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DURO SIGNIFICA MALATO?

Esiste un legame tra chi pratica sesso “duro” e chi ha l’HIV? È l’impressione che ha avuto un lettore frequentando i locali di Berlino, capitale europea del sadomaso. Risponde l’esperto.

Caro dottore, tempo fa sono andato all’estero, per la precisione a Berlino. I locali gay che sono in quella città sono molto particolari, soprattutto quelli a Berlino ovest (nonostante il muro sia andato giù, loro ancora dividono simbolicamente la città in est e ovest).
Quando dico “particolari” mi riferisco al fatto che in qualsiasi locale io fossi entrato, l’atmosfera era sempre la stessa. Legno, catene, pelle, borchie. In Italia non abbiamo questo tipo di locali e comunque so che non funzionano molto.
Gli italiani, forse per una diversa cultura, non amano molto quel tipo di locali preferendone altri più tranquilli. L’impressione che ho avuto, però, entrando in questi locali, era quella che i loro clienti (sto parlando di Berlino) fossero tutti malati.
Non so come spiegarmi meglio.
L’impressione che ho avuto è che ci fosse una correlazione tra quei posti e il fatto che chi li frequentasse avesse l’HIV. La riprova, poi, l’ho avuta con alcune esperienze sessuali avute con alcune delle persone che frequentavano quei locali, tutte molto poco attente all’uso del condom. Eppure all’ingresso davano anche i preservativi gratis.
C’è secondo lei una correlazione tra il tipo di sesso particolarrmente duro e la sieropositvità?
Bruno

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Caro Bruno,
la sua è una domanda molto interessante perchè da sempre si è sospettato che il sesso “duro” (suppongo che lei voglia intendere con questa espressione le pratiche sadomasochistiche) abbia una relazione con la diffusione dell’HIV ma in realtà questa relazione non è mai stata chiaramente dimostrata e, del resto, le regole del “sesso più sicuro” sono le stesse sia per i gay romantici che per i sadomaso.
Prima di fare ulteriori considerazioni vorrei commentare due frasi contenute nella sua domanda.
La prima è che lei ha avuto la sensazione che i frequentatori di quei locali fossero tutti malati. È vero che esistono persone con HIV che presentano un aspetto del volto particolare (tipicamente la lipoatrofia del volto) ma l’idea che l’aspetto fisico possa rivelare lo stato sierologico delle persone è un grave errore perchè la stragrande maggioranza delle persone HIV positive non presenta alcun segno della loro situazione.
Inoltre non si capisce perchè si dovrebbero ricercare dei segni negli altri invece di preoccuparsi di usare noi le precauzioni. Quando smetteremo di considerare l’HIV come una minaccia esterna invece di pensare che la minaccia è dentro di noi ed è costituita dai nostri comportamenti? Infatti la sua seconda frase che mi ha colpito conferma quello che ho appena scritto: “Eppure all’ingresso davano anche i preservativi gratis”. Dunque è sicuramente necessario che ci sia la disponibilità dei preservativi (proprio come in Italia vero…?) ma se non c’è la MIA voglia di usarli…
È su questa mia “mancata voglia” che bisogna concentrarsi per capire se c’è qualcosa che non va in me (senza preoccuparsi di capire se tutti gli ospiti di quel locale siano o non siano sieropositivi). La prevenzione (e non solo nel campo della salute sessuale) trova il suo più grande limite nel fatto che sembra funzionare solo nelle persone che hanno già la voglia di rimanere sane perchè si vogliono bene mentre il vero problema, che non sappiamo risolvere, è cosa fare con quelli che non si vogliono bene e che per questo motivo i preservativi non li usano manco se glieli dai gratis.
Sono ormai 26 anni che si parla di HIV e moltissime cose sono cambiate da allora ma quello che a me piacerebbe capire davvero è perchè Gaetan Dugas (lo steward dall’Air Canada falsamente identificato come “il paziente zero”, mentre oggi sappiamo che già nel 1959 il virus circolava nell’allora Congo Belga) aveva il bisogno di avere 250 partner sessuali all’anno, cioè quasi 1 diverso partner al giorno (0,68 per la precisione). Certo lui non sapeva che esisteva l’HIV e dunque non usava il preservativo. Ho scritto “dunque” ma non sono per niente sicuro di aver usato la parola giusta.
Dott. Francesco Allegrini
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di Francesco Allegrini