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Diario dal Tel Aviv Pride

Le feste e la parata finanziata dalle istituzioni. Israeliani e palestinesi felicemente insieme. Un clima di festa come solo in Israele si può respirare. Il racconto di chi ha vissuto quei momenti.

Siamo arrivati a Tel Aviv il 9 giugno e, lungo il percorso dall’aeroporto Ben Gurion al centro città, abbiamo subito notato che le strade erano già "imbandierate" con i colori rainbow per chilometri. Durante la giornata, nel corso della visita alla città, ci è apparso il medesimo scenario: anche le strade limitrofe a quelle principali ricoperte d’arcobaleno. La sensazione ricavata è stata quella di una grande festa attesa e partecipata dalla intera città e non soltanto da una parte di essa.

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Ci siamo, quindi, complimentati di ciò con i nostri amici israeliani dai quali, invece, abbiamo appreso che tutto questo e l’intera organizzazione del Pride era stata prodotta e finanziata dall’amministrazione cittadina. Il giorno 10 giugno, data antecedente il Pride, gli alberghi di Tel Aviv su invito della stessa amministrazione, hanno provveduto a informare i rispettivi clienti sugli eventi precedenti il Pride, sul significato dello stesso, e a dare informazioni logistiche e sugli eventi susseguenti all’evento.

Arriviamo al giorno 11 giugno, data del Pride. Concentramento alle ore 10 alla parco Meyr, già stracolmo. Gli interventi, che da noi solitamente si svolgono al termine del corteo, qui, invece, hanno preceduto la parata. Numerosi i deputati al parlamento, gli esponenti dell’amministrazione cittadina, delle associazioni lgbt, e, in particolare, molto apprezzati (la valutazione è in base alla quantità di applausi e manifestazioni di consenso, poiché non comprendiamo la lingua locale) quelli della figlia di Moshe Dayan e di Zibni Livni.

Verso le 12,30 inizia a snodarsi il corteo che attraversa l’intera città. Un corteo che noi stimiamo in non meno di 150.000 partecipanti. Grande il clima di festa, largamente partecipato dalla cittadinanza che dai balconi imbandierati o con il rainbow o con la bandiera nazionale esulta al passare delle persone. Verso le 18 il corteo si scioglie per fare confluire i partecipanti ad un mega-party in spiaggia. Nella notte ben otto party a tema, come pure il giorno precedente. Sabato 12 altre feste a conclusione di una intera settimana di festa.

Abbiamo respirato un clima particolarmente gioioso e coinvolgente che ci ha riempito di soddisfazione e orgoglio, orgoglio di essere gay, di aver partecipato, di essere amici di questa grande città Tel Aviv, sulla quale riteniamo ci sia molto da scommettere.

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Una osservazione, per noi molto importante: abbiamo realmente visto coppie di israeliani e palestinesi, coppie formate da entrambi, mano nella mano, ben lungi da quell’odio che, a nostro avviso, appartiene solo ai governi e a certa politica, ma certamente no alle persone. Ci siamo, allora, detti che la strada da percorrere per la pace è quella dell’amicizia, della fratellanza, dell’amore anche quello che non osa dire il proprio nome, in fondo la strada che percorrono in genere i Pride. In questo contesto, non comprendiamo e respingiamo la decisione degli organizzatori del Pride di Madrid di rifiutare la partecipazione degli israeliani a seguito dei noti fatti. Condanniamo questo atteggiamento che non riteniamo possa appartenere a un Pride, le cui vie politiche sono e devono restare ben distinte da quelle seguite, invece, dai governi.

Non possiamo, infine, tacere sul grande senso di ospitalità che anima gli amici di Tel Aviv, la loro grande disponibilità, la loro sentita amicizia, i loro forti sentimenti. Un grazie, in particolare a Etai Pinkas leader del movimento glbt di Tel Aviv, al suo compagno Yoav, ai cari e affettuosi Russell e Avi, che non consideriamo amici ma fratelli, davvero.

Un grande popolo, una grande città sulla quale riflettere e scommettere, una grande risorsa per tutta l’area del mediterraneo.