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«I DICO NON SERVONO»

Da Presidente della Camera a femme fatale di Cosantino. Da Cat Woman a paladina dei consumatori. Passando da Vallettopoli. Irene Pivetti ci parla della sua ennesima nuova vita.

Ieri Presidente della Camera, oggi in televisione con ‘Tempi Moderni’, «un bellissimo programma giornalistico molto popolare che si mette sempre ostinatamente dalla parte del consumatore, dell’utente del servizio». La camaleontica Irene Pivetti ha cambiato stile di vita, lavoro e look, non senza polemiche. Ma lei risponde con garbo e senza scaldarsi troppo. Il sorriso è la sua arma migliore. E con lei abbiamo parlato anche di Vallettopoli.

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Eccola, la più giovane donna a ricoprire il ruolo di Presidente della Camera. Che ricordo ha di quel periodo?
Ho un ricordo di una grande intensità, come di un periodo vissuto con una concentrazione assoluta. Se dovessi ricordare un episodio mi viene in mente un sabato a casa, negli anni in cui vivevo da sola a Milano, mentre stiravo una camicia, perché in quel periodo facevo i mestieri da me. E mentre stiravo stavo pensando ad una questione che c’era in ballo con la Corte Costituzionale. E nel riflettere su una così importante questione, mentre facevo le faccende domestiche, mi è venuto da ridere. Ecco, questo è un po’ il parametro della mia presidenza.
Tanti anni di vita politica, poi il cambio radicale, da molti preso non bene. Le sono piovute addosso moltissime critiche. Perché?
Perché l’Italia è strana. È un paese in cui si rimprovera la gente perché non dà mai le dimissioni, ma appena trovi uno che le dà, dici che è un cretino. Sa qual è la verità?
No, me lo dica lei…
La gente che critica vuole le dimostrazioni di forza, non vuole l’onestà e la trasparenza di cui parla. Desidera che uno dimostri di essere più prepotente e più forte, e allora lo stima.
Lei, invece, ha deciso di lasciare spazio ad altri e di misurarsi in un settore totalmente nuovo…
Certo, ma se uno ragiona così e dice: ‘io ho fatto il mio tempo, ho dato il mio, adesso è giusto che dia qualcun’altro ed io mi ritiri invece di, tra l’altro, essere un parassita a spese dello Stato, mettendomi sul mercato, e lavorando a mio rischio’, allora questo atteggiamento non è capito.
Forse perché in Italia non si è poi così liberi di fare delle scelte?
Si, senz’altro. Soprattutto se sono scelte che mettono in discussione dei valori più intimi e delicati.

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Molto critiche le sono piovute addosso per quel suo servizio fotografico con Costantino Vitagliano, e anche quello che la ritraeva in abiti da Cat Woman. Un immagine di Irene Pivetti, lontana anni luce da quella che aveva da Presidente della Camera. Perché questa metamorfosi radicale, cosa è cambiato in lei?
Io ero molto formale, durante la mia presidenza, perché prima di tutto era il mio dovere. Mi vestivo e mi comportavo come un militare in divisa. Quelli erano i miei abiti da Presidente. Cessato il ruolo, sarei stata una mitomane pazza se avessi continuato a comportarmi così; in più la natura ha provveduto donandomi maggiore maturità ed equilibrio, ed una maggiore libertà di giocare con me stessa.
Com’è nata l’idea di un servizio fotografico col bel Costantino?
La storia di Costantino è stata un divertente gioco pensato da mio marito. Il servizio di Cat Woman è stata un’altra idea fotografica divertente, anche se non era un servizio posato, ma era semplicemente la pubblicità di RadioMonteCarlo, che tra l’altro è stata in televisione per mesi prima di essere pubblicata. La cosa divertente è che io, come tutti gli altri volti di Rmc, ero vestita da supereroe. Questo servizio ha fatto il botto (ride, ndr). Forse se c’avevo la ‘panza’ facevo meno scalpore!
In questi giorni non si fa che parlare di Vallettopoli…
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In questi giorni non si fa che parlare di Vallettopoli, e dei due indagati eccellenti: Fabrizio Corona e Lele Mora. Lei Mora lo conosce bene. Che idea si è fatta di tutta questa vicenda?
Io conosco Lele, non conosco Corona. Mora è più un padre che un agente con le persone che si affidano a lui. Non tanto con me, quanto con tutte le ragazze e ragazzi che fanno parte della sua agenzia. Sicuramente lui paga uno stile di vita considerato urtante per il buon senso di certi perbenismi. E paga un’altra cosa, e cioè l’aver dato fiducia a chi forse era giusto che stesse nella sua vita privata ma, magari, se vuole, sarebbe stato meglio tenerlo lontano dalla sua vita professionale, perché Corona ha uno stile che è estremamente aggressivo. Sinceramente però non ho ben capito dove sia il reato penale in tutto questo.
Dunque lei difende Mora, mentre addebita la colpa al comportamento di Corona, se non ho capito male?
Dico solo che, da un punto di vista deontologico, sono due stili diversi. Lele è un gran signore, Corona un po’ meno. però Lele paga moltissimo per avere sovrapposto il proprio sentimento di affetto e di amicizia per questo ragazzo con gli affari. Lele è un uomo potente, ha molti nemici, e quindi non gli è parso vero a tanti di buttarsi su questa cosa.
A Mora sono state attribuite storie omosessuali con Costantino, con Daniele Interrante, storie di orge e festini…
Io queste cose non le ho viste. Se per caso ci sono state qualcuno mi deve spiegare perché sono materie da magistratura. Non capisco perché anche tutti i giornali se ne occupano.
È un po’ arrabbiata con l’accanimento della stampa nei confronti di Mora?
No, dico solo a tutte queste riviste gossippare che adesso sparano su Lele, ma si ricordino cosa devono a Mora in termini di produzione della loro materia prima?

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Ma secondo lei c’è anche da leggere in questo accanimento nei confronti di un uomo potente, ma anche dichiaratamente gay, un attacco al mondo omosessuale?
È possibile che ci sia anche questo, ma non mi permetto di parlare io dei costumi e dei gusti sessuali di Lele, che del resto lo ha fatto in diverse occasioni. Ed è giusto che continui ad essere lui a dire con chi va o non va. Però sicuramente il suo stile di vita, tutto compreso, è considerato deprecabile.
Deprecabile perché?
Guardi, è la sindrome della lettera scarlatta. Qualcuno dei suoi lettori si ricorderà il romanzo di Hawthorne su questa donna costretta a portare per tutta la vita una lettera rossa disegnata sul petto, una A, perché è stata adultera ed ha concepito una bambina nata da una bellissima storia d’amore. Ecco su gente come Lele bisogna cucire una bella lettera scarlatta, perché tutti sappiano che così non si fa.
Lei ha fatto parte in passato di una certa destra, la stessa che oggi si oppone ai DiCo. Condivide la loro posizione?
La posizione della destra è una scelta politica. Io, però, non sono portavoce della destra, le posso invece dire qual è la mia posizione. Io continuo a non capire affatto a cosa servano i DiCo per le coppie che possono accedere al matrimonio civile, io davvero non riesco a capire. Il matrimonio religioso, ovviamente, è una scelta ed un fatto di fede, ma il matrimonio civile è un contratto con diritto di recesso, senza neanche proporre la motivazione, per cui non vedo il motivo del DiCo. Vedo i DiCo come una specie di schiaffo al matrimonio.

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E per le coppie omosessuali?
Nel caso delle coppie gay il ragionamento che faccio è un altro. Ci sono alcuni omosessuali che desiderano una stabilità nei loro affetti. Per queste persone non c’è uno strumento civile per riconoscere questo affetto. Allora forse non i DiCo, perché potremmo discuterne anche il contenuto, però anche un’altra cosa avrebbe senso, perché non c’è alternativa. Una coppia gay non può sposarsi civilmente, mentre una coppia etero può, e non capisco perché la discussione debba essere la stessa sia per gli etero che per gli omosessuali.
Favorevole dunque al riconoscimento dei diritti per le coppie di fatto omosessuali?
Si, sono favorevole al riconoscimento pubblico dei diritti delle coppie di fatto omosessuali, perché credo che sia giusto aiutare ed incoraggiare chi desidera una stabilità negli affetti.
Ci sono omosessuali che fanno parte stabilmente della sua vita?
Si, ho moltissimi amici, soprattutto nell’ambiente televisivo, a parte che c’erano pure prima. I miei primi amici gay erano una coppia, amici dei miei genitori, che tra l’altro, per quanto ne so io, stanno ancora insieme adesso e hanno gli stessi anni dei miei genitori.
Visto che abbiamo affrontato temi molto impegnativi, per concludere questa intervista facciamo un giochino, quello della torre, scegliere chi buttare e chi salvare. Va bene?
Si, va bene.

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Vladimir Luxuria o la Gardini?
Eh, mannaggia! (ride, ndr) Se Vladimir Luxuria si sogna di venire a fare la pipì nel bagno delle donne lo butto giù perché non può venire a dire che va nel bagno delle donne perché è più pulito. Io sono rimasta male, non tanto perché Luxuria era nel bagno delle donne, ma perché la motivazione era quella. Non vale! Perché allora così qualunque deputato potrebbe venire nel bagno delle donne perché pulito. (non trattiene le risate, ndr)
Cecchi Paone o Sgarbi, riferendomi ai loro continui litigi televisivi?
A me stupisce molto Cecchi Paone perché ovviamente le intemperanze di Sgarbi le conosciamo già. Alessandro, da qualche tempo a questa parte, ha preso delle furie che stento a riconoscerlo. Tutti e due hanno trasceso, si sono sbracati in un modo non bello.
Grazie
Grazie a voi.
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di Michele Sabia