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GB: PARITÀ PER LE COPPIE GAY

Verrà presentato a metà settimana nel Regno Unito lo strumento legislativo che riconosce le unioni omosessuali. E per le prossime elezioni, occhio ben aperto sull’elettorato gay.

LONDRA – Settimana chiave per il movimento GLBT britannico, con gran rilievo sui principali quotidiani del fine settimana e nei telegiornali. Mercoledì verrà pubblicato ufficialmente il Civil Partneship Bill, ovvero lo strumento legislativo che conferirà alle coppie gay e lesbiche del Regno Unito la possibilità di registrare ufficialmente la loro unione, esattamente come le coppie eterosessuali possono fare tramite il matrimonio. Si tratta di uno dei più significativi cambiamenti legislativi e con maggior rilievo sociale sin da quando negli anni ’70 fu approvata la legge sulle pari opportunità. La mossa del Governo guidato da Tony Blair è chiara e decisa: tutte quelle coppie che vorranno ufficializzare di fronte alla legge il loro legame avranno la possibilità di farlo, a prescindere dall’orientamento sessuale. Non si tratta di aprire alle coppie composte da persone dello stesso sesso l’ufficio del matrimonio, ma riconoscere pari diritti civili e dignità a tutti i cittadini. “È una questione di uguaglianza – ha detto un portavoce del Governo – Non ci sono favori o privilegi, verrà dato a tutti il diritto di impegnarsi reciprocamente l’un l’altro, con tutte le responsabilità che questo comporta.”
La nuova proposta di legge include la possibilità per le autorità di poter tenere delle cerimonie simili a quella del matrimonio civile, con una dichiarazione cerimoniale reciproca da leggere ad alta voce prima della firma sul libro del registro delle unioni. Il riconoscimento porterà cambiamenti fondamentali anche per quanto riguarda i diritti sulle proprietà, estendendo i privilegi finora esclusivi concessi solo alle coppie eterosessuali, tra cui diritti pensionistici e assicurativi. In caso di morte di uno dei due non si dovranno più pagare le tasse per ereditare beni lasciati dal partner. La palese ingiustizia di quanto iniqua fosse la legge fu ben messa in evidenza dal caso di Trevor Bentham, compagno per ben 22 anni con Sir Nigel Hawthorne, attore di teatro e televisione conosciutissimo in Gran Bretagna. Quando questi morì Bentham dovette pagare una cifra enorme in tasse per poter continuare a vivere nel manoro del 1500 nel quale avevano vissuto per oltre due decadi. Se si fosse trattato di una coppia marito-moglie nessuna somma avrebbe dovuto essere pagata.
Sul fronte dell’opposizione ha creato imbarazzo l’intervista radiofonica rilasciata la scorsa settimana da Andre Walker, dello staff della vicepresidenza del partito conservatore, i Tories. Walker ha detto che il riconoscimento dei cosiddetti matrimoni gay era “profondamente offensivo per le persone religiose” e che l’omosessualità dovrebbe essere “tollerata ma non incoraggiata”. La domanda, chiaramente, è se le credenze religiose di una porzione della popolazione devono ripercuotersi negativamente sulla vita e sui diritti di altri cittadini di uno stesso paese democratico. Mister Walker, bontà sua, ha completato il suo pensiero aggiungendo che le relazioni gay sarebbero “inferiori alle relazioni eterosessuali”. I suoi commenti tuttavia hanno fatto infuriare altri esponenti dello stesso partito conservatore, che si sono affrettati ad organizzare una riunione a Westminster per studiare una strategia volta a presentare un’immagine più tollerante e meno fossilizzata sui cosiddetti valori della famiglia tradizionale. A riprova di ciò una delle candidate principali alle prossime elezioni per ottenere un seggio nella circoscrizione centrale di Londra (Holborn e St. Pancras) sarà Margot James, una donna d’affari apertamente lesbica. Dal canto suo Charles Hendry, portavoce dei giovani Tories, ha dichiarato: “Voglio che i miei figli crescano in un mondo salutare e sicuro, dove possano raggiungere le proprie aspirazioni a prescindere dalla loro sessualità”.
L’attenzione crescente per l’elettorato omosessuale, sia a destra che a sinistra, sembra essere una delle novità di rilievo della prossima campagna elettorale. Stando ad un recentissimo sondaggio on-line lanciato dal sito inglese di Gay.com la maggior parte dei gay, il 68%, ha intenzione di dare il proprio voto al partito liberal-democratico di Charles Kennedy. Il partito laburista del Primo Ministro Tony Blair raccoglie il 15% delle simpatie mentre i Conservatori sono al 5%. Alle passate elezioni alcune ricerche di settore davano circa il 50% del “pink vote” (il voto gay) ai laburisti, circa un terzo ai liberal-democratici e circa il 9% ai conservatori. Evidentemente il partito conservatore ha ancora una lunga strada prima di far dimenticare le proprie posizioni altamente discriminatorie ad esempio come il famigerato comma di legge Section 28, tanto caro a Margaret Tatcher e solo recentemente rimosso.
Quanto sta accadendo nel Regno Unito mette ancora una volta in evidenza lo stato di grottesca arretratezza culturale, sociale e soprattutto politica del nostro paese. Mentre in ambito europeo si vanno riducendo drasticamente le discriminazioni ed espandendo le tutele dei diritti civili delle lesbiche e dei gay, in Italia si tende all’emarginazione e alla non considerazione. Recente l’esclusione da parte del ministro della salute degli omosessuali dal ruolo consultivo nelle strategie per combattere l’Aids e persino nella commissione del Ministero delle pari opportunità dall’estate scorsa non ci sono più esponenti della comunità omosessuale. Alla faccia delle pari opportunità.