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La cinemoda del momento? Il triangolo “lesbisex”

Da Woody Allen a ‘The Garden of Eden’ di John Irvin, presentato al Festival di Roma inaugurato ieri, impazza l’eros a tre, due donne e un uomo. Rivoluzione bisex? Macché, solo ammiccante pubblicità.

A qualcuno piace "lesbisex". Sul grande schermo impazza una nuova moda erotica: il triangolo isoscele formato da due donne e un uomo. Ne avevamo già parlato nella recensione di Ex Drummer, in cui lo scrittore protagonista invitava nel suo elegante appartamento con vista panoramica su Ostenda la moglie con una frivola amichetta; e rieccolo nel nuovo Woody Allen, Vicky Cristina Barcelona, una commediola senza infamia e senza lode immersa in una caramellosa fotografia mielata.

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La turista americana Cristina dal broncio facile (Scarlett Johansson, un po’ stropicciatella) si ritrova, durante un viaggio di piacere a Barcellona, in un casalingo ménage à trois col pittore divoragonne Juan Antonio (Javier Bardem, spesso inquadrato in modo da apparire più alto della sua vera statura) e la disturbata ex moglie dalle tendenze suicide Maria Elena (Penelope Cruz, sbattuta e pazza come in Non ti muovere). Apertura a un nuovo stile di vita queer? Rivoluzione bisex? Macché. È solo pubblicità ammiccante. Infatti la strombazzatissima scena del bacio tra le due ultradive dura solo qualche secondo nella pruriginosa luce rossa di una camera oscura e si ripete con triplo schiocco binario in presenza di Bardem ma non porta a nessuna significativa riflessione esistenziale sull’argomento. Sembra davvero solo un’operazione di marketing per solleticherare il pubblico etero maschile (fantasia classica: uomo adulto con bionda e bruna) anche perché l’unico dialogo a riguardo coinvolge il marito dell’amica Vicky (Rebecca Hall, guarda caso molto in ombra nella promozione del film pur essendo la coprotagonista, proprio per evidenziare lo speziato triangolo) che chiede a Cristina se è bisessuale scatenando solo fastidio perché lei non vuole sentire parlare di ‘etichette’.

Nonostante i dialoghi arranchino un po’ – mancano le battute fulminanti tipiche del regista – e lo spot "pro loco" alle zone più turistiche di Barcellona e Oviedo sia troppo cartolinesco, Vicky Cristina Barcelona resta comunque per ritmo e scorrevolezza una spanna più su delle ultime, annacquate commedie di Allen (Scoop, Anything Else, Melinda e Melinda), anche se noi continuiamo a preferire la svolta noir di Sogni e delitti ma soprattutto di Match Point, il migliore film di Allen dai tempi del sublime Crimini e Misfatti

Il trend "lesbisex" continua nello storico The Garden of Eden di John Irvin tratto dall’omonimo romanzo di Hemingway, che sarà presentato domenica durante la terza edizione del Festival Internazionale del Film di Roma inaugurata ieri con l’italiano L’uomo che ama di Mariasole Tognazzi e assai avara di film queer (da segnalare solo la presenza di Gus Van Sant per il suo frammento Mansion on the hill nel collettivo 8 sul tema della povertà globalizzata).

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Anche per The Garden of Eden l’attenzione dei media si è focalizzata sul bacio saffico tra le due protagoniste – anche qui una bionda e una bruna – coinvolte, nella Costa Azzurra degli anni ’20, in un torrido triangolo col marito scrittore di una delle due. Lui è il belloccio Jack Huston (Factory Girl), in un ruolo secondario c’è l’amata Carmen Maura mentre le superstar di turno sono la lolita Mena Suvari (American Beauty) in versione platinata e l’ex Bond girl sarda Caterina Murino, una delle nostre attrici più esportabili e con più personalità, attualmente nelle sale col capriccio pop di Corsicato ‘Il seme della discordia’. Ieri sera a Ottoemezzo la Murino, in collegamento da Parigi dove vive, ha ribadito la

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naturalezza con cui ha girato la scena incriminata e qualche imbarazzo per le scene di nudo. Tra i pettegolezzi da jet set, ha inoltre dichiarato di essere rimasta lusingata per i complimenti di George Clooney sulla sua avvenenza. Già al Corriere della Sera aveva dichiarato: «Sono orgogliosa di questo film. È bello agli occhi, ha un segno estetico forte. Dividerà, ci saranno discussioni, lo so. Tutti mi parlano di questo bacio saffico. Con Mena ci siamo divertite. Quel bacio non lo trovo forte ma dolce. Se devo baciare sullo schermo un uomo o una donna non c’è alcuna differenza. Il regista John Irvin, guardando il monitor, continuava a dire: ancora, ancora! A un certo punto gli ho detto che se non la smetteva me ne sarei andata».

Insomma, pur di parlare di un film si cerca lo scandalo a tutti i costi puntando sul triangolo "lesbisex", trasgressivo con moderazione. Eppure è come se la cultura queer, in questo caso, rimanesse fuori dalla porta: è il marketing, bellezza!