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Israele: alleanza interreligiosa contro Gay Parade

Un rabbino capo, esponenti dei vari patriarcati della città santa e un anziano leader musulmano si sono riuniti per lanciare una campagna ontro la ‘Gay Parade’ prevista per quest’estate a Gerusalemme.

GERUSALEMME – Un rabbino capo, esponenti dei vari patriarcati della città santa e un anziano leader musulmano si sono riuniti per lanciare una campagna mondiale interreligiosa contro la ‘Gay Parade’ prevista per quest’estate a Gerusalemme.
L’insolita alleanza, nata dalla convinzione che una la sfilata rappresenti un affronto alla sensibilità religiosa di milioni di persone in tutto il mondo, ha già ottenuto l’appoggio di più di 30 parlamentari di vari schieramenti politici e punta a raccogliere un milione di firme contro la ‘Jerusalem World Pride 2005’.
L’unica nota stonata, per i promotori della crociata anti-gay, il mancato appoggio del sindaco di Gerusalemme Uri Lupolianski. Il primo cittadino, infatti, benchè sia un ebreo ortodosso assolutamente contrario all’evento, ha preferito evitare il coinvolgimento nella battaglia, non vedendo di buon occhio la ccoperazione degli ebrei con esponenti religiosi cristiani. La sua presa di posizione non è però risultata gradita a molti in campo ebraico, stando alle dichiarazioni del rabbino di New York Yehuda Levin, appartenente all’ortodossa ‘Rabbinical Alliance of America’: “Come primo sindaco ortodosso di Gerusalemme, Lupolianski ha l’obbligo di andare avanti e prendere posizione per opporsi a questo evento, e non a nascondersi dietro le gonne degli altri”.
Un inconsueto aiuto è arrivato invece alla parata gay dall’Israele’s Masorti Movement, un gruppo conservatore che si è detto a favore della manifestazione, asserendo che “in passato abbiamo sostenuto il diritto di tenere la locale parata gay nella città santa, e oggi continuiamo ad appoggiare il diritto di tenere un simile evento a Gerusalemme anche a livello internazionale, come simbolo della tolleranza e del pluralismo della città”.
La polizia starebbe considerando la possibilità di chiedere agli organizzatori di posticipare la manifestazione, che dovrebbe svolgersi in concomitanza con il ritiro dalle colonie di Gaza e parte della Cisgiordania, cioè in un momento in cui le forze dell’ordine saranno oberate di lavoro.