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LA “FINESTRA” DEL TEST

Quando essere sicuri che il test ELISA dica la verità? Quanto deve passare dal contagio affinchè possa essere rilevato dalle analisi? Le risposte dell’esperto.

Buongiorno.
Ritorno ad un argomento che spesso affrontate ed avete affrontato in passato, perchè ho un dubbio che non riesco a chiarire, neppure leggendo tutte le Vostre risposte a nuove e vecchie domande.

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Brevemente. L’argomento è il virus HIV, e più strettamente i test ELISA.
Se ho rapporti di cui dubito potere essere stato contagiato, e me ne accorgo, diciamo, a gennaio, faccio un primo test (se non ho capito male non ha molta importanza farlo subito). Ora, supponendo sia negativo, faccio un secondo test a distanza di tre mesi (Aprile).
Supponendo anche questo negativo, devo fare un ulteriore test dopo altri tre mesi (Luglio) per evitare di cadere in un falso negativo dovuto al “periodo finestra”.
Così mi pare di avere capito, ma non ci metterei la mano sul fuoco.
Quello che Vi chiedo però è questo: il test di Aprile (tre mesi) cambia il numero delle possibilità che ho di essermi infettato? Eventualmente, c’è uno studio probabilistico in questo senso? Dà qualche sicurezza nell’attesa del test dei sei mesi, quello di Luglio?
In breve Vi chiedo un approfondimento su questo arco temporale detto “periodo finestra”.
Oppure, non ci sono dati a disposizione?
Grazie per i Vostri eventuali chiarimenti e grazie per l’ottima qualità della rubrica Esperti in generale.
Saluti,
Luigi.

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Caro Luigi,
anche se di questo argomento si è già parlato è bene ritornarci sopra perché è spesso fonte di equivoci. Per cercare di semplificare un discorso che altrimenti rischia di essere troppo tecnico e complicato farò ricorso ad una metafora.
Seguirò i tempi che tu hai usato: il 1 gennaio ho corso un rischio, i 3 mesi cadono dunque il 1 aprile ed i 6 mesi il 1 luglio. Prova ora ad immaginare che il test che ricerca gli anticorpi contro l’hiv sia una rete per pescare dei pesci: se io a gennaio ho delle uova da cui nascono i pesci e butto la rete, anche se questa rete avesse delle maglie strette, io non pescherò nulla ma la mia rete vuota non basta per affermare che in quel pezzo di mare non ci sono pesci; debbo invece pensare che le ipotesi sono due:
1) i pesci potrebbero essere così piccoli che riescono a sfuggire alla mia rete, oppure
2) non ci sono né uova né, ovviamente, pesci.
Aspetto allora 3 mesi ed il 1 aprile ributto la rete potrei pescare dei pesci oppure no ed a quel punto debbo chiedermi se non li ho pescati perché davvero non ci sono oppure perché sto usando una rete a maglie troppo larghe che mi fa scappare i pesci piccoli.
Uscendo dalla metafora si può dire che l’attendibilità di un test corrisponde alla grandezza delle maglie della rete ed oggi con i test Elisa di nuova generazione l’attendibilità del test a tre mesi supera il 90% dunque se a tre mesi da un rischio il test è negativo vuol dire che al 90% è veramente negativo e quindi posso stare tranquillo. Se viene detto di ripetere il test a 6 mesi è perché ci sono casi molto rari di pesciolini che ci mettono 6 mesi per diventare abbastanza grandi da rimanere impigliati nella mia rete.
Il periodo finestra nella stragrande maggioranza dei casi dura dunque 3 mesi (in media 25 giorni) ma in casi rari può arrivare a 6 mesi. Il test negativo dopo 6 mesi dal rischio ha dunque una attendibilità del 100% e chiude la questione. Questo discorso non c’entra nulla invece con “la possibilità che ho di essermi infettato”. La possibilità, o meglio la probabilità di essermi infettato non ha niente a che vedere con il test e con la sua attendibilità ma dipende da 1) quello che ho fatto, 2) con chi l’ho fatto e 3) quante volte l’ho fatto. Nel caso del test dunque il mio ragionamento parte dall’ipotesi che le uova ed i pesci ci siano e mi interrogo sulle caratteristiche della rete mentre nel caso dell’infezione mi domando se ci sono le uova.
Spero di aver dissipato i tuoi dubbi e ti ringrazio per i complimenti che ci fai.
Ciao !
Dott. Francesco Allegrini
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di Francesco Allegrini