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FRANCIA, ORGOGLIO E POLITICA

"Chirac, mantieni le promesse": al Pride di Parigi, i gay francesi non si rassegnano a doversi accontentare di un presidente poco ‘friendly’, per colpa del razzista Le Pen. E chiedono rassicurazioni.

PARIGI – La Gay Pride parigina prende un’aria da sfilata dell’orgoglio repubblicano. Da un lato, per accontentare i sostenitori del politicamente corretto, cambia nome e diventa "Marcia degli orgogli lesbico, gay, bisex e trans", dall’altro sceglie come slogan una delle tre parole fondatrici della Repubblica, quella "Egalité" del trio "Liberté-Egalité-Fraternité" che dalla Rivoluzione ricopre ogni ufficio e documento pubblico.

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Sabato 29 giugno a partire dalle 14 dietro allo striscione "Uguaglianza: perché non noi?", sfileranno decine di associazioni gay parigine, carri di locali e discoteche, ballerini e travestite, piume e paillettes, bandiere arcobaleno e, ovviamente, bandiere tricolori. Blu, bianco, rosso. Da quel famigerato 21 aprile in cui il leader razzista Jean-Marie Le Pen è passato al secondo turno delle elezioni presidenziali, privando la Nazione della possibilità di scegliere un presidente più aperto di spirito, i gay non si rassegnano. In tutte le manifestazioni fino al cinque maggio (giorno del ballottaggio in cui il gollista Jacques Chirac è stato plebiscitato) sono scesi in piazza a battersi il petto per le cattiverie troppo spesso dette sull’onesto socialista Lionel Jospin colpevole di essere troppo "freddo" in pubblico. Se si pensa che per 14 anni hanno avuto come presidente un iceberg come François Mitterrand proprio non si capisce come sia potuto succedere.

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L’eccezione conferma la regola. "Tetù", il giornale gay parigino, già dal numero di giugno è saltato con sospetta rapidità sul carro del vincitore Chirac, flagellando la mancanza di coraggio nel fare ancora di più e ancora meglio di Jospin. Strana politica quella dei gay francesi. Il socialista Mitterrand non fa in tempo ad essere eletto presidente della Repubblica nel 1981 che subito, nell’agosto 1982 cancella le ultime leggi anti-gay e depenalizza l’omosessualità, ancora il socialista Lionel Jospin, capo del Governo dal 1997 al 2002, nel 1999 fa votare le Unioni civili alla francese. La destra nei governi successivi per i gay non fa nulla se non rendere loro la vita difficile e durante il dibattito sul Pacs tira fuori la Bibbia nella laica Assemblea Nazionale, la Camera dei deputati francese. E i gay cosa fanno? La politica del "O tutto o nulla". Per poi sperare di ottenere qualcosa.

I gay sabato torneranno in strada. La vittoria della destra ha dato loro una motivazione politica. Sfileranno contro il vento oscurantista che, dopo aver già spazzato gran parte dell’Europa, tira infine anche sulla Francia. Chiederanno a Chirac di mantenere le promesse che ha fatto loro in campagna elettorale proprio da quel giornale (Tetu) che ora esalta il suo governo che, meraviglia, contiene addirittura un gay dichiarato come ministro della cultura.

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Quali sono queste promesse? Non toccare il PaCS, prima di tutto; e poi far approvare ai deputati, una legge anti-omofobia.

Realizzabile? La prima sì (troppe coppie hanno già firmato un PaCS per cambiare la legge), la seconda probabilmente no se si pensa che il Parlamento dal 16 giugno scorso è tutto dipinto di un blu (399 seggi a destra su 577 totali) che ha rifiutato di entrare nell’arcobaleno Rosso-Rosa-Verde dei partiti sostenitori delle unioni civili.

di Giacomo Leso