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Finti gay su Facebook per convincere a “farsi curare”

La pagina della Comunità di Sant’Efremo di Napoli lancia strali contro l’omosessualità, colpevole del calo della popolazione sulla Terra. E manda finti gay a fare proseliti. Ma sarà vero?

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Una pagina su Facebook è lo strumento scelto dalla Comunità di Sant’Efremo di Napoli per fare proseliti secondo l’assurda, quanto ormai nota, teoria che dall’omosessualità si può guarire.
Nel caso specifico, secondo Padre Gennaro Esposito, si tratterebbe di dipendenza, come quella che si può sviluppare nei confronti di droghe, alcol, fumo, gioco d’azzardo etc.
La pagina è online dal 21 febbraio scorso e, a quanto pare, sono già tante le segnalazioni giunte a Facebook perché la faccia chiudere. A dichiararlo sono gli stessi amministratori della pagina che invitano i "pederasti" a desistere dato che il gruppo non viola nessuna regola del social network e che, per questo, a dire loro, non sarà mai chiuso.
Ma c’è di più. I presunti adepti della comunità si fingerebbero gay per diventare amici di ragazzi omosessuali e convincerli ad entrare in terapia.

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"Un grazie particolare ai nostri amici che, fingendosi omosessuali, sono riusciti ad ottenere accesso ai vostri profili – si legge sulla bacheca – e ai vostri dati, per convincervi di persona a farvi curare nella nosta sede. La Comunità di Sant’Efremo è anche questo e non si ferma davanti a niente".
La campagna contro la "dipendenza dall’omosessualità" viene alimentata da teorie deliranti come quella secondo la quale i gay sarebbero adesso più diffusi per volere di un presunto gruppo di potenti del mondo che, in questo modo, vorrebbe tenere sotto controllo l’aumento della popolazione della Terra. Non mancano poi i link alle dichiarazioni deisoliti personaggi pubblici come Carlo Giovanardi o Romano La Russa, né le canoniche citazioni del Levitico 18:22 ("Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna. E’ abominio"). Per finire, come immagine di copertina, un paio di occhi di un ragazzo dichiarano: "Ero gay. Nella comunità di Sant’Eframo ho ritovato me stesso".

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Gli occhi sembrano essere quelli di Luca di Tolve, il presunto ex gay che passa da una conferenza all’altra facendosi testimonial e promotore delle terapie riparative.
Tutto secondo le regole, insomma. Fin troppo, forse.
Perché a forza di leggere i messaggi e analizzare la pagina della presunta "Comunità di Sant’Eframo – Settore dipendenza dall’omosessualità" sorge il dubbio che in realtà non ci sia niente di vero e che si tratti di una provocazione o di uno scherzo architettato nei minimi particolari. Mettiamo, ad esempio, che ad incappare nella pagina fosse un ragazzo confuso in cerca di aiuto, che si lasci convincere di essere malato e di avere bisogno di cure (quali, poi, dato che i riferimenti alla terapia seguita sono talmente vaghi da risultare quasi inesistenti).

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Sulla pagina manca ogni tipo di contatto: non un numero di telefono, non un indirizzo, non una email, nonostante si annunci che nuovi ragazzi hanno "bussato alla nostrap orta" e che, dato il successo, "abbiamo deciso di aprire altre sedi in tutta Italia". Difficile in questo modo contattare la comunità guidata da Don Gennaro Esposito, nome talmente comune nel partenopeo da poter essere tanto vero quanto inventato per dare credibilità alla storia. Ma don Gennaro non è solo. Ad aiutarlo c’è anche il sagrestano, Ciro di Pasquale: un altro nome fin troppo diffuso. Un altro indizio? L’immagine del profilo, che sembrerebbe il logo della comunità (foto), risulta presa da un sito argentino (www.angelred.com.ar/) come si legge dal watermark in fondo a sinistra. I messaggi e i link, poi, sono talmente tanto smaccatamente omofobi da risultare dubbi. Certo non sarebbe il primo caso di manifesta omofobia, basti pensare a siti come Pontifex, ma possibile che una comunità così legata alla fede non abbia colto l’occasione della Pasqua (l’ultimo messaggio è del 31 marzo scorso) per lanciare ancora un messaggio ai tanti gay da "redimere" ispirato alla resurrezione? Strano, ma possibile.