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Editoria cattolica: Avvenire in guerra totale contro le coppie gay

Il Disegno di Legge sui DICO ha fatto ulteriormente innalzare il livello d’attacco ideologico e pregiudiziale contro le richieste delle coppie gay e lesbiche. Avvenire è in prima fila nella crociata.

ROMA – È ormai diventato quasi impossibile per chi, come noi, deve quotidianamente cercare di riportare notizie che riguardino la minoranza non eterosessuale di questo paese, farlo senza dover in qualche modo venirsi a scontrare contro l’immensa offensiva (offensiva in tutti i sensi) anti-gay in cui la Chiesa Cattolica si è imbarcata in questi ultimi mesi. Su ogni fronte, a ogni livello, con ogni mezzo, contro gli omosessuali e soprattutto contro quelle che Benedetto XVI definisce «le relazione affettive disordinate». Ovvero contro di noi, i nostri affetti, amori e famiglie, dette contrarie all’ordine naturale e dipinte con i toni torbidi di chi non vuole altro che distruggere le famiglie tradizionali, minare i matrimoni e avendo in testa un chissà quale diabolico piano per destabilizzare la società e sovvertire gli ordini del mondo. Le argomentazioni implicitamente criminalizzanti sono talmente estese e ramificate che se continua di questo passo il movimento GLBT e Al Qaeda saranno praticamente sullo stesso piano. Da quello che abbiamo potuto vedere tutto il vasto mondo mediatico collegato in qualche modo alla Chiesa romana sembra essersi allineato, ubbidiente, alla linea papale.
Il quotidiano dei vescovi Avvenire dal canto suo è ormai diventato un’ininterrotta passerella di articoli nei quali il concetto di base sembra essere sempre e solamente uno: gli omosessuali sarebbero esseri umani in qualche modo inferiori, le loro relazioni dunque inferiori e quindi lo Stato Italiano non dovrà mai riconoscerle giuridicamente. Nonostante sia lontano anni luce da quanto esistente nel resto dell’Europa democratica più avanzata la campagna di gioco al massacro del Disegno di Legge sui Diritti dei Conviventi (DICO) è già ampiamente in corso. In un recente editoriale in prima pagina firmato da Carlo Cardia (docente di giurisprudenza alla terza università di Roma) si fomenta ancora una volta il clima di allarme sociale, parlando apertamente (esattamente come la Santa Sede) di “preoccupazione” in riguardo alla possibile “equiparazione di principio dei rapporti eterosessuali ai rapporti omosessuali, fino a ricomprenderli dentro lo steso orizzonte.” L’autore si chiede se “si è consapevoli di ciò che vuol dire questa scelta strategica? Essa interviene per elevare l’omosessualità allo stesso livello della eterosessualità.” Fosse mai! Aggiunge poi che “una volta equiparati i diversi tipi di rapporti, è inevitabile che si aprano le porte alla loro piena legittimazione, fino all’esaltazione culturale ed emotiva.” Per la verità nessuno, né il movimento omosessuale, né tantomeno (ci pare) le ministre Bindi e Pollastrini mirano alla “esaltazione” di alcunché, quanto piuttosto all’eliminazione di discriminazioni e disparità di trattamento tra cittadini, in linea col principio costituzionale di sostanziale uguaglianza e diritti. Non a caso l’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana dice che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Dal momento che l’orientamento sessuale è certamente una condizione personale ci parrebbe logico, giusto e democratico proteggere i diritti di tutti, non solo degli eterosessuali. Sotto questo aspetto il “no” assoluto proprio del Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, rispetto a ogni possibile proposta di legge riguardante i diritti civili le coppie omosessuali ci appare particolarmente inquietante.
continua in seconda pagina…
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Tornando ad Avvenire tutta le sezione recentemente creata, denominata “È Famiglia”, bene illustra la linea editoriale tutta impostata sulla glorificazione del matrimonio eterosessuale e che tende sempre a sminuire, avvilire e degradare invece le unioni tra persone dello stesso sesso, liquidate a ogni occasione come socialmente non rilevanti in quanto non a fine riproduttivo. Come se vincolante per l’efficacia di un matrimonio nell’ambito dei diritti fosse la nascita di figli, il che evidentemente non è, visto che i matrimoni senza figli non sono – giustamente – a nessun livello legale meno validi degli altri. Questo particolare aspetto della questione, ovvero quello della correlazione tra matrimonio (e diritti che ne conseguono) e procreazione, non è certo un’esclusiva italiana e ci pare affrontato in modo alquanto limpido e cristallino in una sentenza della Corte Costituzionale del Sud Africa del 2 dicembre 1999 (National Coalition for Gay and Lesbian Equality contro Ministero dell’Interno, caso CCT 10/99), che estese alle coppie same-sex gli stessi diritti in materia di immigrazione che sino ad allora erano esclusivo privilegio (esattamente come oggi in Italia) delle coppie etero. In tale sentenza si legge che: “Da un punto di vista legale e costituzionale la potenzialità procreativa non è una caratteristica essenziale del rapporto coniugale. Questo modo di vedere sarebbe profondamente umiliante per quelle coppie (sposate o no) che, per qualsiasi ragione, sono nell’incapacità di procreare quando inizia la relazione, oppure lo diventano in un secondo tempo. È altrettanto umiliante per quelle coppie che iniziano tale legame ad una età nella quale non hanno più un desiderio di natura sessuale. È umiliante per genitori che abbiano adottato suggerire che la loro famiglia è in qualche modo un po’ meno famiglia e un po’ meno degna di rispetto e attenzione di una famiglia che abbia procreato i figli. La considererei umiliante anche per quelle coppie che volontariamente abbiano deciso di non avere figli o rapporti sessuali, essendo queste decisioni interamente all’interno della loro sfera protetta di libertà e privacy.» (Roberto Taddeucci)