L’Italia candidata alle Olimpiadi del 2024. Ad annunciarlo, ieri pomeriggio, è stato lo stesso premier Matteo Renzi che ha spiegato di essere d’accordo con il Coni con il quale lavorerà per presentare la candidatura entro il 2015. E se da molte parti (molti organi di stampa, nonché l’opopsizione e qualche dissidente interno) l’annuncio è stato bollato come “l’ennesimo spot”, “un modo per far vedere che lui è glamour”, “una cosa a cui non crede nemmeno lui e che mette in ombra perfino Mafia Capitale”, c’è un dato che vale la pena sottolineare.
Al netto del fatto che, forse, prima di imbarcarsi un’impresa come le Olimpiadi, che comporta appalti e investimenti, sarebbe il caso di preoccuparsi che cose del genere in questo paese siano fattibili in modo trasparente, chiaro e pulito (c’è chi dice che il malaffare già scaldi i motori), ci sarà anche da fare i conti con le ultime modifiche al regolamento del Comitato Olimpico Internazionale.
Il nuovo regolamento del Coi
Appena qualche giorno fa, infatti, l’articolo 6 del regolamento è stato emendato aggiungendo le discriminazioni contro l’orientamento sessuale tra i motivi di esclusione di un paese dal “movimento olimpico”. La novità arriva dopo i contestatissimi Giochi Invernali di Sochi, ma potrebbe riguardare
anche l’Italia. Certo, all’ombra del Colosseo nessuna legge punisce la “propaganda omosessuale”, ma non c’è neanche alcuna legge che tuteli le persone lgbt dalla violenza e dalle discriminazioni omofobiche, oltre al fatto che, come sappiamo, nessuna legge riconosce il alcun modo le coppie gay e lesbiche, negando così pari diritti e uguaglianza a una buona fetta di cittadini e cittadine di questo paese.
L’Italia più indietro dei concorrenti sui diritti civili
I rapporti annuali dell’Ilga Europe , ma anche gli ultimi dati diffusi dall’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali , denunciano l’arretratezza dell’Italia in temi di diritti civili. Il Coi ne terrà conto nel valutare le candidature? Perché, tra l’altro, si vocifera che potrebbero provarci anche la Francia e la Germania, che anche su questi temi sono avanti almeno di un paio di decenni, rispetto all’Italia.