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Festival glbt in trionfo, vince ancora il Sudamerica

Si conclude un’edizione deluxe di alto livello con la giusta vittoria del lesbico “El Niño Pez” di Lucia Puenzo. Il pubblico sceglie l’esotico “Children of God”. Tripudio in sala per Patty Pravo.

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Chiude trionfalmente la 25esima edizione di “Da Sodoma a Hollywood”, il festival glbt torinese che quest’anno segna un aumento del 15% degli incassi rispetto alla scorsa edizione e oltre 40mila spettatori. Madrina d’eccezione della cerimonia di chiusura presentata da un pimpante Fabio Canino , una ringiovanita Patty Pravo dalla pelle di porcellana, accolta dal pubblico in tripudio. “Li amo e loro mi amano” ha ribadito la divina Strambelli deliziando la platea con “Se perdo te”, “Col tempo” e “Pazza idea”, accompagnata al pianoforte da Giovanni Boscariol. Durante la serata è intervenuto anche il regista Fausto Brizzi ‘cooptando’ comparse per la scena del Gay Pride della commedia che sta girando in città, “Maschi contro femmine” con Nicolas Vaporidis, Sarah Felberbaum e Chiara Francini, quest’ultima in un ruolo lesbico. 

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Per la terza volta consecutiva vince il Sudamerica che si accaparra ben quattro premi su sette, a ulteriore dimostrazione di una vitalità espressiva senza pari nel panorama internazionale cinequeer. Le scelte dei giurati nella sezione lungometraggi (Peter Cameron, Ivan Cotroneo, Eytan Fox, Patricia Rozema e Cesare Petrillo) sono impeccabili: vince il premio Ottavio Mai il film più personale e seducente, il thriller melodrammatico “El Niño pez” (“Il bimbo pesce”) di Lucia Puenzo che già non aveva lasciato indifferenti col transgender “XXY”. È davvero nata un’autrice. La motivazione parla di “fluidità e inventiva cinematografiche, narrazione accattivante e originale e attenzione costante ai momenti semplici della vita dei personaggi”. 

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Giusto anche segnalare col Premio Speciale una delle opere più oneste e sincere, la commedia drammatica “El cuarto de Leo” (“La stanza di Leo”) dell’uruguaiano Enrique Buchichio su un ragazzo incerto sessualmente e un’amica depressa, “per la verità, la fresca semplicità e la tenerezza, per la capacità di raccontare un dramma personale e, al tempo, universale senza retorica ed eccessi melodrammatici”. Entrambi sono stati acquistati dalla nuova casa di distribuzione Atlantide Entertainment.

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Il giornalista Rai Giovanni Anversa, l’esperto pasoliniano Massimo Fusillo e il regista Xavier Daniel hanno premiato il documentario argentino “Adopción” di David Lipszyck “per aver scelto un tema controverso come l’adozione sullo sfondo della dittatura militare argentina, affidando una storia vera all’interpretazione di attori eccellenti. La realizzazione filmica contamina i diversi piani del racconto utilizzando inserti in super8, alcuni di grande potenza visionaria, oltre ad una efficace ricostruzione indiziaria degli eventi passati”. Tra i corti in concorso, il belga “Vivre encore un peu…” di David Lambert è stato giudicato il migliore da Massimo Fenati, Zvonimir Dobrovic e Roberto Cuzzillo.

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Il pubblico ha invece preferito il primo film gay realizzato nelle Bahamas, l’esotico “Children of God” di Kareem Mortimer, il doc carioca “Dzi Croquettes” dei brasiliani Alvarez/Issa e il delizioso, scanzonato e stralunante cortometraggio lesbo “La capretta di Chagall” di Silvia Novelli del collettivo BADhOLE che giocava in casa, essendo torinese.
L’ultima proiezione è stata riservata a una commedia degli equivoci americana piuttosto spassosa e irrorata di umorismo yiddish, “Oy Vey! My son is Gay!” di Evgeny Afineevsky. Una famiglia ebrea di Long Island rimane sconvolta dalla scoperta dell’omosessualità del figlio che rivela di essere fidanzato con un italoamericano invece che con la bomba sexy Sybil (la procace Carmen Electra di “Epic Movie”) come invece sperava mamma Shirley (un’esilarante Lainie Kazan). Applausi e risate.

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Si conclude così un’edizione deluxe di alto livello che, grazie al rinnovamento dello staff (Fabio Bo, Angelo Acerbi, Margherita Giacobino, Alessandro Golinelli), è finalmente venuta incontro ai gusti e alle esigenze del pubblico, mantenendo un giusto equilibrio tra ricerca d’autore e cinema più popolare. Purtroppo non ci sono state grandi sorprese o rivelazioni (se l’israeliano Eyes Wide Open fosse stato in concorso avrebbe vinto a mani basse) e non si è voluto rischiare troppo mettendo titoli controversi – che fine ha fatto “J’ai tué ma mère” di Xavier Dolan? – ma ci sembra che l’offerta sia stata quanto mai variegata e sopra la soglia della dignità di presenza. Vincente è stata anche l’idea di segnalare su grandi cartelloni tutte le tematiche presenti nei titoli della sezione-calderone "Binari". Gli unici problemi sono arrivati dal cielo: la nube vulcanica ha fatto impazzire l’ufficio ospitalità e molti registi/attori non sono potuti arrivare o hanno dovuto ritardare il rientro. 

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Nella speranza del rinnovo dei contributi per la 26esima edizione, possiamo segnalarvi che per ora il direttore Giovanni Minerba non ha avuto segnali negativi da nessun esponente della Regione e il nuovo assessore alla cultura Michele Coppola ha incontrato al Museo del Cinema il direttore Alberto Barbera facendogli capire di non essere ostile alla manifestazione. Speriamo che il prossimo anno sia in sala anche lui e il suo posto assegnato non resti minacciosamente vuoto.
Ancora tanti auguri, Togay.