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“Le migliori cose del mondo”: un papà gay? Una cosa normale

Nella discreta commedia drammatica della brasiliana Laís Bondansky un adolescente malinconico viene a scoprire che il papà ama un uomo. Attori spontanei e un importante messaggio contro l’omofobia.

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Tra le cinematografie queer emergenti, sicuramente quella sudamericana è tra le più vitali e stimolanti, fucina di nuovi autori da tenere d’occhio quali Pablo Trapero, Santiago Otheguy e Odilon Rocha. Nel novero possiamo inserire la regista brasiliana Laís Bodansky, autrice di una discreta commedia drammatica giunta un po’ a sorpresa in Italia, ‘Le migliori cose del mondo’, distribuita in 14 sale da Intramovies Picks.
Ispirata alla collana di libri ‘Mano’ di Gilberto Dimenstein e Heloísa Prieto, è un agrodolce racconto di formazione incentrato sulle vicende del malinconico quindicenne Hermano detto ‘Mano’, i cui magoni adolescenziali dovuti soprattutto a un’ingombrante verginità si intensificano quando il padre Horácio (Zé Carlos Marchado), professore universitario separato dalla collega Camila (Denise Fraga), gli spiega che non ha lasciato la moglie per un’altra donna ma per un uomo. A reagire peggio è il fratello tormentato Pedro (Filipe Galvão detto ‘Fiuk’) che non ne vuole sapere, mentre Mano cercherà non senza difficoltà – la prima volta che va a trovare la coppia scappa improvvisamente – di comprendere l’inedita intimità sentimentale del padre.

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Ed è piuttosto significativo che la regista mostri direttamente la quotidianità della coppia gay – il compagno che cucina, gli spazzolini da denti affiancati, le ciabatte sul medesimo lato del letto – a riprova che la realtà delle nuove famiglie gay è quella di tutti i giorni, con le stesse modalità di quelle eterosessuali.
Il cuore pulsante del film è però la comunità scolastica del liceo di San Paolo – il cui dinamismo culturale fa apparire ancora più disarmante la rassegnazione del mondo dell’istruzione italiana che emerge nel deludente ‘Il rosso e il blu’ di Giuseppe Piccioni – dove il protagonista cerca inizialmente conforto nella complicità di una compagna di classe (“Mio padre si è innamorato di un ragazzo” “E allora? Mio padre è antropologo… È una cosa normale: il regista di Matrix ha cambiato sesso!”) ma verrà ridicolizzato e umiliato quando tutti lo verranno a sapere. Grande spazio – ed è forse l’aspetto più interessante – viene dato alla pervasività di Internet, smartphones-spie e comunicazioni istantanee via web, la cui pericolosità per il rispetto della privacy è posta in assoluta evidenza: vari personaggi, non solo Mano, verranno danneggiati dal gossip adolescenziale tramutatosi in un’istantanea arma diffamatoria a causa del blog pettegolo di una studentessa ficcanaso o di imbarazzanti foto digitali condivise in tempo reale.

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‘Le migliori cose del mondo’ prende il titolo da una classifica stilata sul diario di una studentessa, per la quale al primo posto c’è la bomba al cioccolato e al secondo la canzone dei Beatles ‘Something’ (la grande passione di Mano è la sua chitarra, e le lezioni di musica sono l’unico vero intervallo di serenità che gli fanno dimenticare temporaneamente tutti i suoi crucci).
Ideale per un pubblico giovane che può facilmente identificarsi nei vari personaggi piuttosto ben scritti (anche se la figura del fratello poeta è un po’ sacrificata), ricorda un po’ ‘Fisica o Chimica’ e funziona soprattutto per la fresca spontaneità degli attori adolescenti, tutti non professionisti e scelti tra 2500 candidati in un lungo processo di casting.
Si può vedere.