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I candidati lgbt al parlamento. Pd E Sel parlano arcobaleno?

Con le primarie di Pd e Sel, il 29 e il 30 dicembre, il centro-sinistra è chiamato a scegliere chi correrà per le prossime elezioni politiche. E c’è anche spazio per i diritti lgbt.

Si arriva di corsa alle primarie di Pd e Sel, proprio a ridosso di Capodanno. Con il fiato corto,  gli “aspiranti onorevoli” di Partito democratico e Sinistra Ecologia e Libertà proveranno a racimolare, il 29 e 30 dicembre, un numero sufficiente di voti per ottenere un posticino nelle liste elettorali e, poi, dare battaglia con la campagne elettorale per un seggio in Parlamento alle elezioni politiche del prossimo febbraio.

Con queste primarie, o “parlamentarie” come sono state chiamate dai giornali, il centro-sinistra, rivolgendosi direttamente agli elettori per la definizione delle candidature, deciderà i nomi e cognomi del 90% dei propri parlamentari, mentre i restanti saranno nominati. Ma tra le festività, il meccanismo complesso della candidatura e del voto, la confusione che alberga tra gli schieramenti, non ci sono stati che una manciata di giorni per i papabili per condurre micro-campagne elettorali: un piccolo anticipo, che si è riversato soprattutto sul web, di temi, idee, opinioni di quella che si preannuncia come una combattuta campagna elettorale. Una tornata elettorale nella quale i diritti di gay, lesbiche e trans saranno certamente al centro dell’attenzione e del dibattito: la prossima legislatura, considerante anche le pressioni interne e internazionali, dovrebbe essere finalmente, il condizionale è d’obbligo, quella che troverà finalmente una sintesi sui diritti. Il problema è se si tratterà di una sintesi al ribasso o al rialzo.

E con un centro-sinistra che parte favorito per sedere nel prossimo Governo (a meno di sorprese), e che in molti dei suoi esponenti di primo piano, si è mostrato ostinato nell’opporsi alla piana parità per gay, lesbiche e trans queste “parlamentarie” assumono un valore tutto particolare. Più candidati laici e intenzionati a garantire i diritti lgbt si siederanno in parlamento, più ampia sarà la possibilità di approvare leggi arcobaleno. E a proporsi (anche) per tenere alta la bandiera dei diritti lgbt c’è una piccola, ma agguerrita truppa di candidature gay visibili. Per tutti, senza distinzioni, la soluzione all’annosa questione dei diritti negati è limpida: matrimonio per tutti, unioni civili, tutele ai figli delle coppie omosessuali e iniziative a pioggia per salute della comunità lgtb e la riduzione delle difficoltà delle persone sieropositive.

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Per il Partito democratico, il cui segretario Pier Luigi Bersani si è detto favorevole alle unioni civili sul modello tedesco, correrà Enrico Pizza che vuole, con un programma molto generalista, tra l’altro “ridare credibilità alla politica”.

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Per Sinistra Ecologia Libertà, il cui leader Nichi Vendola si è espresso favorevolmente al matrimonio gay, si candida a Padova Carlo Cremona, Presidente Associazione i Ken ONLUS, a Napoli. A Milano, infine, è candidato Alessandro Golinelli.

E nonostante il numero di candidati visibili non sia entusiasmante, un altro dato di rilievo emerge da questa consultazione. Ad intercettarlo la nuova dirigenza di Arcigay, che con un articolato questionario diffuso nei giorni scorsi, ha provato a raccogliere il “sì” dei candidati alle “parlamentarie” ai diritti lgbt. L’analisi dei risultati definitivi, con un sito che rappresenterà in embrione un monitoraggio dei politici italiani nel rapporto con le tematiche lgbt, sarà diffusa solo domani. Siamo in grado di anticipare che, oltre 70 candidati a queste primarie, in meno di due giorni, ci hanno tenuto a esprimere, da tutta Italia, un sì trasparente al matrimonio tra persone dello stesso sesso e un sì secco all’estensione della legge mancino all’omofobia e alla transfobia. Solo qualche dubbio e qualche perplessità è espressa da una minoranza di candidati sull’adozione alle coppie dello stesso sesso. Ma l’ampiezza del consenso su questi temi percepiti come molto a sinistra, dovrà di certo far riflettere tutto il centro-sinistra.

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Su queste consultazioni restano comunque alcuni toni d’ombra. Tra riserve, deleghe, firme e obblighi non si presentano alle “parlamentarie” due candidati di peso come l’onorevole Paola Concia che si reputa una candidatura di respiro nazionale (“Io non sono legata a un particolare territorio, come altri miei colleghi: le battaglie contro l’omofobia e per i diritti gay vanno da Bolzano a Palermo e ora invece mi dovrei reinventare come candidato territoriale” dichiarava a “Il Corriere della Sera”) e Ivan Scalfarotto, vice presidente del partito. Non correranno a differenza delle aspettative della vigilia, anche militanti di partito lgbt di lungo corso come Aurelio Mancuso, Alessandro Bandoni (“avendo assistito a candidature e proposte di candidature di personalità per l’ ennesima volta riciclate e solo con il puro intento di “rottura” e “danneggiamento” dell’ unità del Pd non posso che ritirare la mia candidatura”, dichiarava a Il Tirreno il 20 dicembre scorso) e Daniele Viotti. Ci sarà spazio per qualcuno di loro in quel listino di nominati?

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Staremo a vedere, mentre registriamo che correranno eccome invece, tra gli altri, sontuosi avversari omofobi dei diritti lgbt come Beppe Fioroni. Insomma la strada per i diritti lgbt è ancora tutta in salita.

di Stefano Bolognini