speranza: che la scia di quell’arcobaleno che da Piramide al Colosseo ha attraversato il mondo intero, ci proietti veramente in un mondo in cui i sogni si possano realizzare.

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Che sarebbe stata una manifestazione imponente lo si è capito da subito. Già dalle 13.00 nel piazzale antistante la stazione di Roma Ostiense erano in tanti, ad essersi dati appuntamento sotto il sole spietato di un pomeriggio rovente. Alcuni semplicemente in attesa della grande parata, altri in cerca della postazione migliore per non perdersi nulla, altri ancora in cerca delle ultime cose per scrivere striscioni, per legare i palloncini, per trasformare il proprio camioncino preso a noleggio e renderlo presentabile con manifesti e colori. Lungo la strada che costeggia le Mura Ardeatine pronto a partire sostava il lungo serpentone dei carri delle associazioni, delle discoteche, dei gruppi autonomi, di quanti in previsione della lunga e faticosa marcia hanno preferito sistemarsi su comodi e vistosi automezzi.

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Tante le scritte su magliette e cartelli, tanta coreografia e scenografia, ma soprattutto tanta musica e ironia. L’apertura del corteo con i macissimi centauri leather e il passaggio del pulmino dell’Euroflag – associazione europea dei genitori,parenti e amici di gay e lesbiche – sono stati i momenti più emozionanti. Il carro più spettacolare, quello con la piscina di schiuma . Il più “camp” quello delle “Cagne Sciolte”. Il più ironico quello del Mit con le trans storiche in una scenografia stile Piedigrotta anni 50.

Voglia di ballare, di conoscersi e continuare per tutta la notte a provare a restare insieme senza barriere di appartenenze ideologiche. Gay, etero, trans, cattolici, laici, orsi, leather… tutti tra il Pride Park e il Circo Massimo fino a notte fonda con la Band dixieland dei Radicali, con la tecno underground del carro di Forte Prenestino ( il mitico centro sociale romano), con la disco seventy dei Verdi.
Solo dopo la mezzanotte molti si sono diretti verso Tor di Valle, non tanto per il concerto degli artisti stranieri, boicottato dalla maggior parte per il prezzo del biglietto troppo esoso, quanto per la festa Muccassasina a sole ventimilalire. All’alba molti hanno preferito avviarsi al Settimo Cielo, la spiaggia nudista di Capocotta , evitando il traffico estenuante della domenica mattina e anticipandosi su tutti gli altri che come di consueto invadono ogni fine settimana la spiaggia più gay di Roma. Delusi quanti si aspettavano l’ice cream party previsto nel programma ufficiale. Neanche una coppetta da mille lire in regalo.

Non ha alcuna importanza se eravamo settantamila o duecentomila, o cinquecentomila, quello che conta è che per la comunità gay, lesbica, trans, transgender d’Italia quella di Sabato è stata una giornata epocale da cui non c’è ritorno. Difficilmente ognuno di noi potrà dimenticare la gioia, la serenità , la fierezza sui nostri volti, quel senso di comunità che rafforza e fortifica le nostre scelte di coraggiosa – e non ostentata come qualcuno sostiene – visibilità. La festa è finita e malgrado l’irritante Angelus domenicale dell’uomo alla finestra, l’onda lunga delle rivendicazioni politiche del movimento GLBT italiano sta per abbattersi sul nostro paese. Sta a noi non fermarla.

di Rocco Messere