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Il bullismo omofobico esiste e questo libro lo dimostra

Lo studio sul linguaggio giovanile nel libro di Dario Accolla rivela la realtà scolastica

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Da circa 660 giorni la legge contro l’omofobia giace dimenticata in Commissione Giustizia del Senato. Tra le stanze di Palazzo Madama solo alcuni echi delle voci insensate di quei detrattori che rinnegano l’esistenza di quel fenomeno che, almeno una volta nella propria vita, tutte le persone LGBT hanno sperimentato: l’omofobia.
Un fenomeno, quello dell’omofobia, che assume i connotati del mostro quando lo scenario in cui si manifesta è quello delle aule scolastiche, con buona pace di chi tenta di impedire in tutti i modi l’introduzione dell’educazione alle differenze nella scuola pubblica. Ed è proprio sul fenomeno del bullismo omofobico che si concentra l’ultima fatica editoriale di Dario Accolla, linguista, blogger, scrittore e anche insegnante, da poco andata alle stampe.
Per dare un nome e un cognome a questa omofobia rinnegata dai movimenti anti-gay, Accolla ha condotto una lunga e faticosa ricerca linguistica tra gli studenti delle scuole italiane da nord e sud.
“Omofobia, bullismo e linguaggio giovanile” (Villaggio Maori Edizioni , 2015, 196 pagine, 15 euro ), è un’opera che saprà sicuramente far parlare di sé, che mette in luce come gli adolescenti percepiscano in modi nettamente diversi l’omosessualità e la transessualità e come esistano numerosi modi (nel bene e nel male) di definire l’omosessualità e la transessualità nel linguaggio giovanile.

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La trattazione inizia dai fondamenti storico-culturali dell’omofobia, partendo dalla sua genesi e dalla sua evoluzione, per poi passare alla ricerca sull’attualità tramite una raccolta di dati ottenuti grazie ad un questionario anonimo somministrato ad una popolazione di adolescenti dai 13 ai 20 anni, e terminare con la descrizione del quadro che i dati definiscono e con quello che, quotidianamente, nelle scuole si tenta di fare per contrastare il fenomeno.
Nove le città coinvolte: Torino, Milano, Padova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania, Cagliari.
Il test segue indicazioni metodologiche di studi precedenti ed è stato somministrato online ad un campione selezionato attraverso una serie di stringenti criteri, come l’età e l’aver frequentato la scuola nelle città prescelte. Ai fini dell’analisi socio-linguistica si è tenuto conto anche di scritture spontanee rivenute in forum di discussione sul web come Facebook o Ask.com. Su un totale di 333 questionari somministrati, 172 sono stati sottoposti a studenti nel Nord Italia (51,65%), 74 al Centro (22,22%) e 87 al Sud (26,13%). Precisiamo che questi dati sono frutto di una nostra aggregazione e che nel volume vengono riportati distinti per aree geografiche più specifiche. Venti le domande proposte per classificare il campione e trovare corrispondenze tra età e provenienza territoriale e sociale.

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Abbiamo scelto di non dilungarci troppo sulle modalità di somministrazione dei test, lasciando al lettore il piacere della scoperta, in quanto l’autore riesce a riportare lo svolgimento, i criteri e i presupposti in maniera tanto dettagliata quanto semplice.
Vogliamo piuttosto concentrarci sulla tesi che l’autore fa sua nel libro e che supporta in maniera abbastanza accurata, cioè che la parola è poietica e quindi creatrice, oltre che descrittrice, della realtà. Questo è uno dei presupposti della ricerca. E sebbene la fetta di popolazione considerata possa apparire ad un occhio inesperto come poco rilevante e far ritenere che alcune forme linguistiche meno frequenti siano irrilevanti o poco diffuse, come sostiene Accolla, se un fenomeno linguistico si manifesta, esiste. Se esiste, aggiungiamo noi, interpretando alcuni risultati della ricerca, si insinua latente nei meandri della coscienza e falsa la percezione che si ha di sé, dell’altro e del mondo in generale. Corrode la capacità critica dell’individuo, corrompe la corretta visione del mondo, porta a pregiudizi e stereotipi e irrompe al di fuori quando si è di fronte al “diverso”. Sin da piccoli gli individui si ritrovano ad assorbire pregiudizi e stereotipi di genere e li cristallizzano nella coscienza, imparando quale sia la sessualità considerata normale e quale sia quella, invece, vista come al di fuori della norma. Per anni vivono conoscendo solo la distinzione binaria “maschio-femmina” in chiave eterosessuale, assumendo che sia l’unica possibile.

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Gli anni dell’adolescenza sono gli anni di scoperta del diverso, sia perché si manifesta in carne ed ossa, sia perché, in qualche modo, si manifesta attraverso l’istruzione. È proprio qui che la paura e il sentimento di “sopravvivenza” e di protezione di quella visione del mondo che l’individuo si è costruito sin dall’infanzia genera odio distruttivo che porta al bullismo.
Esemplare una risposta al test che riporta:
“Oggi a scuola la professoressa di italiano ha detto che delle fonti storiche ipotizzano la bisessualità di Cesare e due mie compagne di classe hanno commentato immediatamente con un “bleeeah” che esprimeva disprezzo”.
Dario Accolla, che è ormai alla quarta pubblicazione, dimostra che la teorizzazione dei fenomeni riguardanti la comunità LGBTQI è ancora possibile e, anzi, è indispensabile. La lotta alle discriminazioni, è vero, si combatte in piazza. Quella, però, è una condizione necessaria ma non sufficiente affinché la si vinca. Ogni rivendicazione deve essere supportata da basi teoriche. Perché l’omofobia e il bullismo omofobico esistono e questo testo, finalmente, lo dimostra.

di Marco Mancini