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IL GAY DIETRO LA MASCHERA

“Lontano dal Paradiso” da oggi nelle sale, è il film gay di Natale: Dennis Quaid nei panni del marito con la doppia vita, rivela il bigottismo della società americana. E conquista pubblico e critica.

Anni ’50, che passione. Dopo le otto charmantissime madames di François Ozon, ecco un altro bel film ‘di una volta’ dedicato al decennio postbellico, l’atteso ‘Lontano dal Paradiso’ (Far from Heaven) di Todd Haynes, uno dei più sperimentali e innovativi registi ‘indie’ – cioè indipendenti – americani, autore di interessanti film queer come ‘Poison’ e ‘Velvet Goldmine’. Da non lasciarsi sfuggire perché ‘Lontano dal Paradiso’, nelle sale dal 20 dicembre, è il film gay di Natale e inoltre poiché arriva sotto gli allori incensanti di una critica umanime (in America più di 50 riviste specializzate tra cui le prestigiose ‘Premiere’ e ‘New York Post’ gli hanno assegnato quattro stelle). A Venezia è stato accolto benissimo e ha vinto due premi, la Coppa Volpi come miglior attrice a Julianne Moore e il premio per il contributo artistico individuale come miglior fotografia a Ed Lachman, regista di ‘Ken Park’.

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Haynes rivisita e aggiorna un grande genere hollywoodiano, ultimamente tornato di moda, il melodramma domestico, quei grandi ‘film per donne’ che hanno fatto la fortuna di John Stahl (Femmina Folle, Al di là delle tenebre) e soprattutto Douglas Sirk, dalla vedova Jane Wyman innamorata del giovane giardiniere Rock Hudson di ‘Secondo amore’ al rifacimento del film di Stahl ‘Lo specchio della vita’ sul tema razziale (e Sirk rifece nel 1954 anche ‘Al di là delle tenebre’ grazie a un produttore gay dichiarato, Ross Hunter, che fece di Hudson una star). Qui Julianne Moore è Cathy Whitaker, una rispettata casalinga borghese di Hartford, Connecticut, con marito a capo di società che vende televisori, la Magnatech, due figli splendidi e cameriera nera al seguito. Sembra una vita perfetta, la sua, ma sotto la lucida superficie di agiatezza si nascondono segreti e sofferenze: il marito, interpretato dal mascolino Dennis Quaid (clicca qui per la galleria di foto), è gay e ha un amante, mentre l’amicizia di Cathy col pacifico giardiniere di colore è fonte di maldicenze presso le amiche bigotte che si scandalizzano e iniziano a emarginarla. Quando Cathy scopre il tradimento del marito il mondo le crolla addosso (e per lui si annuncia una terapia psicanalitica ‘correttiva’). “A quel tempo l’omosessualità veniva considerata una malattia” puntualizza Haynes “perfino nei circoli più civili e ben educati, considerarla tale era il modo più tolllerante per giustificarla. Tuttavia, quando ho fatto ricerche sull’omosessualità e i trattamenti dell’epoca, sono rimasto sorpreso. Si penserebbe che negli anni ’50 adattassero trattamenti shock e tutte quelle cose orribili e terrificanti, perché pensiamo agli anni ’50 come ad anni repressivi. In realtà, risultano dei grandi cambiamenti già alla fine degli anni ’40: in alcuni trattati dei dottori sostengono che l’omosessualità non è una malattia, ma una condizione che non si può veramente cambiare. Quindi erano molto più avanti di quanto pensassi.”

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Il regista è stato inoltre soddisfatto della scena con bacio gay girata da Quaid: “non c’è stato nessun problema con Dennis nel girare la scena. Al primo ciak era, come dire, un po’ troppo mascolino. Gli ho detto di essere più semplice, tenero e romantico. Cosa più difficile e forse più timorosa da farsi, ma è stato grande”. “L’omosessualità” aggiunge “pur se dietro le quinte, era certamente presente nelle produzioni dei film come discutibilmente lo era nell’estetica di molti registi di ‘film per donne’ come George Cukor e Vincente Minnelli. Pur se tematicamente ristretta, l’estetica gay o femminile era libera di permeare lo stile visivo generoso di questi film: i costumi, i colori, le fastose decorazioni. ‘Far from Heaven’ porta invece in superficie quello che prima era nascosto sotto e spingeva”.
E l’estetica del film è infatti particolarissima: colori vivi e saturi, come il più fulgido e suggestivo dei technicolor dell’epoca, espressivi e densi in funzione delle emozioni dei personaggi. Contributo fondamentale i curatissimi costumi di Sandy Powell, premio Oscar per ‘Shakespeare in Love’.
‘Far from Heaven’ è inoltre prodotto, oltre che da Steven Soderbergh e George Clooney, dalla Killer Films di Christine Vachon a cui va il merito di aver permesso la realizzazione di alcuni tra i più interessanti film gay degli ultimi anni (Stonewall, Postcards from America, Hedwig).
Dell’interpretazione ‘di una carriera’ della bella Julianne, che è rossa di natura ma qui ha usato una parrucca bionda per assomigliare ancor più alle dive dei melodrammi dell’epoca che erano quasi tutte bionde, già si parla di nomination all’Oscar.