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Il debole e frettoloso Pegaso d’Oro 2010

Ha suscitato molte polemiche l’assegnazione del premio a Iva Zanicchi per il ruolo interpretato in “Caterina e le sue Figlie”., quando avrebbero potuto esserci candidature più significative.

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È ormai da diversi decenni che in varie parti del mondo la comunità lgbt assegna dei premi ai personaggi del mondo dello spettacolo che si distinguono per il loro approccio gay friendly e per il loro apporto alla causa gay. All’estero iniziative di questo tipo vengono prese molto seriamente, tant’è che generalmente se ne occupano associazioni come l’americana GLAAD, che il cui compito specifico è quello di monitorare i media, e che quindi assegnano i suddetti premi con rigore e senza scendere a compromessi. Il risultato è che questi premi sono diventati dei riconoscimenti molto ambiti da tutto lo star system, che peraltro è ben consapevole del peso che può avere il pubblico gay, soprattutto se è in grado di fare un’azione di gruppo (o lobbying, come si dice oggi). In Italia qualcosa del genere si è iniziato a fare con il Pegaso d’Oro assegnato da Arcigay, che nel 2009 è andato a Simona Ventura e nel 2010 a Iva Zanicchi (mentre una speciale tessera onoraria Arcigay è stata assegnata a Lella Costa).

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Il premio a Iva Zanicchi, nello specifico, ha sollevato diverse polemiche, visto che le è stato assegnato per il personaggio di Liliana (madre di un ragazzo gay con tanto di marito spagnolo) nella fiction Mediaset "Caterina e le sue figlie", e per aver dichiarato pubblicamente che per lei l’omosessualità non è una malattia. Qualcuno ha storto il naso, visto che in un certo senso si è premiata "Liliana" e non Iva Zanicchi, che comunque si è limitata a difendere la categoria dei gay a titolo personale in un salotto televisivo e non – ad esempio – nel suo ruolo politico di europarlamentare. Sicuramente lo star system italiano non pullula di personaggi gay friendly, ma analizzando i palinsesti televisivi ci sono stati personaggi che effettivamente hanno fatto qualcosa di più, e non ci riferiamo solo a Barbara D’Urso e ai suoi grotteschi salotti gay friendly, che troppo spesso finiscono per fare ulteriore confusione nel pubblico.

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Rita Dalla Chiesa, ad esempio, nelle ultime edizioni di Forum ha moderato con garbo e partecipazione un numero crescente di dibattiti relativi a cause che vertevano su tematiche omosessuali, solidarizzando apertamente con le rivendicazioni della comunità lgbt. Inoltre ha sempre lasciato spazio ai gay dichiarati del pubblico in studio, e ha persino dato la parola agli omosessuali che lavorano dietro le quinte della trasmissione (come quando un suo cameraman ha voluto parlare del proprio coming out), senza contare che le sentenze espresse dai giudici possono anche orientare il pubblico gay su una serie di questioni attorno alle quali regna ancora troppa confusione.

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Se si volesse passare a trasmissioni che si rivolgono a un target "giovane" perché non considerare Le Iene di Italia Uno, che da anni non si fanno problemi a realizzare servizi di denuncia contro le discriminazioni omofobe e gli atteggiamenti anti omosessuali della società e delle gerarchie cattoliche? E, per restare in tema di Italia Uno, perché dimenticare che Piero Chiambretti – pur lasciando La7 – ha continuato a porsi in maniera gay friendly e, in questa stagione del suo Chiambretti Night, ha persino provato a realizzare delle puntate speciali dedicate alla comunità omosessuale?

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Se poi si fosse voluto dare al Pegaso d’Oro un taglio più impegnato si sarebbero potuti considerare anche i giornalisti di RaiNews, che non si sono mai fatti problemi a dedicare ampi servizi di approfondimento sulla realtà lgbt e i suoi protagonisti, non omettendo mai quelle notizie gay che generalmente vengono escluse dai notiziari delle reti tradizionali. E che dire di Camila Raznovich, che nelle quattro edizioni del suo talk show Tatami (in seconda serata su Raitre), ha sempre riservato uno spazio di riguardo agli argomenti lgbt?

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Tuttavia il Pegaso d’Oro è andato a Iva Zanicchi, peraltro senza coinvolgere in alcun modo la comunità lgbt (non era possibile assegnare il premio tramite un bel sondaggio online, anche solo per rendere più partecipe il pubblico e fugare ogni dubbio?), ed è comprensibile che più di qualcuno sia rimasto deluso. Non è questa la sede per discutere le motivazioni (reali o presunte, politiche e non) che hanno portato alla premiazione di Iva Zanicchi, tuttavia è evidente che assegnare l’unico premio italiano di questo tipo in base alla pubblicità offerta dal personaggio di richiamo, e non per i meriti di chi si è realmente impegnato, ne sminuisce il valore simbolico, e sicuramente non rende merito a tutte quelle persone di spettacolo che si schierano dalla parte di gay e lesbiche perché ci credono davvero, magari rischiando in prima persona e beccandosi dei richiami dall’alto. Forse nella prossima edizione del Pegaso d’Oro bisognerebbe tenerne conto.

di Valeriano Elfodiluce