ROMA – “Anche se private del matrimonio e dei figli, le persone omosessuali hanno pienamente diritto a non sentirsi figli di un Dio minore”. E’ questa la conclusione della riposta che
“Sono credente – afferma ‘una ventennè – ma non capisco l’atteggiamento della Chiesa verso l’omosessualità. Se un giorno troverò una persona con cui costruire una relazione d’amore, io vorrò avere anche dei rapporti fisici. La vita è una e irripetibile: voglio essere libera d’essere me stessa. Senza sensi di colpa, nè paure”.
“Ascoltiamo con rispetto questa voce – risponde il direttore del settimanale – consapevole e dolente per la strada estremamente ardua che le è toccata in sorte. E’ fiera del suo essere – come persona umana, come donna, come donna destinata all’amore, come tutti, anche se per lei non potrà che essere un amore iscritto nella ‘diversita” – pur senza eccedere in quegli accenti provocatori che caratterizzano il ‘gay pride’. Cresce il numero dei credenti che rivendicano, come la nostra lettrice, un’identità omosessuale e l’aderenza alla fede cristiana. Alcune ‘Chiese sorellè hanno aperto, senza condizioni, la porta a questi credenti, ammettendoli anche a compiti di ministero. Non così la Chiesa cattolica. Non per ostilità verso gli omosessuali, ma per fedeltà ad un annuncio che lega l’esercizio della sessualità al matrimonio e alla procreazione. Anche se private del matrimonio e dei figli, le persone omosessuali hanno pienamente diritto a non sentirsi figli di un Dio minore”.