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DIRITTI? MEGLIO ARRANGIARSI

Nella seconda parte della nostra intervista con la senatrice della Margherita si parla dei diritti individuali e di quando, in certi casi, per gli omosessuali non ci sono scelte possibili.

ROMA – L’esponente della Margherita/DL, che lavora per il Campus universitario Biomedico dell’Opus Dei, ci ha illustrato quello che è il suo modo di vedere la realtà omosessuale. Sebbene non in grado di indicare nessuno studio statistico serio a sostegno, la senatrice afferma che le relazioni omosessuali sarebbero meno lunghe e stabili di quelle eterosessuali. Ecco la seconda parte della nostra intervista.
Senatrice Binetti ci sono anche degli aspetti in comune, delle similitudini, tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali?
Per me le similitudini principali attengono sempre alla persona. È la dinamica di relazione nella vita di coppia che secondo me si struttura in un modo diverso, sia internamente alla coppia e sia rispetto al modo in cui è vissuta nel proprio ambiente. Non a caso le coppie omosessuali molto spesso tendono a ricreare ambienti, circoli e gruppi in cui si ritrovano tra di loro, perché chiaramente questo permette di rafforzare il senso dell’uguaglianza tra le coppie e non il senso della diversità rispetto alle coppie eterosessuali. Da questo punto di vista l’esperienza del gruppo… non dico chiuso, comunque del gruppo coeso da questo punto di vista, diventa un elemento di rassicurazione.
Coesione, bisogno di rassicurazione e interessi comuni danno vita a gruppi che possono essere di tutti i generi, da gruppi religiosi a quelli di una certa etnia. Gli esseri umani sono “animali sociali” che tendono a creare piccole comunità nelle quali si raggruppano individui che hanno delle cose in comune, giusto?
Si, questo riguarda tutti i meccanismi dell’integrazione sociale, gente a cui piace fare escursioni in montagna o immersioni al mare…
Dunque non è una tendenza che riguarda in particolare le coppie omosessuali. Ma torniamo al suo intervento al recente meeting di CL a Rimini, dove ha detto che “I diritti individuali sono pari per tutti, quelli delle coppie no.” Nel programma della coalizione grazie alla cui vittoria lei oggi siede nel Senato della Repubblica c’è scritto che “l’Unione proporrà il riconoscimento giuridico dei diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto”, e questo a prescindere dal “genere dei conviventi” e dal “loro orientamento sessuale”. Ci può dire di quali diritti individuali di gay e lesbiche che fanno parte di unioni di fatto il suo partito proporrà il riconoscimento giuridico?

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In realtà credo che l’attuale assetto legislativo preveda già il riconoscimento di moltissimi diritti individuali per tutti e che probabilmente non sono sufficientemente codificati, strutturati, leggibili e riconoscibili. Tanti dei diritti a cui molte volte fate riferimento, come ad esempio quello di poter assistere una persona cara, all’eredità, poter subentrare in un appartamento in affitto, eccetera… credo che tutti questi diritti in qualche modo siano già riconosciuti. Vanno strutturati, in modo che soprattutto la persona più debole della coppia, quella che potrebbe subire l’abbandono e l’esperienza di perdita, sia più tutelata in quanto più fragile.
Secondo il suo punto di vista ogni cittadino italiano ha uguali diritti in relazione al poter vivere liberamente con la persona con la quale ha un progetto di vita in comune?
Se lei parla dei diritti individuali si, perché due persone omosessuali possono sottoscrivere un contratto d’affitto insieme e andare a vivere nello stesso appartamento, chi glielo impedisce?
Le faccio un esempio pratico: se un cittadino italiano eterosessuale va in Brasile e si innamora di una ragazza brasiliana sposandola può farla venire in Italia e la relazione tra i due, il loro progetto di vita insieme, può continuare e svilupparsi. Se invece un cittadino italiano omosessuale va negli Stati Uniti e si innamora di un americano ci sono enormi problemi a poter rimanere insieme e continuare la relazione in Italia.
Per il permesso di soggiorno intende? Eh…. d’altra parte…ma c’è una differenza molto forte. Il primo italiano l’ha sposata, cioè ha assunto un vincolo di responsabilità diverso.
Comunque questo comporta che un italiano eterosessuale può decidere del tutto liberamente di poter vivere con la persona che vuole, mentre un italiano omosessuale non può farlo. Le sembra un trattamento equo e giusto?
Questo è un altro tipo di legislazione, che tutela il matrimonio. Se questa fosse una coppia di fatto non potrebbe vivere insieme lo stesso come nella situazione che dice lei. Se l’italiano torna dal Brasile con una ragazza senza volerla sposare i due non potrebbero stare insieme in Italia per le stesse ragioni.

C’è una differenza sostanziale: la coppia eterosessuale ha comunque la possibilità di risolvere tutti i problemi del caso grazie all’opzione matrimonio…
Certo.
mentre la coppia omosessuale è oggettivamente discriminata, perché non ha alcuna opzione. È questo il motivo per il quale in tante nazioni sono state introdotte leggi che consentono, con varie modalità, di formalizzare una relazione anche tra persone dello stesso sesso senza necessariamente dover ricorrere all’istituto matrimoniale. Mi riferisco ovviamente alle Unioni Civili, o partnership registrate o Pacs che esistono all’estero. E in Italia?
Questo problema posso anche capirlo, e sul piano personale me ne posso anche dispiacere, però di fatto io personalmente e anche il programma stesso dell’Unione non prevede questo tipo di cosa. Esiste un sistema più ampio e più complesso che va oltre il caso singolo che in qualche modo tutela delle forme di stabilità relazionali più grosse. Il matrimonio è un grosso fattore di stabilità in una relazione.
Vogliamo parlare del numero sempre crescente di divorzi?

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Ha ragione, infatti io ritengo che la legge sul divorzio abbia a modo suo incrementato il numero dei divorzi. Quando ci fu il referendum uno degli argomenti a favore era che il divorzio dovesse risolvere tutta una serie di situazioni drammatiche ma la legge ha anche una sua funzione pedagogica e rendendo meno importante e meno definitivo l’impegno che ci si prende l’uno nei confronti dell’altro ha contribuito ad aumentare il livello di instabilità dell’istituto matrimoniale.
Rimpiange i tempi del matrimonio indissolubile?
Accetto la legge dello Stato, però mi piacerebbe se ne facesse un uso più misurato. Oggi c’è una certa leggerezza e leggiadria nell’uso: quando una relazione entra in crisi bisogna cercare di fare tutto il possibile per risolverla, a volte invece si preferisce ricorrere alla separazione.
Sempre al meeting ciellino di Rimini ha detto: “Dire di no alle unioni di fatto non significa fare un atto di crudeltà mentale o ignorare il problema, significa invece assumersi precise responsabilità di fronte alle generazioni future e al modello di società che abbiamo in mente.” Lei ritiene che i politici che siedono in Parlamento grazie ai voti dei loro concittadini debbano avere in mente un modello di società da imporre agli altri, oppure ritiene che le leggi di uno Stato debbano poter riflettere la realtà e i mutamenti che avvengono nel tessuto sociale?
Non la devono imporre ma la devono proporre, ma non possono neanche credere di poter governare assecondandola. Ci vuole un progetto. Io ti propongo un modello, ma la legge non può neanche essere semplicemente quella che legittima quelli che sono mutamenti comportamentali già avvenuti. La legge ha un valore più alto, un valore che segna davvero una rotta o perlomeno una linea di tendenza forte. Poi spetta alla libertà dell’individuo scegliere ma la legge ha questo compito.
L’esempio precedente però evidenzia che il cittadino italiano omosessuale non ha alcuna possibilità di scelta in certi ambiti importanti, come quello di poter scegliere liberamente con chi vivere e dove vivere. Un eterosessuale può decidere se sposarsi o meno, ma un omosessuale questo “lusso” del poter scegliere non ce l’ha.
L’omosessuale in quel caso non ha una scelta.
Non è una evidente discriminazione basata sull’orientamento sessuale?
Le posso dire una cosa? Se il cittadino straniero ci tiene talmente a venire che trovi uno spazio diverso…
È un invito ad “arrangiarsi”?
Penso che nella vita, indipendentemente dall’argomento del quale stiamo parlando, dobbiamo spesso fare i conti con i limiti delle situazioni nelle quali ognuno di noi si muove e cercare strategie diverse. Però non può chiedere perché quella strategia si realizzi nel modo più diretto e più immediato che una serie di criteri che per me sono a monte, nella direzione orientativa della legge. Fatto salvo il massimo rispetto per la persona, qualunque sia il suo orientamento sessuale, quando penso al modello sociale che io voglio proporre come modello di vita penso a legami forti, a legami stabili, legami continuativi, legami fecondi.

Ringrazio la senatrice Binetti per il tempo che ha concesso a questa intervista e la saluto. Dopo di che non riesco a non pensare a quanto sia difficile per una coppia gay o lesbica poter costruire legami forti, stabili e continuativi quando talvolta il semplice poter stare l’uno al fianco dell’altro è reso quasi impossibile per via di norme ingiuste e discriminatorie. Per quanto riguarda i legami “fecondi” questo è un possibile sbocco che deve essere lasciato alla coppia e che in ogni caso non è un requisito per il riconoscimento legale del legame stesso, come evidentemente dimostrato dall’esistenza di tutte quelle coppie sposate che non hanno figli. Da tutto quello che ha detto la senatrice Binetti sembra emerge un forte condizionamento del suo pensiero basato dal suo credo religioso. Il senso di obbedienza quasi dovuta al magistero ecclesiastico, rimarcato dall’adesione all’Opus Dei. Il prendere le distanze da posizioni scientifiche, come quelle dell’A.P.A, che mettano sullo stesso livello le potenzialità qualitative familiari delle coppie omosessuali e quelle eterosessuali. Il fatto che parlando di unioni omosessuali preferisca non parlare di amore ma piuttosto di amicizia. Lo stereotipo della relazione gay o lesbica come intrinsecamente instabile, disordinata, bisognosa di “novità” e soprattutto non aperta alla procreazione altro non sono se non varianti sul tema dell’amore “debole” caro a Ratzinger. Un’impostazione del pensiero profondamente radicata nel credo religioso più che nella conoscenza, che traspare dall’ottica con cui viene affrontato ogni argomento. Sul piano più schiettamente politico la senatrice Binetti bacchetta la legge sul divorzio e pare spiegare il motivo per il quale durante la stesura del programma di governo il partito di Rutelli abbia puntato i piedi per evitare che si facesse riferimento diretto ai diritti delle coppie composte da persone dello stesso sesso. Tali coppie sinora ufficialmente in Italia non esistono e comunque, anche se in qualche misura si prendesse atto della loro esistenza, vedrebbero riconosciuti non dei nuovi diritti ma solo quelli individuali di coloro che ne fanno parte, e che la senatrice Binetti considera bisognosi solo di una “ristrutturatina”. Se questa linea filo-cardinalizia di affrontare il problema dovesse prevalere i partner same-sex italiani continuerebbero a vedersi negati tantissimi diritti civili che già invece da anni vengono riconosciuti nella maggioranza dei paesi dell’Unione Europea.