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GERUSALEMME: TUTTI CONTRO I GAY

I vertici israeliani, della chiesa ortodossa, cristiana, armena e persino quelli islamici tutti d’accordo: il World Pride è “cosa brutta e cattiva”.

ROMA – La comunità internazionale gay ha in programma per il prossimo agosto un WorldPride festival, con tanto di sfilata, per le vie centrali di Gerusalemme. L’obiettivo dichiarato è quello di affermare la tolleranza e il rispetto della diversità nella Città Santa, patria delle grandi religioni monoteiste. Il paradosso, come sottolinea stamattina il New York Times, è che l’iniziativa è riuscita nell’intento solo a metà: i vertici religiosi risultano ineditamente uniti, questo è vero, ma solo “nei loro sforzi di fermare il festival”.
“Stanno alimentando un dolore profondo e terribile, proprio intollerabile” ha commentato il rabbino capo sefardita Shlomo Amar, in una conferenza stampa cui hanno preso parte anche gli altri due rabbini-capo di Gerusalemme, e i vertici della chiesa cattolica, greco-ortodossa e armena nel Paese, oltre ai leader della comunità musulmana. Il Pride, ha detto Amar, “fa soffrire tutte le religioni. Siamo tutti contrari”. Uno sheikh sufi, Abdel Aziz Bukhari ha aggiunto: “Non possiamo permettere a nessuno di arrivare a sporcare la Città Santa. E’ una cosa brutta e cattiva vedere questa gente arrivare a Gerusalemme”.
Le autorità israeliane non hanno ancora fatto sapere che tipo di provvedimenti prenderanno per bloccare la kermesse. Ma è molto improbabile, a quanto si apprende, che il festival venga messo al bando, anche se il governo potrebbe negare i permessi per singoli eventi, come un eventuale corteo. “Un simile accordo interreligioso è molto raro in Israele” sottolinea a più riprese il New York Times. All’origine del movimento anti-Pride ci sarebbe un pastore evangelico di San Diego, il reverendo Leo Giovinetti, nemico crociato dei movimenti Glbt statunitensi e assiduo frequentatore di Gerusalemme, dove ha stretto contatti e amicizie con rabbini e politici.
Gli organizzatori del “Jerusalem WorldPride 2005” assicurano, dal canto loro, di godere del sostegno di almeno 75 rabbini non-ortodossi che hanno sottoscritto un appello per appoggiare l’evento, e che presto anche gli esponenti delle comunità cristiana e musulmani, oltre ai politici israeliani, seguiranno il loro esempio. I gay hanno espresso stupore sul fatto che l’omofobia sia diventata un elemento di unità fra le fedi, “quasi un valore ecumenico”. “Non ho mai assistito a niente di simile, siamo di fronte al tentativo di globalizzare il bigottismo” ha commentato Hagai El-Ad, direttore esecutivo della Jerusalem Open House, l’associazione gay-lesbo che ospiterà il festival: “E’ davvero triste, oltre che ironico, che questi personaggi religiosi si mettano insieme intorno a un messaggio così negativo”.