Con un comunicato stampa di poche righe la Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi delle tre coppie sui matrimoni gay. "La Corte costituzionale – si legge nel documento – decidendo sulle questioni poste con ordinanze del Tribunale di Venezia e della Corte d’appello di Trento, in relazione alle unioni omosessuali, ha dichiarato inammissibili le questioni stesse in riferimento agli artt. 2 e 117, I° comma, della Costituzione e infondate in relazione agli artt. 3 e 29 della Costituzione".
Non sarà quindi la tanto sperata via giuridica a dover essere percorsa per l’approvazione dell’istituto matrimoniale per le persone dello stesso sesso. Almeno non quella italiana. Non è infatti eslcuso il ricorso in sede europea degli stessi ricorsi. Una conferenza stampa del comitato "Sì lo voglio" si terrà questo pomeriggio alle 16 e ne sapremo di più. Per le motivazioni, però, bisognerà aspettare anche se l’agenzia ANSA è in grado di dare un’indescrezione secondo cui i giudici dovrebbero puntualizzare che compete alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione dei matrimoni gay e non quindi alla Corte.
La materia è della politica, insomma. Peccato che fino ad oggi tutti gli strumenti proposti dalla politica siano stati affossati in un modo o nell’altro. Pacs, Dico, Cus, DiDoRe. Non c’è stata proposta o disegno di legge che sia mai stato approvato o addirittura arrivato in aula per la discussione. Improbabile quindi pensare che proprio adesso i parlamentari o il Governo si decidano a dotare l’ordinamento di uno strumento giuridico ad hoc per le coppie di fatto omosessuali.