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Cannes: vince l’Amour, anche lesbico

Palma d’Oro all’eccelso ‘Amour’ di Haneke, attrici e sceneggiatura al dramma lesbo rumeno ‘Oltre le colline’ di Cristian Mungiu. La Queer Palm va all’originale ‘Laurence Anyways’ di Xavier Dolan.

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Non poteva che essere l’eccelso e durissimo Amour del sublime cineasta austriaco Michael Haneke la Palma d’Oro "morettiana", a soli tre anni dalla precedente per Il nastro bianco. Anche perché rappresenta una sorta di Habemus pacem (anziché papam) per qualche critica sull’eccessiva violenza del cult Funny Games mossa da Nanni che proprio una decina d’anni fa gli soffiò il massimo premio col dolente La stanza del figlio che s’impose sul favorito La pianista. Standing ovation per i magnifici protagonisti Emmanuelle Riva e Jean Louis Trintignant (ben 166 anni in due!) con quest’ultimo che definisce Haneke "il miglior regista vivente".

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Ma le vere sorprese del Palmarès sono il Grand Prix all’unico italiano in competizione, Reality di Garrone, su cui sicuramente ha pesato il giudizio del Presidente di Giuria ("Non l’ho votato solo io" si è difeso in conferenza stampa) e il doppio – anzi, triplo! – riconoscimento al notevole dramma lesbo del rumeno Cristian Mungiu Oltre le colline che si aggiudica la migliore sceneggiatura e il premio d’interpretazione femminile assegnato ex-aequo alle due protagoniste (in foto), le tostissime e delicate insieme Cristina Flutur e Cosmina Stratan, deliziose nella loro spontanea freschezza mentre sul palco, un po’ impacciate, si scusano "perché sono appena scese dall’aereo". Davvero la più bella coppia del Festival, il cui amore totalizzante non ha fatto scandalo perché omosex ma, al contrario, si è distinto per purezza e coerenza nell’opprimente convento in cui è ambientato il film.

Miglior attore l’ottimo Mads Mikkelsen per il valido La caccia di un ritrovato Thomas Vinterberg su un presunto abuso a una bambina che distrugge la vita a un insegnante d’asilo. La regia va invece al visionario messicano Post tenebras lux di Carlos Reygadas e il Prix du Jury alla commedia sulla disoccupazione The Angels Share di Ken Loach.

Queer Palm d’ordinanza a Laurence Anyways del canadese Xavier Dolan, effettivamente il film glbt – più che altro va oltre i generi, reinventando proprio il senso stesso di "gender" – maggiormente originale e stiloso del festival, segnalato anche tra i riconoscimenti del Certain Regard per l’interpretazione di Suzanne Clément.

La giuria presieduta da Julie Gayet ha anche premiato il cortometraggio Ce n’est pas un film de cowboy di Benjamin Parent presentato alla Semaine de la Critique.

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Come ormai succede da qualche anno nei grandi festival generalisti, i titoli a tematica glbt scarseggiavano anche se lungo il percorso sono spuntati alcuni personaggi gay in film di rilievo, quali il cronista omosessuale con derive sadomaso e incapace di accettarsi interpretato da Matthew McConaughey nel dramma sudista Paperboy del premio Oscar Lee Daniels (che alla festa queer dell’American Pavillion si scatenava baldanzoso in tuta e ciabatte), un progetto a lungo accarezzato da Pedro Almodóvar, il quale aveva redatto la sceneggiatura poi totalmente riscritta da Daniels. Oppure l’abbellito Allen Ginsberg incarnato dal belloccio Tom Sturridge nella riduzione cinematografica del capolavoro di Jack Kerouac On The Road di Walter Salles in cui il pilastro beat gay viene ribattezzato Carlo Marx per esigenze romanzesche.

Al Marché du Film è anche passato Yossi di Eytan Fox, seguito quasi dieci anni dopo del cult Yossi & Jagger, incentrato sul sopravvissuto membro di una delle coppie più memorabili della storia del cinema queer. Ohad Knoller riprende il ruolo di Yossi e lo ritroviamo a Tel Aviv intristito dottore workaholic, la cui routine viene turbata dall’apparizione di una donna di mezz’età che emerge dal suo passato e lo porterà ad allontanarsi da Tel Aviv. Dirigendosi verso il sud di Israele, Yossi incontrerà un giovane soldato, interpretato da Oz Zehavi, in grado di destarlo dal torpore emotivo.