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GRAZIE, DOTTOR SESSO

Fu lo scienziato che per primo svelò le vere abitudini sessuali degli americani. Ora la sua vita diventa un film: ‘Kinsey’ con Liam Neeson. Perché i pregiudizi non sono finiti.

Lo chiamavano ‘Prok’, una contrazione di ‘Professor Kinsey’, ed è stata una delle figure più controverse dell’Accademia americana: sessuologo proveniente da studi di biologia (era il più grande esperto mondiale di una varietà di vespe detta ‘delle galle’), Alfred Charles Kinsey rivoluzionò una materia ai tempi ‘scandalosa’ grazie a innovativi corsi sessuali e matrimoniali all’Università dell’Indiana e due best sellers che conquistarono l’America con un impatto paragonato dalla stampa a quello della bomba atomica, ‘Sexual Behavior in the Human Male‘ del 1948 e cinque anni più tardi ‘Sexual Behavior in the Human Female‘.

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Presentato in anteprima nazionale per il pubblico a Torino in un’affollata proiezione organizzata dal Festival Gay ‘Da Sodoma a Hollywood’ e dalla Twentieth Century Fox, arriva venerdì nelle sale, un mese dopo aver chiuso il Festival di Berlino, ‘Kinsey‘ di Bill Condon, regista dell’intenso ‘Gods and Monsters’ sulla vita del regista gay James Whale grazie al quale vinse l’Oscar per la migliore sceneggiatura.
Biopic di stampo abbastanza classico, ‘Kinsey‘ ci consegna un interessante ritratto a tutto tondo di una personalità bizzarra e anticonformista, entusiasta del proprio lavoro, amante di sua moglie Clara Bracken McMillen ma attratto anche dai ragazzi: lui stesso si definisce un ‘3’ nella celebre scala Kinsey che divideva in sei livelli la propensione verso l’identità e il comportamento omosessuale (1 corrisponde a ‘esclusivamente eterosessuale’ e 6 a ‘esclusivamente gay’).
Liam, splendido ‘Dottor Sesso’

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Il ‘Dottor Sesso’ è interpretato con molta finezza da Liam Neeson (‘Schindler’s List‘), capace di giocare con abilità understated sull’ingenuità del personaggio (e il non farne un agiografico eroe, rischio massimo per una cinebiografia, è il migliore merito del regista) come quando si fionda in un bar gay di Chicago a caccia inopinata di indiscrezioni al bancone sulla vita sessuale degli avventori. E in camera, a sorpresa, si lascia baciare profondamente dal suo collega intervistatore Clyde Martin (Peter Sarsgaard, dall’espressione un po’ bollita) rivelando la sua bisessualità fino ad allora in realtà abbastanza repressa.

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«Liam è una forza della natura – ha dichiarato il regista – ma è un gigante buono, con la straordinaria capacità di trasmettere la complessa vita intima di qualunque personaggio interpreti». Lui, Neeson, è stato subito attratto dal ruolo del protagonista: «Mi è piaciuto che Kinsey abbia visto questo enorme vuoto nella conoscenza umana e deciso di porvi rimedio, a prescindere dalle polemiche che ne sarebbero derivate. Fondamentalmente ha mostrato al mondo che ciò che pensiamo la gente faccia e ciò che la gente fa realmente sono due cose molto, molto diverse. Più di tutto mi ha colpito il suo senso di rispetto per gli individui e per la loro unicità».
Scusi, lei quanto sesso fa?

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La parte più interessante del film sono proprio le lunghe e dettagliate interviste che sono alla base del lavoro sistematico di Kinsey e rivelano la scientificità apparentemente arida delle sue ricerche: i risultati venivano compilati su una facciata di un unico foglio, le risposte erano cifrate e le tecniche di approccio facevano uso dei migliori metodi (di allora) per mettere a proprio agio l’interlocutore e fargli rivelare i più profondi segreti in materia sessuale. Si avvicendano così arcaiche coppiette timorose, padri di famiglia incuriositi, persino un pedofilo con prestazioni sessuali da record, fino all’ultima intervistata, una strepitosa Lynn Redgrave nei panni di una lesbica realizzata sentimentalmente che ringrazia Kinsey per “averle salvato la vita” E non sono casuali i camei di Tim Curry, l’indimenticato Frank’n’Furter del ‘Rocky Horror Show’ nel ruolo di un machissimo oppositore di Kinsey, Thurman Rice, e come cliente nel locale gay di John Epperson, più noto come Lipsynka, storica drag queen del Club ’57 e del Pyramid di New York.

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Ciò che funziona meno in ‘Kinsey‘ sono il contesto storico, interamente trascurato, e soprattutto il rapporto con la moglie Clara, una leziosetta Laura Linney, con cui non viene elaborata la bisessualità del marito (e resta poco più di un gioco l’apertura della coppia con Clyde che se la porta a letto con l’assenso di Kinsey) e la cui trasgressività a proposito di sesso resta a un livello troppo larvale per essere credibile. Anche con le figlie disinibite verbalmente e con l’unico figlio maschio più riservato l’analisi dei rapporti resta in superficie, ed è un peccato: ma ‘Kinsey‘ resta un documento importante e da vedere su un personaggio che ha contribuito a dare uno scossone alla falsa anima puritana dell’America.