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CinemaSTop: quell’amore non solo letterario di Violette Leduc

Da vedere il solido biopic di Provost sulla scrittrice francese che amò la de Beauvoir.

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Violette, l’amore oltre la pagina della Leduc per Simone de Beauvoir

Un anno dopo la presentazione al Festival Mix di Milano, esce in sala l’intenso biopic Violette di Martin Provost su vita, opere letterarie e conflitti amorosi di Violette Leduc (1907-1972), scrittrice francese dallo stile aspro e inquieto, irregolare e lirico, molto affascinante. Nata povera da un’unione illegittima che la fece sentire sempre un’emarginata, la Leduc fu scoperta da Simone de Beauvoir di cui s’innamorò non ricambiata, giunse al successo nel 1964 con l’autobiografico La bastarda (1964) che la lanciò come scrittrice scandalosa e non allineata, facendola entrare nel giro dei grandi lumi letterari dell’epoca – Genet, Cocteau, Sachs – e corroborando quell’humus femminista di cui proprio la de Beauvoir stava teorizzando le basi. Violette pubblicò nel 1966 un libro scritto dodici anni prima, assolutamente cult per la comunità lesbica francese: il controverso Thérèse et Isabelle, su due amanti collegiali, fortemente censurato e uscito in versione integrale solo nel 2000.
Interpretato con ammirevole trasporto emotivo da Emmanuelle Devos, che rende palpabile la torturata complessità psicologica della Leduc, e da Sandrine Kiberlain, una de Beauvoir più ammorbidita e accondiscendente, il riuscito Violette dimostra la bravura di Martin Provost nell’affrontare forti personaggi femminili che cercano di esprimere attraverso l’arte il proprio disagio esistenziale, come nel precedente Séraphine: “Man mano che iniziavo a conoscerla meglio – spiega il regista – ero sempre più commosso da ciò che era nascosto nel profondo del suo cuore, la fragilità e il dolore. L’aspetto scandalistico del personaggio pubblico, che era emerso successivamente alla sua celebrità nel 1960, mi interessava sempre meno. Volevo conoscere sempre più da vicino la vera Violette, alla continua ricerca dell’amore, che si ritira in grande solitudine per scrivere. La vita non era stata gentile con lei. La gente la considerava una persona difficile. Ma a me non bastava questo. Io la vedevo insicura, una persona che combatteva la sua battaglia solitaria, alla continua ricerca di se stessa. Per me, quell’insicurezza e quella solitudine sono state il motore di tutto”.

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Il Presidente degli States si perde in Lapponia: Big Game, che bizzarria!

Curioso mix tra un action movie in stile Air Force One e un racconto di formazione adolescenziale, Big Game – Caccia al presidente di Jalmari Helander è una bizzarra coproduzione anglo-tedesca-finlandese in cui si ipotizza che l’aereo presidenziale americano subisca una minaccia di attacco e il cittadino Number One degli States (Samuel L. Jackson) sia costretto ad abbandonare il tecno-velivolo con una capsula di salvataggio che atterra in una foresta lappone. Qui incontrerà il tredicenne Oskari (Onni Tommila) che aiuterà il Presidente a rifugiarsi dai terroristi che gli stanno dando la caccia mentre gli agenti del Pentagono cercano di rintracciarlo con sofisticati sistemi di ricerca satellitare.
Ideale per una serata spensierata con amante daddy o, viceversa, toy boy scalpitante da tenere fermo per un’ora e mezza.

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La setta antigay a nudo nel doc Going Clear: Scientology e la prigione della fede

La controversa religione-setta di Scientology non è mai stata tenera con l’omosessualità, definita dal suo fondatore Ron Hubbard “una devianza la cui pratica è da sottoporre a terapia”. Addirittura, in un testo degli anni ’70, How to choose your people di Ruth Minshull, a corredo di quella che è considerata la loro Bibbia ufficiale, ossia Dianetics, si dice che “gli omosessuali non praticano l’amore […]. Le loro relazioni consistono in brevi, sordidi e impersonali incontri o in più lunghe sistemazioni con drammatiche discordie, gelosie e frequenti infedeltà”.
Per approfondire la conoscenza di questa Chiesa americana di cui in realtà si sa pochissimo poiché i loro membri fanno della privacy uno dei piloni fondativi, ecco un documentario diretto dall’acclamato Alex Gibney – Esquire lo considera “il più grande documentarista del nostro tempo” – in cui si dà voce a otto ex membri che raccontano la loro esperienza diretta all’interno di Scientology: dagli opachi metodi di reclutamento ai riti quotidiani praticati dai membri osservanti, dalle persecuzioni subite da chi abbandona la setta (parrebbe alquanto vendicativa) all’ascesa inarrestabile dell’ultimo leader David Miscavige.

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Ted 2, torna l’orsetto antropomorfo in una satira bonaria sulle ‘adozioni per tutti’

Volete sposare il vostro fidanzato orsetto e avere un figlio con lui? Risolvete la questione sdrammatizzando, c’è la commedia americana che fa per voi: ecco Ted 2, seguito inevitabile di quel colpo grosso al botteghino di tre anni fa (550 milioni di dollari d’incasso a fronte di un investimento di 50). L’orsetto eterone Ted ha nel frattempo sposato la trucidotta Tami-Lynn e vorrebbe avere un figlio con lei ma poiché non è un essere umano la richiesta viene respinta: come far valere i propri diritti? Grazie al suo grande amico John (Mark Wahlberg), ora scapolo, viene coinvolta un’avvocatessa alle prime armi e con un debole per la marijuana, Samantha (Amanda Seyfried), ma la causa viene persa. Senza perdersi d’animo, l’insolito trio si reca a New York nella speranza di coinvolgere il celebre avvocato Patrick Meighan (Morgan Freeman), specializzato in epocali battaglie legali per i diritti civili.
Satira bonaria sul tema di massima attualità delle ‘adozioni per tutti’, è stato recensito abbastanza bene dalla critica internazionale: il Village Voice parla di “meccanismi delicatamente calibrati”; “assurdo, e a tratti disgustoso ma anche maliziosamente divertente” per il Los Angeles Times; Kyle Smith del New York Post sostiene invece che “Ted 2 ha così tanti momenti di pazza brillantezza che ho riso molto”. Il Guardian gli dà 3 stellette su 5 criticando però la lunghezza: doveva durare mezz’ora di meno.