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Incidente Spanair: come scrivere che la vittima è gay?

Il mondo dell’informazione non sa come gestire che lo stewart morto nel disastro aereo di Madrid è gay, unito al compagno e con un figlio. E un giornalista attacca: lo avete trasformato in icona gay.

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Domenico Riso aveva quarantuno anni, un sorriso timido e molti sogni. Domenico amava volare. Era per questo che nel 1997 aveva lasciato il suo paesino vicino a Palermo e da allora viveva a Parigi. Domenico faceva lo steward per l’Air France. E mercoledì era su quel maledetto volo che da Madrid lo avrebbe dovuto portare in vacanza.
Domenico, ormai lo sanno tutti, era gay. Peccato che ancora una volta i giornalisti italiani si sono dimostrati quasi sempre incapaci di gestire con sobrietà un semplice e incontrovertibile dato di fatto: Domenico aveva un compagno (Pierrick) che amava e assieme a lui allevava un figlio, Ethan, tre anni.

La notizia sui quotidiani

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La parola "compagno" è comparsa solo dopo due giorni sul Corriere della Sera. Prima il quotidiano di via Solferino aveva parlato del "suo amico più amato", e La Stampa – forse giocando con l’ambiguità del francese – del "suo amico".
Per sollecitare il sano pietismo patriottico, però, non bastava questa tragedia (tre persone morte, e fra loro un bimbo): Domenico,  imbarcato come "niño" perché aveva una tariffa agevolata, non era un sano maschio pater familias. La sua infatti è solo una "famiglia" fra virgolette, per Repubblica, come se fra due uomini e un bambino non potesse esistere una "vera" famiglia. Tanto più se Domenico voleva bene a Ethan: «lo amava come se fosse anche suo figlio, fino al punto di allestirgli una stanzetta tutta sua che aveva riempito di giochi». Non proprio suo figlio, dunque, ma "come se" fosse suo figlio. "Fino al punto" da fare quello che fanno tutti i genitori: allestire con amore una stanza per il proprio bambino. Anche il Corriere è d’accordo: vivevano assieme in un appartamento fuori Parigi, "come fossero una famiglia fra tante, con il bambino da tirare su assieme".

Merlo su Repubblica

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Giusta quindi l’indignazione di Franco Grillini e dell’Arcigay: in Italia parlare di una persona che formi una famiglia con una persona dello stesso sesso, "addirittura" con un bambino, è tabù. Ma Francesco Merlo, giornalista della Repubblica questo non lo ha capito. Dalle pagine del suo quotidiano scrive che Domenico è stato trasformato in "icona gay", un concetto che se non fosse offensivo per una persona morta tanto tragicamente sarebbe ridicolo. E non ha capito – o fa finta di non aver capito – che chi ha trattato da icona Domenico, "strumentalizzandolo", sono stati i giornali che ne hanno dipinto un quadro ridicolo.

La famiglia e il paese di Domenico
Molti hanno sostenuto che i due compagni avevano diritto al "riserbo", perché come scriveva il Corriere quel giorno, la loro peccaminosa convivenza "non è sfuggita alle malelingue di Isola delle Femmine", il paesino d’origine di Domenico. "Due uomini che vivono assieme, si sa, sono fonte di chiacchiere e in paese non sono certo le chiacchiere che mancano – continua il quotidiano milanese -. Se poi c’è di mezzo un bambino piccolo, amatissimo da tutti e due e che per Domenico era come un figlio, si può arrivare fino ai pettegolezzi più velenosi".

Ma il bello, invece, è che i famigliari parlano della coppia in termini affettuosi e niente affatto scandalizzati. Ecco cosa dice il suo omonimo cugino: «Quando siamo andati a Parigi a trovarli ci siamo divertiti un mondo con quel bimbo. E Domenico stravedeva per lui». E ancora: «Mio cugino era una persona dolcissima, solare, e così mi ricordo anche Pierrick. Era un ottimo cuoco e teneva la casa come una reggia: quando capitava di essere suoi ospiti ti faceva sempre trovare un paio di pantofole nuove di zecca».

Quanto al paese, il sindaco si dichiara orgoglioso perché Domenico "era uomo di mondo". Il padre, invece, un pescatore pensionato effettivamente non era informato, o preferiva non parlare della vita privata del figlio, dato che – come ci informa La Stampa – "finora non aveva mai avuto il coraggio" di andare a trovarlo a Parigi.
Allora, se davvero si voleva giustamente rispettare la privacy della famiglia, bene ha fatto il Sole 24 Ore che sobriamente ha scritto: "C’è anche un italiano tra le 153 vittime dell’incidente aereo all’aeroporto di Madrid. Si tratta di Domenico Riso, 41 anni, steward dell’Air France che viveva e lavorava a Parigi dal 1997".

Non è necessario che tutto il mondo conosca i fatti personali di Domenico Riso, ha ragione Merlo. Ma se invece proprio li vogliamo raccontare (e questa è una scelta dei giornali, non deve per forza essere così), per favore iniziamo a imparare a farlo con rispetto. Se Francesco Merlo, anziché accusare Grillini e la comunità gay di omofobia (per aver tirato fuori la questione) e di razzismo (per aver detto che purtroppo in paesi piccoli del sud e del nord Italia è difficile essere gay con questo clima culturale, di cui Merlo è autorevole esponente), si sforzasse un po’, siamo certi che riuscirebbe a capire. L’Italia, purtroppo, è il paese dove anche un barbaro assassinio come quello di un architetto romano la settimana scorsa, è "un omicidio maturato nell’ambiente gay". Si sa, nel mondo omosessessuale di lustrini e pallettes,  "maturano" solo sangue e "amicizie" dubbie. È questo, caro Merlo, quello che il padre di Domenico Riso non avrebbe voluto ascoltare. È questo il "pudore familiare" da rispettare.

di Luca Tancredi Barone