Expo a Maroni: "Togliete il nostro logo da quel convegno" - sala expo 1 - Gay.it Archivio

Expo a Maroni: “Togliete il nostro logo da quel convegno”

Il commissario si dissocia dalla Regione. Appello alla comunità lgbt: “Incontriamoci”.

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“Abbiamo chiesto a Regione Lombardia di togliere il nostro logo (dalla locandina del convegno “Difendere la famiglia per difendere la comunità, ndr)”. A parlare è il commissario unico di Expo Giuseppe Sala in un’intervista rilasciata a Repubblica sul numero in edicola oggi.
“Non abbiamo mai autorizzato l’utilizzo del logo di Expo per quel convegno – continua Sala -. Regione Lombardia pensava ci fosse un automatismo sull’utilizzo del simbolo, ma c’è stato un fraintendimento. È arrivato il momento di rivedere il meccanismo perché il nostro marchio non può essere messo in modo indiscriminato su ogni iniziativa”.
A spingere Sala a prendere, finalmente, posizione è stata la protesta nata dopo che Gay.it ha portato all’attenzione di tutti la locandina , resa pubblica dai Sentinelli di Milano, e denunciato l’uso del simbolo dell’Esposizione. Sul web l’indignazione si è diffusa immediatamente e non si è fermata in questi giorni. Centinaia le mail pervenute alla caselle di posta di Expo in cui si chiedeva la rimozione del logo e una presa di posizione chiara e si annunciava il possibile ricorso al boicottaggio. “Abbiamo chiesto a Regione Lombardia di togliere il logo” prosegue Sala che lancia un appello alla comunità lgbt. “Incontriamoci – dice il commissario – e discutiamo di come sia possibile organizzare un coinvolgimento vero in Expo. Vogliamo portare a Milano 20 milioni di turisti ed essere aperti a tutti i mondi”.

MARONI NON CEDE: LA PROTESTA CONTINUA

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Maroni, però, non molla. “Sono due anni che usiamo il marchio Expo per tutte le iniziative e continueremo a farlo” ha dichiarato, sempre secondo Repubblica.
Il commissario Sala non la pensa allo stesso modo e ribadisce che “la Regione si è mossa diversamente dagli altri soci che, come il Comune, chiedono l’autorizzazione per ogni singolo evento”.
Intanto continuano le iniziative di protesta. Al presidio organizzato dai Sentinelli in contemporanea al convegno (il 17 gennaio alle 14 in piazza Città di Lombardia) hanno già aderito 4.600 persone . E il presidio ci sarà comunque perché “non diventa meno grave. Perché lo scandalo di una Regione che si fa complice e benedice un ritrovo di omofobi portatori di messaggi oscurantisti, resterà una pagina nera di cui vergognarsi – si legge sulla pagina Facebook dell’organizzazione -, come cittadini lombardi. Non diventa meno grave perché quel logo non ancora levato, getta su Expo comunque la sensazione di una complicità sottaciuta. Ma almeno tutta la pressione esercitata in questi giorni, lascia una traccia, lascia il segno del valore di una battaglia, condotta davvero in prima linea, prima che diventasse poi patrimonio di tanti altri”.

CERTI DIRITTI SCRIVE AL BIE

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Ieri, infine, l’associazione Radicale Certi Diritti ha scritto direttamente al Bie (Bureau International des Expositions), l’organismo che assegna l’Esposizione e ne sovrintende l’organizzazione, denunciando “a violazione del regolamento per la concessione del patrocinio non oneroso di EXPO MILANO 2015”. Nella lettera, il segretario Yuri Guaiana scrive che “l’obiettivo del convegno, oltre ad essere gravemente offensivo della dignità delle persone LGBTI, sia contrario alle regole per la concessione del patrocinio non oneroso di EXPO MILANO 2015, in quanto non riconducibile a nessuno degli 8 temi e finalità di EXPO e in contraddizione con il principio generale secondo il quale il patrocinio non oneroso va concesso a iniziative di alto profilo culturale, scientifico e/o umanitario, in attinenza con i valori fondanti del BIE”. Certi Diritti, infine, chiede al Bie di intervenire sugli organizzatori di Expo Milano 2015 perché “ritirino il patrocinio al convegno del 17 Gennaio e di ribadire che EXPO è contraria ad ogni forma di discriminazione basata su orientamento sessuale e identità di genere”. Sul caso, ricordiamo, pendono anche interrogazioni presentate da Pd e Sel al Senato e alla Camera, oltre a quella presentata dal M5S alla Commissione Europea.