"Se gli uomini sono ossessionati dal sesso e sgranano gli occhi non appena vedono una bella ragazza la colpa non è degli stereotipi culturali o di valori sballati di testosterone ma della conformazione del cervello maschile". La scoperta è stata pubblicata sulla rivista New Scientist e ripresa dal tabloid britannico Daily Mail e, per il sito del Corriere della Sera, dalla simpatica Monica Ricci Sargentini, che non ha considerato che i gay, uomini anch’essi, sgranano gli occhi in situazioni differenti.
Un’abitudine – quella di dimenticarsi di noi nelle statistiche – piuttosto diffusa in un Paese dove anche le domande intime in tv non differiscono dall’atteggiamento tipico dei genitori prima di un coming out: ossia non prendono mai in considerazione l’ipotesi che il pargoletto (o il concorrente) possa venire su con inclinazioni diverse da quelle di papà (o del conduttore). Ammesso poi che i papà (e i conduttori) siano tutti etero.
Fa niente. Ciò che conta nel pezzo è la scoperta di una differente struttura cerebrale rispetto alle donne, "più concentrate sul processo decisionale (di qui il maggior pragmatismo) e sulle emozioni. Mentre il cervello maschile punta sul sesso". Una notizia che non ci sorprende più di tanto, considerato pure il dislivello (tra uomini e donne) di scandali sessuali riguardanti personaggi dello spettacolo, dello sport, della finanza o alte cariche dello Stato o della Chiesa. Dislivello aiutato dal fatto che la Chiesa è del tutto sprovvista di cardinalesse e la Repubblica in sessantadue anni non ha avuto che due Presidenti della Camera donne: Nilde Iotti e Irene Pivetti. A prova di intercettazioni.
Adesso che noi maschietti abbiamo finalmente una conferma scientifica del famigerato "L’uomo è cacciatore", pure l’ambiente gay (maschile) potrà replicare ai biasimi moraleggianti di chi lo accusa da sempre di eccessivo interesse per il sesso. I leoni inseguono la preda e le giraffe allungano il collo, dunque inutile puntare il dito: siamo fatti così.
Siamo proprio fatti così. La scoperta del corpo umano che, per quanto riguarda le zone basse, ognuno ha dovuto fare da solo (diciamo pure fenomenologicamente), è questione di grande importanza ma il pudore pare avere ancora il sopravvento. Invece il sesso è naturale, istintivo, e l’attività dei gay non differisce da quella degli etero. Siamo maschietti e desideriamo cose molto simili, magari un po’ effimere, ma non è colpa nostra. È la natura.
Il cervello possiede però anche una componente razionale che deve saper frenare al momento opportuno, stabilendo i limiti oltre i quali è bene non spingersi. Altrimenti sarebbe l’anarchia, o peggio, una continua sopraffazione, un po’ tipo l’Italia di oggi.
Inviterei perciò tutti i lettori a trascorrere un agosto spensierato e dedito al sesso nella misura in cui lo vorranno e con chi preferiranno, ribadendo però un aspetto importante del quale questo nostro cervello sporcaccione non può non tener conto: la cautela. Sesso sì, ma con attenzione. Perdonatemi se mi ripeto, ma dopo aver letto sul forum i commenti al pezzo del dr. Allegrini in risposta a un giovane preoccupato, mi sono preoccupato anche io.
Ho come l’impressione che per quanto riguardi la conoscenza di certe malattie e di certi meccanismi alcune persone siano rimaste a prima della legge Merlin. Senza stare a ripetere quali sono i rischi che si corrono, mi limito a un avvertimento: non fidatevi dell’aspetto della persona con cui fate sesso. Le malattie non riguardano i grassi più dei magri o i brutti più dei belli. E, ugualmente, non pensate di cavarvela chiedendo al partner occasionale (magari dopo aver fatto di tutto): "Ma tu sei sano?". Le parole non bastano. Bisogna usare il cervello.
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista "dall’interno", e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.Per scrivere a Flavio Mazzini clicca qui
di Flavio Mazzini