Dire a qualcuno che è un "filo-omosessuale", "fan dell’omosex" è espressione che viola il "diritto all’identità personale". Passibile, dunque, di risarcimento. Lo sottolinea la Cassazione, nel convalidare un risarcimento pari a 5 mila euro a favore di un avvocato veronese, Massimo G. che, dopo avere sostenuto nel corso di un’assemblea consiliare a Verona, posizioni liberali e democratiche sul tema del riconoscimento delle unioni omosessuali a seguito della risoluzione adottata in materia dal Parlamento europeo, era stato fatto oggetto di affermazioni denigratorie da parte dell’associazione "Famiglia e civiltà" che, nel diffondere un volantino, lo aveva descritto come "filo-omosessuale", "fan dell’omosessualismo" e come "appartenente alla Verona dei pederasti".
Immediata la denuncia dell’avvocato all’associazione per lesione del suo onore e dell’immagine e il conseguente risarcimento di 5 mila euro per la "lesione del diritto all’identità personale" da parte della Corte d’appello di Venezia (novembre 2007).
Inutile il ricorso dell’associazione "Famiglia e civiltà" in Cassazione. La Terza sezione civile (sentenza 23314) ha respinto il ricorso e ha evidenziato che il "giudice territoriale ha ritualmente ed esaustivamente compiuto accertamento che con motivazione scevra da vizi logico-giuridici ha del tutto condivisibilmente ritenuto violato il diritto all’identità personale" dell’avvocato "tutelato tra l’altro dall’art. 2 della Carta fondamentale". Inoltre, aggiunge la Suprema Corte, il giudice del precedente grado di giudizio ha "correttamente motivato circa l’esistenza e la consistenza della lesione lamentata da Massimo G. con riferimento all’attivita’ politica esercitata".