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L’omaggio a Marcellona e a Lucio Dalla al 32° Torino Film Festival

Al TFF (21-29 novembre) i doc di Cangelosi e Sesti. Ferzan Ozpetek presidente della giuria

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Forse non tutti sanno che Marcella Di Folco, non più con noi da quattro anni, storica attivista lgbt, Presidente del Movimento Identità Transessuale e consigliere del Comune di Bologna, “mamma di tutte le trans” come la definì Anna Paola Concia, ebbe una fulgida carriera cinematografica da caratterista tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta oltre ad avere lavorato per anni nel leggendario Piper Club. Fu scoperta per caso da Fellini che la volle nel Satyricon, in Roma e Amarcord, dove interpretò nientemeno che il principe Umberto di Savoia. Ma lavorò, tra gli altri, anche per Rossellini, Risi, Petri, Sordi. Ne ricostruisce vita, opere e missioni (artistiche nonché politiche) il documentario “Una nobile rivoluzione” di Simone Cangelosi che sarà presentato sabato 22 al 32° Torino Film Festival (21 – 29 novembre). È coprodotto da Kiné insieme a Pierrot & La Rosa con la collaborazione della Cineteca di Bologna che lo distribuirà nelle sale.

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Si preannuncia un’edizione rigorosa e cinefila, senza madrine né tappeti rossi, per la neodirettrice Emanuela Martini che promette “meno cinema orientale, molti film di genere e storie di coming of age” in un festival che conserva la sua anima di ex Cinema Giovani rivolta alla scoperta di nuovi autori – in concorso solo opere prime, seconde o terze – pur rinunciando a due preziose sale (perde le tre del Lux per recuperare quella del Cinema Classico ex Empire) e a 200.000 euro del budget dell’anno scorso, già risicato, di 2,4 milioni. Il Gran Premio Torino andrà a quel ‘british excentric’ di Julien Temple, in perenne oscillazione tra finzione e documentario, maestro del video musicale e un debole non celato per il punk (si potrà rivedere il cult del 2000 “The Filth and the Fury” dedicato ai Sex Pistols).
Dal punto di vista queer ci sembra interessante soprattutto dal punto di vista dei documentari: oltre al lavoro di Cangelosi, spicca “Senza Lucio” di Mario Sesti che, secondo Emanuela Martini, “racconta Dalla in maniera non scontata” attraverso le testimonianze del fidanzato Marco Alemanno e di amici e colleghi tra cui Piera Degli Esposti, Renzo Arbore, Charles Aznavour, John Turturro e Isabella Rossellini.

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“Tutto il film nasce dal desiderio di condividere il ricordo di chi ha conosciuto Lucio Dalla – ha spiegato Mario Sesti –. Come dice Marco Alemanno nel film: ‘Sono stato la persona che Lucio ha voluto vicino a sé per tanti anni, non voglio tenere questa esperienza così fortunata chiusa in un cassetto’, ma la verità è che, quando è morto, anche tutti noi ci siamo sentiti come se avessimo perso qualcuno che ci era da sempre molto vicino”. Nella sezione più sperimentale, ‘Onde’, si potrà vedere “This is the way” di Giacomo Abbruzzese sulla diciottenne olandese Joy che racconta la sua vita attraverso uno smartphone: nata grazie all’inseminazione artificiale, ha due madri lesbiche, due padri gay, un fidanzato e una fidanzata.
Passando ai film di finzione, viene annunciato come una bizzarria surreal-kitsch lo spagnolo “Stella cadente” di Luis Miñarro sull’incoronazione a Re di Spagna del venticinquenne Amedeo di Savoia il cui assistente gay è interpretato da Lorenzo Balducci (si parla di una scena trash-cult in cui si masturba con un melone).

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Le ragazze non si perdano invece in concorso l’inglese “The Duke of Burgundy” di Peter Strickland, mélo erotico dalle parti di Emmanuelle ma esclusivamente saffico (nel film non appare nemmeno un uomo) in cui Cynthia, una ricchissima collezionista di lepidotteri – il titolo si riferisce a una specie rara di farfalle – intraprende nella sua fastosa magione immersa nel verde una morbosa relazione sadomaso con giovani cameriere tra cui la sottomessa Evelyn. Anche qui un’insolita scena di sesso – in questo caso pissing orale – rischia di rimanere impressa e turbare il pubblico. La critica britannica l’ha accolto molto bene: sia Il Telegraph che il Guardian gli danno quattro stellette su cinque. Tra i classici da non perdere il dimenticato “Baal” diretto da Volker Schöndorff per la televisione tedesca e tratto dall’omonima pièce di Bertold Brecht, in cui Rainer Werner Fassbinder interpreta un poeta eremita dalle tendenze autolesioniste, travolto da un amour fou devastante (nel cast ci sono anche Margarethe Von Trotta e Hannah Schygulla). La vedova del commediografo ne ostacolò la visione per più di quarant’anni e solo di recente è stato restaurato e recuperato dall’oblio.

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Tra i titoli ‘straight’ da non perdere, segnatevi il buon western classico “The Homesman” di Tommy Lee Jones che avevamo visto a Cannes, la nuova commedia sentimentale di Woody Allen “Magic in the Moonlight” (anche se è un Allen minore, grazioso ma un po’ fiacco) con Colin Firth nei panni di un mago che cerca di smascherare una giovane medium interpretata da Emma Stone ma se ne innamora, nonché l’atteso “La teoria del tutto” di James Marsh con Eddie Redmayne già in zona Oscar per la sua interpretazione del fisico Stephen Hawking colpito da una malattia degenerativa.
Si inaugura venerdì 21 novembre all’Auditorium Giovanni Agnelli con la commedia francese “Gemma Bovery” di Anne Fontaine con Fabrice Luchini e Gemma Arterton su un panettiere che s’invaghisce della nuova vicina di casa e si chiude con l’on the road “Wild” di Jean-Marc Vallée (“C.R.A.Z.Y.”, “Dallas Buyers Club”) con Reese Witherspoon in camminata solitaria sul Pacific Crest Traile dal confine con il Messico a quello canadese.
Ferzan Ozpetek presiederà la giuria del concorso lungometraggi, affiancato dal cineprogrammatore inglese Geoff Andrew, l’attrice Carolina Crescentini e i registi Debra Granik e György Pálfi.