«L’omosessuale è sempre utilizzato per far scattare qualche facile risata. Non è difficile farne delle macchiette, delle caricature. Molto più difficile rappresentarne l’umanità». Parola di Nino Manfredi, che per la seconda volta nella sua lunga e fortunata carriera, arriva a interpretare un personaggio dichiaratamente gay. Si chiama Francesco, è un anziano professore di liceo, costretto dalle "malelingue", dopo lo spontaneo "coming out", a scappare in giovane età dal paesino in cui viveva con la madre e il fratello Nicola, "razzista, assolutista, fermamente deciso a non concedere libertà neppure ai propri figli", secondo la descrizione che ne dà il suo eccezionale interprete, Lino Banfi. Alla morte della madre i due sono costretti, dopo quaranta anni di separazione, ad incontrarsi di nuovo. Sarà l’occasione di ripensare al loro rapporto, di iniziare, insieme, un percorso fatto di comprensione e perdono.
Manfredi gay e Banfi intollerante: l’inedita coppia è protagonista di "Un difetto di famiglia" che Raiuno propone domenica 26 maggio alle 20.50. Diretto da Alberto Simone, che firma la sceneggiatura con Silvia Napolitano e ha scritto un soggetto adatto ai due attori, il film con musiche di Ennio Morricone, affronta il tema dell’amore fraterno, dell’omosessualità e della tolleranza con i toni della commedia. Nessun imbarazzo, da parte della Rai, a mettere in ‘prime time’ su Raiuno una storia incentrata sull’omosessualità di uno dei protagonisti. «Siamo sempre partiti dal presupposto che la nostra è una società basata sulla tolleranza, senza discriminazioni – ha detto Stefano Munafò, direttore di Rai Fiction – Già nella prima serie di ‘Commesse’ abbiamo raccontato il problema dell’omosessualità. Questa è una fiction con varie letture e un messaggio cristiano: due fratelli che alla fine della vita si accettano così come sono».
Coprodotto da Italian International Film e Towers of London in collaborazione con Rai Fiction, è costato 4 miliardi e 200 milioni (3 miliardi Rai). Tra gli altri interpreti: Imma Piro, Eleonora D’Urso, Gianni Garko, Carlo Cascone e Luciana Turina. Le riprese, iniziate il 27 agosto 2001, si sono svolte in numerose città della provincia italiana da Nord a Sud: Ostilia (Mantova), Pesaro, Mercatale, Sasso Corvaro, Ostuni, Brindisi, per tornare a Nord sul Lago d’Orta e a Pallanza sul Lago Maggiore e terminare poi a Roma il 12 ottobre.
«Ci sono tredici nazioni nel mondo dove l’omosessualità è condannata con la pena di morte e altri 36 nei quali è un reato grave – precisa il regista e autore Alberto Simone – Per fortuna Francesco (Nino Manfredi) il mio protagonista, è nato in Italia ed è cresciuto in un paesino del sud. Così la sua diversità gli è costata "solo" la perdita del lavoro e l’intolleranza di un fratello (Lino Banfi) provinciale e benpensante».
«Tuttavia sarebbe riduttivo pensare a "Un difetto di famiglia" come a un film sul tema dell’omosessualità – afferma ancora Simone – Il tema profondo è l’incapacità dei due protagonisti di riconoscere nell’altro una parte di se stessi, e, nel rifiutare la comune appartenenza famigliare, arrivando all’intolleranza e all’odio. Un tema quanto mai attuale quindi, in tempi di conflitti politici e sociali, particolarmente esasperati, tra parti contrapposte, che forse dal percorso di Nicola e Francesco, potrebbero trarre qualche utile indicazione».
Nino Manfredi nella sua lunga e prestigiosa carriera aveva già interpretato il personaggio di un omosessuale una sola volta, in "Vedo Nudo", un film a episodi diretto da Dino Risi. «E’ andata bene – racconta l’attore – ma da allora ho capito quanto è difficile e ho sempre rifiutato. Perché l’omosessuale è sempre utilizzato per far scattare qualche facile risata. Non è difficile farne delle macchiette, delle caricature. Molto più difficile rappresentarne l’umanità».
Manfredi descrive il suo personaggio come «uno dei tanti omosessuali – e sono la stragrande maggioranza – che fanno una vita normale, quasi anonima, che sono monogami, non effemminati, non esibizionisti, e non desiderano provocare e dare scandalo. E’ un uomo di cultura, che ha classe e raffinatezza, che ha pagato di persona la sua coerenza e il coraggio di dichiararsi omosessuale in un paesino del sud, negli anni sessanta, esattamente l’opposto di suo fratello Nicola, che è provinciale e conformista, talmente bisognoso dell’accettazione degli altri da rinnegare per quarant’anni di avere un fratello come me».
A proposito del personaggio di Nicola, Lino Banfi lo descrive «come un personaggio del Sud che forse ancora esiste, ma che auspicabilmente è in via di estinzione: razzista, assolutista, fermamente deciso a non concedere libertà neppure ai propri figli. Ma è un personaggio bello perché cambia: alla fine diventa non soltanto permissivo, ma quasi olandese… E diventa, soprattutto, buonissimo: tutta la bontà che non ha elargito in una vita viene fuori alla fine della storia…».