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Cocktail pericolosi e strane giustificazioni

Un tizio, tra una chiacchiera e l’altra, mi confidò che a lui piaceva bere. E non parlavamo di cocktail. Mi gelò però quando teorizzò che non era pericoloso perché “io ingoio velocemente, di colpo”.

Ho sempre avuto nei confronti del sesso un approccio molto scrupoloso. Non l’ho mai fatto se non protetto, non mi è mai interessato farlo e per quanto mi riguarda tutte le proposte indecenti introdotte da un "fidati di me", riescono sempre a freddare ogni mio fuoco erotico. Forse questo è dovuto anche al fatto che sono cresciuto in pieno boom dell’AIDS, quando l’unica cosa certa di questa malattia era che fosse letale e che lo fosse soprattutto per i gay.

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Nonostante l’ovvio sabotaggio vaticano e la scellerata disinformazione statale, il livello d’attenzione della comunità nei primi anni ’90 era altissimo, anche con il rischio, a volte, di rasentare la psicosi. Quindi ritenevo scontato che tutti la pensassero come me e che indossando il preservativi praticamente a partire dalla carezza sulla guancia. Eppure. Erano ancora i tempi della lira (ovviamente) quando mi capitò una sera di conoscere un ragazzo all’uscita di un locale. I miei amici erano tutti andati via senza darsi cura d’avvertirmi pur essendo arrivato con loro. Avevo ancora quell’età in cui si esce di casa con i soldi contati del biglietto d’ingresso in discoteca e qualche spicciolo extra, per cui l’ipotesi di tornare in taxi era fuori questione. Rassegnato, mi stavo avviando a piedi verso casa sperando di non svenire per la stanchezza lungo la strada quando, mosso a compassione (perché alle 4 del mattino era il solo sentimento che ero in grado di suscitare), un ragazzo accostò con la sua auto e mi offrì un passaggio. Ero troppo grande e troppo esausto per evitare "caramelle da uno sconosciuto" e mi infilai in macchina con lui senza pensarci  due volte. Sapete quando a un certo punto si inizia a parlare di sesso anche se l’argomento di partenza è la questione palestinese? Ecco uno di quelli.

Non so se fosse un tentativo molto laterale di indurmi in eccitazione, ma tra una chiacchiera e l’altra, mi confidò che a lui piaceva bere (e con questo, non intendeva il vizio che facilmente si può assecondare al bancone di un bar). Lì per lì non dissi nulla, non volevo sembrare un bacchettone anche se per me la cosa era assolutamente inconcepibile. Ma poi non potei trattenermi e gli chiesi: "Ma non hai paura di prenderti qualcosa", serrando istintivamente le cosce e pronunciando quel "qualcosa" con il tono allusivo di chi vuole intendere "qualcosa" di specifico ma preferisce restare sul vago. "Ma io ingoio velocemente, di colpo". Gelo. Tra tutte le idiozie dettate dall’ignoranza questa se la batteva con la diceria che le donne durante il mestruo seccano le piante. "Scusa?", gli chiesi non perché non avessi capito ma perché speravo che il riecheggiare delle sue parole nell’abitacolo creasse una eco tale da fargli rimbalzare nelle orecchie l’assurdità della sua teoria. "Sì, se tu mandi giù rapidamente eviti che lo sperma e l’eventuale virus si sedimentino in qualche ferita nella bocca o nelle gengive sanguinanti".

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Sentir chiamare il virus dell’HIV "eventuale", non so perché ma mi diede l’idea di qualcuno che crede si possa esorcizzare una sciagura semplicemente non nominandola, come quelli che chiamano il cancro "un brutto male". Quindi il suo approccio a una pratica, per così dire, poco ortodossa era la stessa di un’indianata tra amici a colpi di shot di tequila: uno, due, tre e giù di colpo! Continuò poi parlandomi di succhi gastrici che sciolgono la carne, figuriamoci i virus, il tutto con una consapevolezza e una persuasione che probabilmente, non si fossero fatte le 5 e non fossimo arrivati nel frattempo sotto casa mia dove sapevo che mio padre si sarebbe svegliato di lì a poco notando la mia assenza, sottoponendomi poi alla solita manfrina sul genere: "la notte è fatta per dormire non per andare in giro e poi: dove cazzo sei stato?", probabilmente avrei finito anche io col chiudere la serata con il bicchiere della staffa. Ovviamente trangugiato, non assaporato.

Ancora adesso ripropongo quell’episodio come esempio di ignoranza profonda se non di colposa ingenuità, ma vedendo l’atteggiamento disinvolto che oggi molti continuano ad avere  (ancora sento dirmi "fidati di me") mi chiedo se dopo tutta la conoscenza, tutta la facilità di accesso ad essa e le iniziative sociali e politiche (in certa parte del mondo, la migliore, ovviamente) continuare a fare sesso non protetto sia dovuto a ignoranza, negligenza o semplice autolesionismo. E che siano omo o etero poco cambia anzi, per molti di questi ultimi, spesso, la sola precauzione che si adotta in ambito sessuale è la pillola, come se la gravidanza indesiderata fosse una specie di malattia e comunque l’unica degna di preoccupazione.

Purtroppo sempre più spesso sento persone (molte giovanissime), giustificare una sessualità molto "casual" con il fatto che ormai di AIDS non si muore più (certo, come no). Ti confermano che oggi si cronicizza e che qualche pasticca al giorno non è poi un peso, come se stessero parlando dell’allergia al fieno. Il mio secondo cane, Pietro, quando aveva paura di essere cazziato per qualche marachella, correva a nascondere la testa sotto il tavolo di casa, peccato però che, essendo un molosso e neppure particolarmente sveglio, non considerava al contrario come il resto del corpo, sporgente, gli si vedeva benissimo. È così che raffiguro quanti credono che ignorare coscientemente un pericolo abbia il dubbio potere di annullarlo. È un atteggiamento comprensibile, per certi versi di un’ingenuità che fa quasi tenerezza, ma qui stiamo parlando di salute (e spesso di vita) che rischia di essere rovinata dal sesso il quale, pur con l’intromissione di un preservativo, comunque nulla perderebbe del suo piacere. E poi, come diceva un collega, quando lo indossi è sempre quel 0,061 di centimetro in più!

di Insy Loan ad alcuni meglio noto come Alessandro Michetti