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E’ ANCORA PESTE GAY?

Aids: in Occidente la trasmissione del virus per rapporti omosessuali ritorna ai primi posti. Lo dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quali conseguenze?

PARIGI – Dito puntato contro i gay. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso noto oggi il suo rapporto annuale in cui, basandosi sugli ultimi dati, traccia il ritratto della diffusione dell’Hiv nel mondo e punta con insistenza l’indice contro gli omosessuali.

Perché? Perché in molte regioni del mondo sono loro i principali responsabili della diffusione del virus, o meglio, per usare il politicamente corretto: la principale via di trasmissione del virus da immunodeficienza acquisita è quella omosessuale.

Sono finiti gli anni dei buoni risultati ottenuti dalle associazioni gay e di lotta all’Aids nei quali a seguito di campagne mirate, valanghe di investimenti, preservativi gratuiti, informazione e fatica, la trasmissione per via omosessuale era diventata meno frequente di quella per via eterosessuale e di quella per via intravenosa dovuta allo scambio di siringhe usate per l’iniezione di droghe. Oggi in Europa Occidentale (cioè da noi), negli Stati Uniti, in America Latina, in Australia e in Nuova Zelanda (cioè in mezzo mondo) la principale via di trasmissione del virus è quella dei rapporti omosessuali. L’iniezione di droghe arriva in seconda posizione, il rapporto eterosessuale solo in terza.

Significa innanzittutto che i gay si proteggono meno di prima, dato confermato anche dall’incremento brutale (negli Usa e in Europa) di vecchie e quasi dimenticate malattie trasmissibili per via sessuale, come ad esempio la Sifilide che da noi non si vedeva da oltre cinquant’anni. Poi vuol dire anche che il barebacking, fenomeno nato a San Francisco vero la metà degli anni novanta e che consiste nella decisione deliberata di fare sesso non protetto pur essendo a conoscenza dei rischi legati ad una eventuale contaminazione da Hiv o surcontaminazione da diversi ceppi di virus dell’Aids, produce i suoi disastrosi effetti. Significa ancora che le campagne pubblicitarie a destinazione dei giovani gay non esistono oppure non colpiscono il bersaglio e infine che l’arrivo degli anti-retrovirali (la triterapia che permette di controllare il virus) ha diffuso in molti un sentimento di invincibilità e il luogo comune che l’Aids sia diventato una malattia cronica, di cui cioè non si muore più.

Niente di più sbagliato. L’unico a godere di ottima salute nel quadro generale tracciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è proprio il virus dell’Aids. Non ha mai prosperato tanto. In vent’anni ha fatto morire 20 milioni di persone (per capirci, circa la metà della popolazione spagnola oppure due quinti di quella italiana, donne e bambini compresi) e nel solo 2001 ne ha uccise 3 milioni. La media dell’Oms fissa a 8 mila il numero di morti al giorno nel mondo.

Sono in vita, ma con nelle vene l’Hiv, almeno 41 milioni di persone. Ma queste sono stime che si basano sulle dichiarazioni ufficiali dei paesi e che potrebbero aumentare di diversi milioni o decine di milioni solo se alcuni paesi, come ad esempio la Confederazione Russa oppure la Cina, iniziassero a dire quali sono le cifre reali (che di solito nemmeno hanno).

In Europa occidentale ci sono 570 mila sieropositivi (Italia, Francia e Spagna si spartiscono il primato dei paesi più colpiti con oltre 100 mila sieropositivi ciascuno), in Europa Orientale e nell’Asia Centrale (dove l’epidemia è arrivata solo negli anni ’90) ce ne sono un milione 200 mila, come in Asia dell’Est e regione del Pacifico, negli Stati Uniti ce ne sono 980 mila, in America Latina un milione e mezzo. Le zone più colpite rimangono l’Asia del Sud e del Sud Est, 6 milioni di persone contaminate, e l’Africa Subsahariana, 29 milioni e 400 mila persone. In Africa e Asia, in cui l’omosessualità è repressa o non accettata o comunque "invisibile", ovviamente la principale via di trasmissione del virus rimane ufficialmente quella del rapporto eterosessuale.

Gli studi effettuati nell’ultimo anno sulla popolazione Sudamericana (il Brasile sta facendo una rimarchevole campagna di lotta all’Aids) hanno messo in luce però un elemento che era fino ad ora sfuggito agli scienziati. Notando un aumento spropositato del numero di donne sieropositive, hanno scoperto che in realtà una parte importante di queste donne era stata contaminata da uomini che avevano contratto il virus dell’Hiv in un rapporto omosessuale: quindi da un bisex.

Cosa faranno le associazioni gay di mezzo mondo? Grideranno allo scandalo e accuseranno l’Organizzazione Mondiale della Sanità di omofobia oppure pregheranno i gay di darsi una calmata? In Italia ad esempio, imporranno finalmente ai locali gay con tanto di darkroom, l’obbligo di distribuire gratuitamente i preservativi oppure si veleranno lo sguardo per non vedere?

E cosa faranno gli Stati? Inizieranno ad investire in campagne di informazione, distribuiranno i preservativi nelle scuole, faranno educazione sessuale oppure tireranno fuori dal solito cassetto la solita foglia di fico?

Per lottare efficacemente contro la malattia nel mondo intero basterebbero 10 miliardi di dollari (o Euro) all’anno, secondo le cifre dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Una bazzecola se si pensa che i soli Stati Uniti spendono un miliardo al giorno in budget difesa. Non aspettiamoci che il cattolico Bush per dieci giorni prima di Natale diventi più buono, e il primo dicembre, giornata mondiale di lotta all’Aids, scendiamo in piazza a manifestare.

di Giacomo Leso