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LA CHIESA CHE NON AMA I GAY

Per il vescovo di Pistoia, riconoscere le coppie gay – vero svilimento della mascolinità – equivale a consentire la pedofilia e la mafia. Per quello di Isernia, è un’offesa alla legge.

PISA – Due alti prelati della Chiesa cattolica hanno espresso negli ultimi giorni dure condanne verso il riconoscimento delle coppie omosessuali. Il vescovo di Pistoia, Simone Scatizzi, che in passato ha avuto posizioni molto moderate e aperte verso la comunità glbt, ha deciso di scendere in campo contro la approvazione da parte del consiglio comunale pistoiese del registro delle unioni civili, aperto anche alle coppie omosessuali. «Se il criterio dei consiglieri è stato quello di regolarsi sulla domanda di una minoranza – scrive Scatizzi in una lettera indirizzata ai politici – a quando il consenso per la pedofilia, le organizzazioni mafiose, il terrorismo come rivendicazione, la violenza fisica per farsi valere, la guerra preventiva eccetera?».

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Ma a rischio, secondo il vescovo toscano, c’è anche l’identità maschile, già messa a dura crisi secondo i dati in suo possesso: in questo quadro «ogni forma che incoraggia lo svilimento della mascolinità e la confusione di genere è incomprensibile». E Scatizzi sa per certo che «non sono le leggi di Zapatero che potranno migliorare la situazione».
Ignorando decenni di studi non ancora approvati a soluzioni condivise, il prelato afferma categoricamente che «le persone omosessuali per motivi di Dna sono una piccolissima minoranza», mentre «la grande maggioranza degli omosessuali sono il prodotto di un contesto socio-culturale: femminilizzazione della società, gli uomini spendono più delle donne per cosmetici, depilazione, chirurgia estetica ecc… bisessualità conclamata, esperienze negative nell’infanzia, mancanza di formazione all’amore e alla sessualità, orgoglio gay».
Monsignor Scatizzi stila una lista di 18 domande da sottoporre ai consiglieri. Tra queste: «Mi si dica, incentivare la soppressione fra maschile e femminile è una conquista civile o non piuttosto un inquinamento della realtà naturale? Esiste un’etica naturale a cui fare riferimento?». La lettera culmina nell’affermazione che «i partiti che fanno certe scelte… vedi nazismo, comunismo, fascismo, liberismo selvaggio… finiscono col provocare soluzioni opposte, anche se non condivisibili».

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Il secondo attacco viene dal vescovo di Isernia, Andrea Gemma: «Dare il titolo di famiglia alle coppie gay – dice il prelato – è un’offesa gravissima. Una offesa nei confronti di quelle famiglie che sono tali sia secondo la legge di Dio che secondo la legge civile».
Il refrain è il solito: «Ho detto tante volte che non si deve giudicare nessuno – si giustifica il vescovo – e probabilmente chi ha quella tendenza sessuale la riceve direttamente dalla natura, ma non si può pretendere che il legislatore trasformi in un diritto ciò che lede un diritto altrui. La famiglia è il nucleo centrale della società ed è difesa dalla Sacra Scrittura – ha continuato – un ruolo che ha sempre avuto: pensiamo alle varie civiltà del passato, anche alle più primitive. Il desiderio di avere un padre e una madre è insito nel nostro cuore. Chi può negarlo?».
Con un bizzarro paragone, Monsignor Gemma precisa anch eil suo pensiero riguardo al movimento gay: «Ognuno può pensare e agire come vuole – ha spiegato – Dio ci ha resi liberi di fare quel che ci si sente di fare purché siano rispettati i diritti sacrosanti acquisiti da parte tutti gli altri. Dio permette, ad esempio, ai ladri di far quello che fanno ma questo non vuol dire che si faccia bene a rubare in quanto si va a ledere il nostro diritto ad avere una proprietà».
Il vescovo della Diocesi di Isernia ha, infine concluso: «Ciò che io non condivido è la pretesa di vedere equiparate queste coppie alle famiglie regolari. Si tratta di una pretesa ingiusta. Pensiamo anche alle conseguenze di tutto ciò, come alla possibilità di adozione. Io dico date a queste coppie tutti i diritti ma non chiamateli famiglia, non chiamate la loro unione matrimonio perchá è un’offesa a chi ha una vera famiglia, un matrimonio ben fatto secondo la legge di Dio e la legge civile».

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Infine si leva la voce del Prefetto del Tribunale della Signatura Apostolica, cardinale Francesco Maria Pompedda, che in un’intervista con “Il Mattino”, critica la posizione di apertura verso i Pacs assunta dal leader dell’Unione Romano Prodi: «I cosiddetti Pacs, non sono altro che un matrimonio simulato ed è per questa ragione che la Chiesa vi si oppone sul piano dei principi. Non è mio costume scendere nell’agone politico. Mi limito ad affermare che le unioni tra omosessuali o regolate dai Pacs secondo il modello francese non sono altro che un matrimonio simulato che la Chiesa non può accettare dal punto di vista morale».
«Conosco bene quanto avvenuto in Spagna, Canada e in altri Paesi – ha aggiunto il cardinale giurista Pompedda – e che cosa sono i Pacs in Francia. Ma la Chiesa rimane legata al principio secondo cui il matrimonio avviene soltanto tra uomo e donna nel rispetto della loro diversità e insieme, nel potenziamento della loro reciprocità». «Delle soluzioni vanno trovate, ma non equiparando la convivenza della coppia omosessuale con quella eterosessuale. Ciò non toglie – ha aggiunto – che, sul piano pastorale, la Chiesa debba favorire la comprensione e il rispetto per chi vive esperienze come l’omosessualità e la transessualità».
Le parole di dura condanna dell’omosessualità da parte di esponenti delle gerarchie cattoliche sono talmente frequenti che quasi non fanno più notizia. Ma danni quelli sì, li fanno eccome. Radicalizzano lo scontro, danno voce a diffusi sentimenti omofobici e non è da escludere che rendano più plausibili anche comportamenti aggressivi nei confronti degli omosessuali, come quello che è costato la vita a Paolo Seganti lo scoros 11 luglio a Roma. Senza voler assegnare ai prelati colpe dirette nelle vicende criminose che vedono vittime gli omosessuali, è però certo che i rappresentanti della Chiesa hanno – come d’altra parte rivendicano – un ruolo attivo nella negazione dei più elementari diritti dei gay e delle lesbiche italiani.
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