“Nuis suma nen cupiu” si leggeva su uno striscione appeso tra due balconi di un elegante palazzo di Piazza Castello. A pensarci bene poteva tranquillamente sfilare con noi, quello striscione: perché di ‘nen cupiu’, di ‘non finocchi’, ce n’erano un sacco a garantire il successo di questo Pride torinese.
Dagli ‘Etero con voi’ alle famiglie con bambini che sfilavano giulive come – anzi, con più divertimento – a un Carnevale fuori stagione e un tantino inatteso, al mix di vespisti (onorati dal Pride con la canzone ’50 Special’ di Cremonini), ‘topolinari’ e bersaglieri che hanno intrecciato i loro percorsi, alle migliaia di curiosi che facevano sfumare i contorni del corteo infinito vanificando l’ossessivo interrogativo: etero o gay? E dire che alla partenza gli animi orgogliosi non erano certo confortati da quella pioggerella delle 15.30 che verso le 16 si è fatta più fitta e ha costretto molti a ripararsi sotto i portici di via Cernaia (compreso un ramingo Capezzone). Poi, verso le 17.00, la benedetta schiarita e al lento comporsi della doppia testa del corteo (da una parte le majorettes dorate, la banda di Nichelino – e il gonfalone c’era, grazie nichelinesi! – il carro del Pride + Togay pronto a ruggire dall’altra) ecco far finalmente capolino quel pallido sole che sa di speranza e che ha garantito un tempo ideale – ah, quell’insinuante scirocco – fino all’arrivo in Piazza Vittorio con cielo quasi terso.
Che festa, questo Pride. Un Pride sobrio e rilassato – i sessanta figuri di ‘Forza Nuova’ con prete lefebvriano annesso han fatto poco più di una comparsata in Largo Sempione – e forse addirittura troppo, poiché c’è chi si aspettava qualche guizzo creativo in più nell’allestimento dei carri e nel tono delle scritte sui cartelli (il più bello rimane quello dell’Agedo ‘Etero o gay, sempre figli miei’ mentre il ‘Razi… lo vuoi capire che ci piacciono i c…’ si poteva francamente evitare). E così lo spirito deviante ed eccentrico l’han garantito le raeliane gold a torso nudo, la coppia leather schiavo-padrone – quieta come pensionato e cagnolino, comunque – i trans in età relegati in fondo al corteo con tette budinose al vento che sotto il vestito proprio non riuscivano a stare ma erano perturbanti quanto un soufflé venuto non troppo bene. Ma forse, per la prima volta in un Pride, il messaggio è davvero passato: altro che trasgressione, siamo qui per i diritti.
E allora grazie a Luxuria in sari rosa quasi castigato, a una Pollastrini solare, a Vendola, Pannella
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E allora grazie a Luxuria in sari rosa quasi castigato, a una Pollastrini solare, a Vendola, Pannella, Capezzone, Vattimo, Pezzana e quant’altri. “Quanti? Quanti?” ci si chiedeva affannati quando, giunti in Via Po, non si vedeva dove finiva la fiumana di gente festante. Centosettantamila, avrebbero poi detto gli organizzatori, centomila per la Questura tra astanti e partecipanti, questi ultimi tra i quaranta e i cinquantamila. Un trionfo. Con gente che ballava su balconi e sui tetti, persino un audace carabiniere (più ‘Carramba’ che ‘caramba’) che si è affacciato sorridente a una finestra dell’austera Caserma Cernaia tra il tripudio generale. Arrivati a destinazione nell’immensa Piazza Vittorio la dispersione c’è poi stata, e il concerto della brava Antonella Ruggiero (col corollario delle atmosfere esotiche di Simona Salis e i ruggiti militanti di Valentina Gautier) non è stato però molto seguito e il pubblico, in particolare, non ha apprezzato le modulazioni acutissime delle sue canzoni indiane, un po’ fuori target.
La festa finale da happening techno nello spiazzo ‘blindato’ al Parco della Certosa di Collegno con musiche di Resident Virus, Superpippo e Moira ha fatto la gioia di 10.000 discotecari anche se le difficoltà nel raggiungerla – code infinite con attraversamento del parco al buio – hanno reso l’impresa ardua per chi non è arrivato con un certo anticipo (e onestamente si sarebbe dovuto informare il pubblico del costo di 12 euro). Così molti hanno poi optato per la controfesta ai Murazzi o il lussurioso Special Naked Party in sauna.
Una Torino così gaudente e colorata non la si vedeva dalle Olimpiadi – oddio, adesso mica si riaddormenterà per anni? – e se il grande assente, il sindaco Chiamparino (“Chiamparino dove sei? Oggi Torino è con i gay!”) ha rappresentato l’unica vera nota stonata della giornata, uno spettatore silente e immobile, verso il crepuscolo, ha invece dato un senso profondo a questo Pride memorabile: la Mole Antonelliana illuminata di rosa. Per tutti, ‘cupiu’ e ‘nen cupiu’.