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ESISTE IL VOTO GAY?

Gay.it lo ha chiesto a dieci gay, esponenti della cultura, del movimento o dello spettacolo italiani. Non tutti concordi. E ne vengono fuori riflessioni davvero interessanti…

Che cosa ne pensano i padri del movimento gay in Italia, i personaggi gay dello spettacolo e della cultura, sull’esistenza di un voto gay? Esisterà davvero? E cosa comporta? GLielo abbiamo chiesto e vi presentiamo le loro risposte.

Partiamo da Massimo Consoli; semmai avesse bisogno di presentazioni, Consoli è un padre storico del movimento gay in Italia (ma siamo certi che anche questa definizione lui la sentirà stretta…). Interrogato sulle prossime elezioni, non ha voluto rilasciare particolari dichiarazioni: «Sono decine e decine di anni che faccio, parlo, dico. Ho scritto libri, pubblicato interventi, detto la mia su vari argomenti (mi accusavano addirittura di essere troppo presenzialista). Credo che quello che dovevo dire l’ho detto. Ora basta. Sembra che tutto questo non serva a niente: ne ho fatte tante nella mia vita e non mi spaventa niente, è solo che mi sono un po’ stufato».

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Platinette non ha usato la sua solita pungente ironia: secondo lui, il voto gay non esiste. «Per quanto mi riguarda io posso aderire a delle iniziative, a dei cosiddetti programmi politici, ma che questo mi faccia sentire parte di una famiglia, francamente no. Mi piacerebbe che attorno a dei lapalissiani diritti ci fosse una coesione di partiti: questo mi spingerebbe a votare più come cittadino che come sindacalista dell’ormone». Platinette, che come ci ha detto, ha rinunciato a una candidatura che le è stata offerta dalla signora Bonino, consiglia di andare a votare cercando «di ragionare con la testa» e con la consapevolezza «che i voti, qualsiasi essi siano, non passano inosservati, sono comunque un segnale».

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Sul fronte dei gay liberali abbiamo interrogato Marco Volante, che invece crede che «il voto gay, lesbico, transessuale esiste eccome! Naturalmente ognuno di noi ha delle idee precise su come vorrebbe che il Paese si sviluppasse in senso economico e sociale, per cui stabilire a priori uno schieramento per cui i gay dovranno votare mi pare, se non altro, inutile. Auspico che tutti, gay, lesbiche e transessuali il 13 maggio vadano a votare. In Parlamento giacciono da anni alcune proposte di legge importantissime per il miglioramento del nostro status di cittadini e della nostra qualità della vita, per cui è urgente più che mai che tutti votino coscientemente e coerentemente. Informarsi su chi sono i candidati gay o gay-friendly della propria zona è facilissimo, basta contattare le associazioni di volontariato più vicine, o anche leggere gli interventi dei candidati su GAY.IT o NOI.IT per farsi una chiara idea delle possibilità».

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Non altrettanto convinto dell’esistenza di un voto gay è un altro liberale, Enrico Oliari, presidente di GayLib, che dice che se per comunità gay si intende «gli omosessuali italiani, ebbene non si può dire che esista un voto gay. I gay sono come tutto il resto della società e non basta un camioncino al gay pride per dare un orientamento politico al mondo gay italiano. Anzi, sono convinto che la maggior parte di essi voteranno per il centro-destra alle prossime elezioni, così come farà la maggior parte della popolazione.. Mentre se per comunità si intendono gli omosessuali dei circoli, penso che votino sinistra. Ritenere "di sinistra" il mondo gay solo per quei pochi che frequentano le serate dei circoli politici, mi sembra superfluo e riduttivo. Non aderisco, comunque, al voto gay, voto per libera coscienza e convinzione». Agli indecisi Oliari vuole dire «di non considerare solo l’aspetto dell’orientamento sessuale, ma di ricordarsi di essere cittadini a 360 gradi».

Gianni Geraci, da anni impegnato sul fronte dei gay cattolici, ci rivela che «l’unica indagine condotta sul voto gay con metodi scientifici (in Spagna nel 1992) evidenzia negli omosessuali un orientamento conservatore. La cosa è strana perchè io credo che gli omosessuali abbiano comunque degli interessi propri a votare per i partiti di sinistra: in particolare io credo che la smobilitazione dello stato sociale sia molto dannosa per gli omosessuali. Chi penserà a loro quando non saranno più completamente autosufficienti? Io, che per temperamento, sono un moderato, ho paura della destra italiana. Credo infine che la presenza, nelle liste del centro sinistra, di personaggi che hanno operato da protagonisti nel movimento omosessuale italiano, debba sciogliere ogni dubbio sulla scelta da fare vincendo, una volta per tutte, la voglia di non andare a votare».

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Il curatore del Festival del Cinema gay di Torino, Giovanni Minerba, crede che «è impossibile pensare a un "voto gay" perché è impossibile pensare veramente ad una comunità/movimento gay e lesbico in Italia; può sembrare una provocazione questa mia risposta ma non lo è molto… Sicuramente comunque andate a votare! Magari votare chi ha fatto qualcosa per le esigenze di gay/lesbiche, indipendentemente dal partito… se non individuate nessuno… pensate a qualcuno che non potrà farle male… e capisco che non è facile…»

Daniele Scalise, giornalista curatore di una rubrica gay sull’Espresso, non crede «che sia opportuno che la comunità gay si schieri a favore di uno schieramento. Credo che la comunità gay dovrebbe imporre in modo molto netto ‘la questione omosessuale’ a tutti i partiti». Agli indecisi dice «che le/li capisco. Non votare, oltre che un diritto, fa capire quanto sia scarsa l’offerta politica e quanto sia stata ambigua la politica nei confronti dei diritti civili».

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L’attore Leo Gullotta, al dilà dell’esistenza o meno del voto gay, pensa «che esista il voto, il Diritto di Voto. Un Diritto che è per Tutti. Un DIRITTO di libera espressione, anche e soprattutto di orientamento sessuale. Civilmente senza steccati, imposti o provocati. Cari amici se in altri tempi avrei detto quanto fosse importante votare, ora son convinto che andare a votare sia VITALE. Per NOI, per la nostra nazione, e soprattutto per la tutela dei nostri diritti acquisiti e per i tanti che dovremmo conquistarci. Votare secondo la nostra coscienza per la nostra dignità».

Abbiamo anche raggiunto Angelo Pezzana, tra i pionieri del movimento gay in Italia, fondatore del Fuori!. Anche secondo lui il voto gay «non esiste perché non è mai esistito, e non è cambiato niente. Un voto gay può esistere solo quando c’è una lobby specifica che funziona, e in Italia non è mai esistita. I candidati gay ci sono sempre stati, io lo ero nel ’76, però il Parlamento italiano è tale che poi uno finisce in una brodaglia per cui se poi uno è etero o gay non cambia niente».

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Concludiamo con il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice, che ricorda quanto sia importante, per poter incidere realmente, che «la comunità glbt riesca ad organizzarsi per fare pesare politicamente il proprio voto: non usare bene il voto, da parte di gay, lesbiche e trans significa sprecare una buona occasione. Direi innanzitutto di non fare mancare il proprio voto ai candidati che sono diretta espressione del movimento, e che questa volta sono tanti. Voglio ricordare qui un fatto importante: la fitta rete di incontri e di contatti avuti nelle settimane scorse dall’Arcigay con tanti leader politici (Bertinotti, Diliberto, Francescato, Veltroni, ) da cui abbiamo avuto un preciso e pubblico impegno sui punti della nostra piattaforma politica. Sono questi, Verdi, DS, PRC, Comunisti Italiani, i nostri unici possibili referenti dopo il voto. In questa situazione, voglio rilanciare qui un appello fatto qualche giorno fa: non un voto gay e lesbico vada alla sedicente Casa della Libertà. Meditate, gente».