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La legge anti-gay russa potrebbe ricadere sulle Olimpiadi Invernali

Si svolgeranno nel 2014 a Sochi, in Russi, ma data la legge attualmente in discussione contro la “propaganda omosessuale”, gli atleti lgbt si dicono preoccupati, ma non intenzionati a nascondersi.

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La legge in fase di approvazione da parte della Duma russa, quella che condanna la cosiddetta “propaganda dell’omosessualità”, preoccupa gli atleti gay che nel 2014 parteciperanno alle Olimpiadi Invernali di Sochi, in Russia.
Il pattinatore di short track Blake Skjellerup, che agli scorsi giochi invernali ha rappresentato la Nuova Zelanda nel suo sport, ha chiaramente dichiarato di non avere alcuna intenzione di nascondersi. “Non voglio mentire su chi sono – ha spiegato – Blake -. Non era divertente farlo e non ho alcuna intenzione di tornare nell’ombra. Voglio essere me stesso e odio l’idea che farlo possa causarmi dei problemi”.
Gli ha fatto eco il pattinatore artistico Johnny Weir che spera di competere alle Olimpiadi d’Inverno per la terza volta partecipando ai giochi di Sochi.

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L’atleta spera che la sua celebrità possa essere utile ed attirare l’attenzione sulla brutta situazione in cui vive la comunità lgbt russa.
“Cercherò di fare tutto quello che posso – ha dichiarato Weir -. Ho parlato con le associazioni lgbt russe di come posso essere loro utile”. Ma poi dispensa consigli pratici. “Il mio consiglio agli olimpionici gay è: state attenti a quello che fate quando uscite dal villaggio olimpico, non siate sfacciati, non andate in giro con una bandiera rainbow sulle spalle. Se non richiamate l’attenzione su di voi, l’attenzione non arriverà”.
Non è ancora chiaro se le restrizioni previste in questo senso dalle leggi russe saranno applicate anche agli atleti olimpici, ma certo non ci sarà una Pride House come a Londra o ai giochi invernali di Vancouver.
Le associazioni che si occupano di omosessualità e sport, tuttavia, si sono rivolte al Comitato Olimpico Internazionale.

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“Il COI è felicissimo di poter dichiarare vittoria quando accadono cose buone, ma non accetta responsabilità quando ne succedono di cattive – ha dichiarato Marc Naimark della Federation of Gay Games“.
“C’è una grande tradizione di reazioni del mondo dello sport contro l’apartheid, con l’esclusione del Sudafrica dalla scena internazionale ed è una cosa di cui il COI deve andare fiero. Ma non sembra esserci interesse nel ripetere lo stesso atteggiamento quando si parla di paesi che discriminano le donne o le persone lgbt. Quando si sceglie un paese omofobo, si manda un messaggio chiaro al mondo e agli atleti gay: se non avete fatto coming out, non fatelo”.