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Gay e Giubileo

Dopo le inaccettabili dichiarazioni del Vaticano il Wold Gay Pride di Roma diventa sempre più necessario. Ma non dovrà essere solo una marcia colorata.

C’è poco da giubilare. Il Vaticano colpisce ancora con la sua intransigenza e le sue retrive posizioni nei confronti dei gay. Ma la polemica che è stata sollevata rischia di guastare le feste a tutti, non soltanto a vescovi, cardinali e al papa più retrivo del millennio, quel Woityla che sulle questioni sociali precipita la Chiesa fuori dalla modernità. Il Vaticano, per bocca del cardinale Sodano, è arrivato ad auspicare che la manifestazione dell’orgoglio gay prevista il prossimo luglio in pieno Giubileo venga annullata dalle autorità civili. La proposta è degna di una dittatura e anche controproducente: il World Gay Pride di Roma diventa a questo punto un appuntamento indispensabile non solo per celebrare l’orgoglio gay, ma anche per sottolineare il diritto inalienabile di marciare pubblicamente per le proprie rivendicazioni civili e per ribadire una visibilità che diventa ogni giorno di più un bene irrinunciabile per i gay, un’arma indispensabile per combattere le discriminazioni che ancora dal mondo cattolico impediscono che l’omosessualità sia considerata una scelta di vita condivisibile, un’espressione della sessualità che dovrebbe essere libera di manifestarsi, anziché restare relegata nelle coscienze individuali, e dunque repressa. Ovviamente il governo rifiuta anche solo l’ipotesi di impedire la marcia. Ma dobbiamo stare attenti alle strumentalizzazioni politiche, che da destra cominciano già a farsi strada con proposte come il rinvio di un anno o più del Wold Gay Pride a Roma.

La risposta non può che essere no, perché una proposta del genere riporta a galla il vizio tutto italiano di far finta di niente, del ‘fate quel che vi pare, ma da un’altra parte, lontano dalla gente per bene. Che significa oggi i cattolici giubilanti a Roma, ieri la popolazione di Torre del Lago in Versilia (ricordate il putiferio della scorsa estate?), domani qualcun altro in qualche altro posto. Invece ci siamo, vogliamo essere visti. Attenzione, però: la polemica danneggia anche le comunità gay. A distanza di mesi dalla manifestazione i riflettori si sono già accesi su una parata che sarà anche, inevitabilmente, colorata e stravagante. Sappiamo bene che i mass-media, sia quelli abituati a fare notizia che quelli pronti a strumentalizzare l’evento, fotograferanno e riprenderanno gli aspetti più estremi e folkloristici della manifestazione: piume, strasse, parrucche, tacchi a spillo, borchie, pelle e tute di cuoio. Questo può significare prestare il fianco a discorsi moraleggianti assai discutibili ma che saranno strumentalizzati politicamente. Non spetta certo alle organizzazioni gay, che peraltro non hanno innescato alcuna polemica, evitare le strumentalizzazioni politiche: sarà il governo a districarsi, si spera prendendo posizioni precise a favore dei diritti civili dei gay. Ma forse qualcosa si può fare per far capire agli organi di informazione che il confronto è proprio sul piano dei diritti civili e che il Wold Gay Pride è qualcosa di molto più importante che uno scontro tra sottanone cardinalizie da un lato e una moltitudine di imparruccati dall’altro: ad esempio, i responsabili del World Gay Pride dovrebbero fare di tutto per catturare l’attenzione dei media, prima che con la marcia sacrosanta e colorata, con un discorso culturale come la tavola rotonda delle comunità gay cattoliche di tutto il mondo, che rivendicano il diritto di essere credenti e poter vivere la loro sessualità. Sarebbe un modo più crudo, diretto ed efficace di rispondere, sul piano culturale e politico, alle inaccettabili posizioni vaticane.

di David Fiesoli