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Chiesa e AIDS: profilattico si o profilattico no?

L’apertura del Cardinale Martini sul preservativo incontra le resistenze della gerarchia ecclesiastica. Il Papa incarica un gruppo di “esperti” di redigere un documento sul tema.

CITTA’ DEL VATICANO – A fronte della pandemia di AIDS in Africa il Cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, è arrivato nei giorni scorsi a dire che l’uso del profilattico può essere considerato “il male minore”, ma certo non tutti in ambito ecclesiastico sono d’accordo. Durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II l’argomento era, semplicemente, tabù e così sono passati gli anni di diffusione più intensa del virus HIV. In Africa siamo ormai alla pandemia ma in Vaticano all’emergenza sanitaria si contrappone un pacato dibattito teologico, tutto incentrato sul quanto sia lecito o meno per un sieropositivo utilizzare il profilattico non tanto per fini di contraccezione quanto piuttosto per proteggere, ad esempio, la vita della moglie. Per il cardinale Martini il ricorso al condom in talune e ben specifiche circostanze, come appunto le pandemie africane, non può essere che “un male minore” e “lo sposo affetto dall’AIDS è obbligato a proteggere l’altro partner e questi pure deve potersi proteggere”. Quasi a prevenire le possibili reazioni di altri esponenti del clero è lo stesso Martini a chiedersi “se convenga che siano le autorità religiose a propagandare un tale mezzo di difesa, quasi ritenendo che gli altri mezzi moralmente sostenibili, compresa l’astinenza, vengano messi in secondo piano.”
La riflessione di Martini è indubbiamente avanzata ed è una posizione che in molti non mancheranno di avversare. Il Cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha in più occasioni sostenuto che il virus HIV, essendo molto piccolo, potrebbe avere la capacità di “filtrare” attraverso la barriera costituita dal lattice di cui sono fatti i preservativi. Trujillo tende a ridimensionare la capacità di protezione contro l’AIDS offerta dal preservativo propriamente usato, per sottolineare invece quella che è la soluzione proposta dalla Chiesa: astinenza assoluta prima del matrimonio e la fedeltà reciproca tra gli sposi dopo. S.S. Benedetto XVI ha pensato bene di rispondere al problema commissionando ad un gruppo di esperti e teologi un documento che analizzi i pro e i contro della situazione. Toccherà poi a lui decidere quale sarà la condotta ufficiale da tenere dalla Chiesa Cattolica su questo delicato argomento una volta che il documento sarà stato completato.
In ambito laico Fernando Aiuti, noto immunologo e presidente dell’Anlaids, ha detto che quella del cardinale Martini è “un’apertura importante che purtroppo non rappresenta la posizione ufficiale della Chiesa”. Questo il commento di Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay, rilasciato a Gay.it: “Le dichiarazioni del cardinale Martini sulla possibilità di utilizzo del preservativo in alcuni casi specifici aprono una finestra interessante nelle posizioni delle gerarchie vaticane. Posizione non nuova ma per la prima volta esposta da un così autorevole rappresentante della Conferenza Episcopale Italiana e certo molto più avanzata rispetto alle posizioni sia di Wojtyla che di Ratzinger, che su questi temi non ha finora mostrato alcuna apertura. La politica di resistenza sull’uso del profilattico tenuta sino ad oggi dalla Chiesa Cattolica è almeno in parte responsabile della diffusione del virus HIV su vasta scala e quindi ci auguriamo che la Chiesa voglia modificare questo suo atteggiamento che ha delle implicazioni, consapevoli o non consapevoli, di tipo oserei dire criminale.” (RT)