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LA ROSA DEI DIRITTI CIVILI

Intervista a Emma Bonino. Il ruolo della Rosa nel Pugno nell’Unione, la delusione del governo Berlusconi e le battaglie del passato che sono anche quelle del futuro, contro tutte le discriminazioni.

ROMA – Siamo oramai in dirittura d’arrivo per quanto riguarda la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche 2006. Dopo Fausto Bertinotti è la volta dell’intervista a Emma Bonino, esponente di primo piano di quel partito che stando alle rilevazioni mensili del nostro sito sarebbe il preferito dai lettori di Gay.it, ovvero la neoformazione della Rosa nel Pugno.

Partiamo dal classico e ormai rituale punto di partenza: perché una persona gay, lesbica o transessuale dovrebbe votare per il vostro partito?
Innanzitutto credo che le persone, che abbiano o meno un sessualità diversa da altri, votino anche in merito alla proposta politica complessiva. Poi certamente anche per problemi più specifici che possono interessare. In questo caso il voto alla Rosa nel Pugno è una garanzia che perlomeno la difesa dei diritti di chi ha sessualità diverse fa parte delle lotte che facciamo almeno da trent’anni, certo non siamo gli ultimi arrivati. C’è una consistenza e una credibilità che viene davvero da molto lontano.
La Rosa nel Pugno è un nuovo soggetto politico composto da liberali e socialisti. C’è stato un tempo nel quale le due cose potevano dirsi in contraddizione. Com’è nato questo accordo?
L’accordo è maturato lavorando per molto tempo insieme a varie iniziative, in particolare in questo ultimo anno, dopo l’approvazione della legge 40 e poi il referendum, la raccolta firme, l’interferenza così pesante della gerarchia ecclesiastica e la debole reazione complessiva della classe politica ci hanno spinto sempre di più a considerare la necessità di unire le forze, non solo per creare un cartello elettorale ma per la formazione di una vera e propria forza politica che mettesse al centro l’individuo e i suoi diritti nella migliore delle tradizione liberal-socialiste. I richiami nostri a Blair, Fortuna e Zapatero sono indicazioni chiare di quello che vorremmo essere. È vero che in Italia essere liberal-socialisti è ancora una cosa a metà tra il peccato e il reato, e riteniamo che l’Unione debba si vincere ma debba anche avere la forza e il coraggio di una grandissima riforma e rinnovamento, perché non è pensabile che siano all’altezza della situazione solo forze che sono post-comuniste o post-democristiane, senza un’iniezione culturale fortissima di forze laiche e liberal-socialiste.
Il Programma dell’Unione. Lo ritenete punto d’arrivo o punto di partenza per la questione riguardante i diritti delle persone che fanno parte di coppie di fatto?
Com’è noto io, dopo sei ore di tentativi di negoziato, ho semplicemente pensato che fosse assolutamente necessario un dato di chiarezza. Ne so un po’ di negoziati internazionali e so che spesso si cercano delle soluzioni di compromesso lessicale per coprire delle divergenze di fondo. Nello specifico da una parte, soprattutto Rutelli, e ahimè gli altri che si sono un po’ accodati, la dicitura dell’Unione riconosce i diritti individuali delle persone che fanno parte di unioni di fatto. Quello che invece noi crediamo sia necessario per evitare discriminazioni è che vengano riconosciute in forma pubblicistica i nuclei affettivi, sia che composti da persone di sesso diverso o dello stesso sesso. Devono quindi venir riconosciuti i diritti delle coppie in quanto tali e occorre che tale riconoscimento sia pubblicistico, ovvero non impugnabile da terzi; penso ad esempio all’eredità, alla pensione di reversibilità, alla continuazione del contratto d’affitto, al diritto di visita in ospedale, eccetera. I nuclei affettivi comunque organizzati, che sia la famiglia tradizionale, che sia quella allargata, che sia la convivenza, non possono avere diritti discriminati in base a valutazioni che sono sostanzialmente di merito. È come se lo Stato, o il governo in questo caso o il Parlamento, dicesse, poiché è meglio la famiglia “tradizionale” diamo alla famiglia “tradizionale” più diritti rispetto a un nucleo affettivo di altro tipo. Secondo me questa mediazione era inaccettabile dal punto di vista della chiarezza. Certo che se quella sera Fassino, Diliberto, Bertinotti e Pecoraro Scanio si fossero alzati e fossero venuti via con me isolando Rutelli penso che avrebbero dato più forza anche a Prodi per far chiarezza su un tema a mio avviso così semplice. Noi continueremo in questa battaglia. È chiaro che conteranno i rapporti di forza, per cui speriamo che le elezioni vadano bene per la Rosa nel Pugno perché a quel punto avremmo molta più forza contrattuale per arrivare ad una soluzione netta e chiara.
C’è chi dice che aver voluto abbandonare il tavolo delle trattative per poi firmarlo qualche giorno dopo è stata solo una mossa un po’ propagandistica volta ad ottenere visibilità.
È una falsità. Prima di essere accolti nell’Unione abbiamo fatto cinque mesi di anticamera e siamo arrivati a discutere del programma che gli altri avevano elaborato solo nelle ultime due riunioni. Per vincolo di legge comunque qualche cosa va firmato e lo stesso Prodi in una dichiarazione ha pubblicamente preso atto che sui Pacs, sulla scuola pubblica, sulla proposta del reddito minimo garantito e sulla questione del superamento degli ordini professionali la Rosa nel Pugno ha espresso riserve profonde. Credo sia un dato di chiarezza anche nei confronti degli elettori.
Secondo alcuni esponenti politici il Codice Civile è più che sufficiente per tutelare coloro che vivono in unioni fatto. Cosa ne pensa?
In quella famosa riunione, più autorevolmente di me, Bersani, che è stato amministratore in Emilia Romagna, ha fatto notare varie volte che non è affatto così. Ad esempio nell’assegnare le case a lui stesso è capitato di trovarsi in difficoltà perché se non viene riconosciuta l’unione di fatto in quanto tale è evidente che l’assegnazione viene fatta in un ordine diverso. C’è quindi la necessità di un riconoscimento pubblicistico delle unioni.
Secondo qualcuno chi vuole riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso mira a sfasciare la famiglia tradizionale italiana. Cosa risponde?
Nella realtà esistono già varie forme di nuclei affettivi e non riconoscere i diritti di queste persone adulte che vivono nel nostro paese è sostanzialmente un segno clericale, perché è un modo di dire che la famiglia “tradizionale” è migliore dunque deve godere di più diritti. Questa è una discriminazione di valore nei confronti di certi cittadini che invece a mio avviso dovrebbero essere tutti quanti di serie A. Poi ognuno organizza il proprio volersi bene come vuole e molto spesso anche come può, ma questo non deve comportare un giudizio di merito o di valore da parte del Parlamento o del Governo o di chi che sia.
Solitamente chi si oppone al riconoscimento delle altre unioni fa riferimento all’articolo 29 della Costituzione Italiana. Cosa ne pensa?
Mi sembra che l’articolo 29 venga tirato per i capelli, dal momento che nessuno sta facendo una campagna per distruggere la famiglia “tradizionale”, questa è un’assoluta caricatura, per non dire una menzogna. Si cerca semplicemente di dire che altri nuclei affettivi dovrebbero godere degli stessi diritti.
Forza Italia è nata come formazione liberale
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Forza Italia è nata come formazione liberale tant’è che in varie forme c’è stata “vicinanza” coi Radicali. Come mai oggi vi siete allontanati, che cos’è che non vi convince più del movimento creato da Silvio Berlusconi?
Noi Radicali siamo una forza politica che, da sempre, ha cercato di influire su chiunque fosse al governo perché introducesse elementi di libertà personali, leggi più aperte, non proibizioniste e non discriminatorie. Questo abbiamo fatto anche con questa maggioranza ma, di fatto, la sordità è stata totale. Al di la delle promesse e del famoso contratto con gli italiani del 2001 l’analisi e la valutazione che diamo nel 2006 è che nessuna di quelle proposte da partito liberale è stata realizzata, avendo peraltro una maggioranza blindata di 100 deputati e 50 senatori. È vero invece che delle leggi molto impopolari ma di grande interesse per il Presidente Berlusconi sono state fatte comunque. Nulla invece abbiamo visto in termini di privatizzazioni e quindi di libertà economiche, tant’è che è stato privatizzato soltanto l’Ente Tabacchi. Sulle liberalizzazioni (ordini professionali, gas, luce…) non si è visto nulla, così come sulle brandi riforme liberali (giustizia, amnistia, separazione delle carriere…). Sulle libertà personali come abbiamo già detto è meglio stendere un pietoso velo. Di fatto viene consegnato un paese con un enorme debito, bloccato in termini di libertà personali e di avanzamento economico. Il bilancio degli ultimi cinque anni di governo è fallimentare anche dal punto di vista culturale e istituzionale. Non si può andare avanti con un governo in cui un giorno c’è la gaffe di Calderoli, poi quelle di Giovanardi, poi quelle di Berlusconi, poi ci sta il ministro che spia…insomma credo che dobbiamo proprio girare pagina. Certo bisogna anche avere il coraggio di aprire un grande dibattito anche sinistra, che è un contenitore che si presta a questo grande dibattito di riforma e rinnovamento.
Come siamo messi a livello europeo nella protezione dei diritti umani e nella difesa delle discriminazioni?
Nel Parlamento Europeo siamo guardati con grande sorpresa e perfino con incredulità. Recentemente ero a un dibattito con un senatrice belga, democristiana, che ha votato a favore dei Pacs, e che diceva di essere cattolica ma che a lei non verrebbe mai in mente l’idea di sentire il parere di un vescovo di esprimersi da legislatore. L’Italia è un caso, anche da questo punto di vista.
Il Papa ieri ha rivendicato il diritto della Chiesa Cattolica d’intervenire nel dibattito pubblico. Siamo nel terreno dei rapporti tra Chiesa e Stato. Ha un commento?
Nessuno nega alla Chiesa il diritto d’intervenire nel dibattito pubblico. Rimane il fatto che siamo a una settimana dalle elezioni e che ci si rivolge agli italiani e non agli abitanti del Brasile o ai cattolici perseguitati del Vietnam. Benedetto XVI ieri è intervenuto alla riunione di un partito, ancorché europeo, e questo immagino ponga i cattolici credenti e magari schierati con l’Unione in grandissima sofferenza. Mi sembra una presa di schieramento molto forte. Io rimango convinta che ci sia la necessità si superare il Concordato e che la Chiesa come in tutti gli altri paesi abbia certamente il diritto d’intervenire ma senza tutti i privilegi, prebende e i 4mila miliardi di lire che tutti gli anni gli italiani in base ai bilanci dello Stato pagano alle strutture ecclesiastiche. Bisogna far chiarezza. Noi non siamo ne anticattolici ne antireligiosi, il problema vero è quello chi capire che la religione è un dettato di comportamento individuale e non può diventare la morale imposta per legge a tutti quanti i cittadini italiani, credenti e non.
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