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LA VOCE GAY DELL’EUROPARLAMENTO

Intervista a Michael Cashman, presidente dell’Intergruppo GLBT al Parlamento Europeo. Ci ha parlato di programmi, diritti, iniziative, politica, e dell'”attivismo” antigay del vaticano.

BRUXELLES – Michael Cashman, 56enne politico britannico (nella foto con Vladimir Luxuria all’ultimo EuroPride), è uno dei più attivi rappresentanti della comunità gay e lesbica nel Parlamento Europeo. Il padre era un lavoratore portuale, la madre una donna delle pulizie ma Michael già a 12 anni era una star del teatro, recitando nel West End londinese nel musical “Oliver”. Da adulto è approdato alla televisione, recitando nella popolare soap opera “East Enders” della BBC e nel frattempo è divenuto sempre più coinvolto nel movimento per i diritti civili. Con Ian McKellen è stato tra i fondatori di Stonewall, la storica associazione inglese, e oggi, approdato a Bruxelles come esponente dei Laburisti di Tony Blair, è il Presidente dell’Intergruppo GLBT. Abbiamo voluto iniziare la nostra intervista chiedendogli proprio dell’attività del gruppo, che in occasione della prossima riunione del 15 novembre si appresta anche a lanciare un nuovo sito internet.
Ma cos’è e cosa fa l’intergruppo?

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Si tratta di un gruppo di politici di vari partiti che pensano di poter fare qualcosa di utile attraverso iniziative inter-partitiche, con l’intento di poter raggiungere l’uguaglianza per le persone GLBT. Noi siamo come gli occhi, le orecchie e la bocca delle persone omosessuali. Cerchiamo di avere gli occhi aperti su dove stanno i problemi, se ci sono delle nazioni che non rispettano le normative europee e lavoriamo anche con la Commissione affinché venga rispettato uno dei principi fondamentali dell’Unione Europea, che dice che siamo nati uguali e che tale uguaglianza (che significa stesse protezioni, rispetto, dignità) debba continuare lungo tutta la vita a prescindere dal fatto che uno sia uomo, donna, gay, lesbica, bisessuale, e dall’etnia, religione o che si abbiano delle disabilità.
Com’è la situazione nei nuovi paesi membri dell’est e com’è stata la sua partecipazione al difficile Gay Pride di Varsavia qualche mese fa?
Quello che accade in quei paesi è accaduto molto volte già in passato: politici disperati usano la religioni e credenze bigotte per attrarre voti. Non si può semplicemente dire: questo è il mio credo religioso, perché la fede è una cosa profondamente privata e non dovrebbe essere imposta ad altri. Soprattutto se questa imposizione significa che altri debbano subire discriminazioni e i loro diritti ridotti. Del viaggio in Polonia ricordo in particolare i terribili discorsi d’odio da parte di importanti politici pronunciati subito prima del nostro arrivo, ma anche, durante il Pride, il vedere affacciati sui terrazzi dei palazzi uomini e donne comuni, che applaudivano e ci incoraggiavano ad andare avanti. La nostra fermezza nel volere fare comunque la marcia non era solo nell’interesse delle persone GLBT ma per il diritto di tutti coloro che subiscono discriminazioni.
Concretamente su questi temi cosa può fare il Parlamento Europeo?
Purtroppo l’intera Carta dei diritti fondamentali è parte integrante della Costituzione Europea e quindi fino a quando non verrà accettata e ratificata da tutti paesi rimane solo una dichiarazione. Possiamo esercitare pressioni politiche e denunciare atteggiamenti da parte di certi paesi che sono razzisti, omofobi o xenofobi, e al tempo stesso premere perché la Commissione e il Consiglio applichino l’articolo 7 del trattato europeo, che può portare alla revoche di certi diritti di paesi membri e persino espulsione dell’Unione.
Nel 2004 dopo il “caso Buttiglione”, per placare le critiche…
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Nel 2004 dopo il “caso Buttiglione”, per placare le critiche, il Presidente della Commissione Barroso promise che le differenti direttive contro le discriminazioni sarebbero state rimpiazzate da un singolo documento che, affrontando tutti i diversi aspetti, avrebbe esteso la proibizione di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale oltre l’ambito del lavoro, e inoltre che sarebbe stata creata un’agenzia europea sui diritti umani. A che punto siamo col mantenimento di queste promesse? L’intergruppo è soddisfatto dei progressi?
No. Per il semplice motivo che avremmo voluto che tutto ciò fosse stato fatto subito. Viviamo nel ventunesimo secolo e il fatto che ancora ci siano persone discriminate per via del loro orientamento sessuale non ha alcun senso, è un qualcosa che avremmo dovuto superare da tempo. La Commissione ci ha rassicurato: stanno lavorando a un documento e porteranno avanti quella che viene definita la Direttiva orizzontale contro le discriminazioni (gli effetti sull’ordinamento delle Direttive comunitarie possono essere di due tipi, verticale o orizzontale, ndr). Il Parlamento sta negoziando in riguardo all’Agenzia sui diritti umani, che dovrebbe essere un organismo indipendente con controllo sul proprio programma annuale e che sarà solamente istituita dalla Commissione. Si stanno facendo progressi ma non bisogna dimenticare che il Consiglio dovrà essere unanime e rimane da vedere se tutti i Paesi membri daranno il loro supporto. Devo dire che da quando ci siamo liberati di Buttiglione il Vaticano si è fatto particolarmente attivo nei corridoi e in certi dibattiti parlamentari alcuni deputati polacchi ci fanno ben capire quello che viene prodotto dall’unità di propaganda vaticana…
E che mi dice di Franco Frattini, che ha infine avuto il ruolo di Commissario responsabile per il portafoglio Giustizia, Libertà e Sicurezza?
Penso che Frattini sia divenuto un ottimo Commissario e che fosse consapevole della posizione in cui era rimpiazzando Buttiglione. In Frattini ho visto una vera volontà di ascoltare: lo abbiamo incontrato diverse volte e abbiamo lavorato bene insieme. È molto impegnato nel suo ruolo, si è molto prodigato in Parlamento in riguardo all’Agenzia sui diritti umani e mi ha assicurato che lui e i suoi colleghi porteranno avanti il progetto sulla Direttiva orizzontale sulle discriminazioni e di una Direttiva che proibisca discriminazioni riguardante l’accettazione delle volontà testamentarie delle persone.
Ci può dire qualcosa sul 2007 come “Anno Europeo delle pari opportunità per tutti”?
L’iniziativa vuole essere una celebrazione di quello che è stato fatto, il condividere le buone pratiche acquisite, prendere di mira quelle aree nelle quali le persone vengono ancora discriminate. Per alcune associazioni GLBT è molto difficile anche riceve un solo Euro dai loro governi, perché questi governi dicono che a loro non piacciono certi programmi. Ci sono fondi della Commissione a disposizione tramite i governi nazionali e le persone devono essere coinvolte adesso. Bisogna dire che, sì, certo, un anno delle pari opportunità va bene ma come persone GLBT non siamo ancora uguali, e spesso siamo lasciati fuori dal “menù” in favore di altre aree di discriminazione più di moda e verso le quali i politici mainstream hanno più interesse a volersi impegnare, come quelle razziali. Tutte cose molto importanti, certo, ma quello che dico sempre è che fino a quando non avremo uguaglianza per tutti non avremo una società equa.
Alcuni mesi fa lei è entrato in una Unione Civile col suo partner. Io le parlo da un paese nel quale, come sa, per noi questo non è possibile. Come si sente e cosa ha significato per voi?
Paul e io siamo insieme da 23 anni e durante tutto questo tempo ci siamo sempre preoccupati sull’eventualità che potesse succedere qualcosa a uno di noi. Semplificando posso dire che mi ha dato pace: quella tranquillità che deriva dal fatto di sapere che la mia relazione è considerata ugualmente valida e la legge ci riconosce gli stessi diritti di quelli delle altre coppie. Ritengo sia l’essenza di una società che vuole potersi definire civile. Significa che quando farò l’ultimo respiro almeno so che Paul sarà okay. È una cosa che non puoi scrivere in una legge o in un trattato: quando mi sono infilato quell’anello al dito, e anche oggi ogni volta che lo guardo, mi dà contentezza e tranquillità. Credo sia tutto quello che posso dire a livello personale. I politici devono avere il coraggio di fare le cose giuste. Tony Blair mi disse: “Unioni civili. Non è fantastico? Abbiamo cambiato il paese, e non è venuto giù il cielo.”
Qui in Italia ci sentiamo quasi quotidianamente ripetere che riconoscere le unioni omosessuali sarebbe addirittura dannoso perché comprometterebbe o comunque indebolirebbe l’istituzione del matrimonio. Cosa ne pensa?
Le unioni civili non possono indebolire il matrimonio. Solo il matrimonio può indebolire se stesso. Un matrimonio è fatto da due persone che si uniscono perché si prendono un impegno e, come dimostrano i tantissimi divorzi, tutti i diritti e i benefici che ne derivano non fanno rimanere insieme due persone. Ciò che tiene insieme le persone è l’amore, il rispetto, la comprensione e la determinazione ad attraversare insieme i momenti difficili. Non vedo alcuna ragione per poter dire che due uomini insieme o due donne insieme non possano fare la stessa cosa. Coloro che si oppongono al riconoscimento delle unioni same-sex non fanno altro che destabilizzare la società, perché essa è fatta da blocchi di persone che si uniscono con la determinazione di stare insieme. Le relazioni stabili, etero o omosessuali che siano, sono i blocchi base sui quali è costruita la società. L’idea dell’indebolimento del matrimonio a me l’ha detta un prete, con la motivazione che Dio l’ha inteso tra un uomo e una donna. Gli ho risposto: no. L’uomo l’ha inteso così. Il matrimonio è stato per secoli usato per mantenere la propria ricchezza, o incrementarla. I re e le regine d’Europa, i proprietari terrieri, si sposavano per proteggere le loro proprietà, o aggiungerne altre a quelle che già avevano. Oggi matrimonio significa amore, e questo dobbiamo tenere presente. Ci si vuole unire con la persona che si ama e due uomini, o un uomo e una donna, o due donne, dovrebbero essere trattate ugualmente se hanno l’intenzione di dichiarare pubblicamente che si amano, che si rispettano e che prendono precisi impegni l’un l’altro.
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